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Manovra 2024

Meloni avvisa Salvini e Tajani: l’autunno sta arrivando, la manovra è blindata e non c’è spazio per promesse irrealizzabili

Il rientro dalle lunghe ferie estive non è certamente dei migliori per la compagine di governo: tra impegni disattesi e le solite emergenze, Giorgia Meloni e i suoi fedelissimi affrontano la prima vera crisi sistemica della loro reggenza a Chigi. Il problema è convincere Tajani e Salvini a remare nella stessa direzione.
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Le lunghe ferie estive della politica probabilmente non avranno aiutato, ma il contesto in cui Giorgia Meloni e i suoi tornano all’operatività è tutt’altro che semplice. Il bentornati lo ha dato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, in questi giorni impegnato in una specie di campagna comunicativa volta a chiarire che le risorse sono poche, che la prossima legge di bilancio sarà “complicata” e che di certo “non si potrà fare tutto”. Non lasciatevi ingannare: più che ai cittadini, Giorgetti lo sta dicendo ai colleghi della maggioranza. Una specie di manovra preventiva per scongiurare il tradizionale assalto a una diligenza mai così scarica di tesori e invece piena di dossier scottanti. Del resto, il ministro leghista cerca da mesi di indurre alla ragionevolezza i propri colleghi, in particolare per quel che riguarda il contenimento delle spese dei ministeri. Finora, stando al Def, non è riuscito a ottenere più di qualche centinaio di milioni di euro di tagli, a fronte di esose richieste per investimenti e impegni di spesa.

Una linea sposata in pieno dalla presidente del Consiglio, come ha confermato il primo Consiglio dei ministri post vacanze. Meloni non ha usato parole a caso: "Sprechi e inefficienze devono essere tagliati e le poche risorse che abbiamo devono essere spese al meglio, perché questo è un governo politico e i governi sono politici se scelgono e si assumono le loro responsabilità. Se ci sono misure che non condividiamo politicamente, quelle misure non vanno più finanziate e le risorse recuperate utilizzate per gli interventi che sono nel nostro programma". Non si tratta solo di cancellare il superbonus, il reddito di cittadinanza e una serie di spese improduttive che sono eredità delle vecchie legislature, ma anche, detto brutalmente, di smetterla di fare promesse irrealizzabili agli italiani. Le risorse sono limitate e proseguire lungo il crinale di queste settimane serve solo a destabilizzare la maggioranza: Salvini e Tajani sono avvisati. Certo, non sarà semplice spiegare agli italiani l'ennesimo rinvio della rivoluzione promessa dal centrodestra in campagna elettorale, ma Meloni conta di utilizzare la solita strategia basata su vittimismo e deresponsabilizzazione, dando la colpa ai governi precedenti, alla congiuntura economica e alle vecchie e nuove emergenze dei nostri tempi.

Le risorse nella legge di bilancio

Complessivamente, la manovra dovrebbe valere circa 30 miliardi di euro. Le coperture certe ammontano a poco più di una decina di miliardi (aumento gettito Iva, tassa su extraprofitti, risparmi a bilancio, spending review e differenza tra deficit tendenziale e programmatico), servirà dunque un'attenta analisi su ulteriore spese da tagliare e capire che margini ulteriori potranno essere concessioni dall'Unione Europea. Il punto è che, al di là degli appetiti di ministri e parlamentari, ci sono interventi ineludibili, sui quali il governo si è già impegnato politicamente e pubblicamente.

La prima missione dichiarata è tagliare il cuneo fiscale, con la necessità di dare respiro alle famiglie a basso reddito che hanno visto il loro potere d’acquisto eroso dall’inflazione. Servono circa 8 miliardi solo per confermare la misura attualmente in vigore, cifra che potrebbe lievitare se il governo decidesse di cambiare/ridurre anche le aliquote Irpef: operazione non semplicissima, ma su cui Meloni sembra decisa ad andare avanti. Nel frattempo, resta in sospeso la questione benzina, col taglio delle accise (più o meno “promesso” ai cittadini) che potrebbe trasformarsi in un meno impegnativo "buono carburante". Pazienza se si tratta esattamente di quel genere di misura "una tantum" che Meloni avversa e a via XX settembre sconsigliano.

Poi c’è il nodo delle pensioni, su cui si gioca una partita che è anche comunicativa, considerando prima di tutto l’enorme contraccolpo in termini di immagine nel caso in cui la maggioranza non riuscisse a evitare il ritorno della legge Fornero. Pesano ovviamente le numerose promesse fatte in campagna elettorale e nel corso di questi mesi dalle diverse anime della coalizione: tra la chimera di quota 41, l’aumento a 600 euro delle pensioni minime (con Forza Italia che rilancia a 700 euro) e la conferma di Opzione Donna e Ape Sociale ballano miliardi di euro che non sarà semplicissimo reperire e complicate interlocuzioni con le parti sociali.

E se, per citare Meloni, "la congiuntura si farà più difficile" e l'economia europea dovesse rallentare, potrebbero servire ulteriori risorse per sostenere il sistema produttivo e aiutare le famiglie in difficoltà. Insomma, prudenza e realismo, come ai vecchi tempi del governo Draghi. Questo, però, non ditelo troppo ad alta voce.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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