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Opinioni

La verità è che sugli sbarchi il Governo non ha una linea: solo slogan e balle

Quella dei “porti chiusi” è una balla smentita dai fatti e dall’assenza di qualsiasi documento ufficiale. Gli “sbarchi zero” sono una invenzione della propaganda salviniana, contraddetta dai numeri e dai costanti arrivi di barchini. Insomma, per farla breve: quale sarebbe questa famosa “linea italiana” che Salvini, Conte e Di Maio ripetono di non voler cambiare?
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Ci sono 47 persone in mare aperto da 5 giorni, a bordo della Sea Watch 3. Le previsioni per le prossime ore parlano di onde alte 5 metri e vento oltre i 70 Km/h. La nave si sta dirigendo verso le coste della Sicilia per cercare riparo, e continua a chiedere un POS in cui sbarcare. Matteo Salvini, ministro dell’Interno che probabilmente sarà processato per sequestro di persona dopo il caso Diciotti (perché, secondo il Tribunale dei ministri le “scelte politiche non possono ridurre gli obblighi degli Stati di garantire soccorso ai migranti”), dice che la linea italiana non cambia e che questa della Sea Watch 3 è una provocazione. Luigi Di Maio, vicepresidente del Consiglio, invita la Sea Watch 3 “a puntare la prua verso Marsiglia e far sbarcare le persone sul suolo francese, anziché aspettare inutilmente nelle acque italiane per giorni”, anticipando dunque che l’Italia non darà il via libera allo sbarco nei suoi porti. Danilo Toninelli, ministro dei Trasporti e competente per l’operato della Guardia Costiera italiana, per ora tace.

Un po' ovunque, però, si legge e si sente la stessa, identica, frase: la linea italiana non cambia. Il che andrebbe anche bene, se qualcuno ci spiegasse una volta per tutte qual è la linea italiana. Magari con un documento ufficiale. Magari con una dichiarazione pubblica. Meglio se con una conferenza internazionale o un atto formale, con cui qualcuno possa prendersi la responsabilità di una scelta politica e ideologica. Perché finora, abbiamo solo slogan e dichiarazioni, solo annunci e comportamenti pilateschi. Nulla che assomigli a una "linea", tantomeno "del rigore", come dice Conte.

Quella dei "porti chiusi", ve lo abbiamo spiegato in tutte le salse, è una balla propagandistica che non significa nulla. O meglio, che significa tutto e il contrario di tutto: perché i porti italiani sono al contempo aperti e chiusi, perché non esiste alcun decreto ministeriale di chiusura dei porti e perché "non vi è alcun ostacolo giuridico opponibile alle navi delle organizzazioni umanitarie in relazione all’attracco sulle nostre coste".

Quella del "si sbarca solo chiedendo permesso" è una scemenza, contraddetta da un fatto fondamentale: il depotenziamento di Lampedusa, circomare che poteva contare su una dotazione di 4 motovedette classe 300, cui si andavano ad aggiungere alte 2 motovedette classe 200 in estate e una sola in inverno, mentre ora le 300 sono scese a 2 e per ora non c’è alcuna traccia delle 200. Questo significa minore capacità di soccorso, ma anche meno controlli sulle frontiere: di fatto, l’Italia non sa chi entra nel suo territorio e gli sbarchi fantasma si sono moltiplicati.

La linea degli "zero sbarchi" è un'altra sciocchezza cosmica. I barchini dei tunisini arrivano con regolarità (la Guardia Costiera italiana si limita ad attendere i “bersagli” in un’area più circoscritta, senza fare SAR ma “interventi di polizia”, che non richiedono assegnazione del POS) e i libici hanno riaperto i rubinetti. Del resto, è abbastanza risibile l'idea che la Libia possa controllare da sola le partenze e sia un interlocutore affidabile e responsabile: dunque ci si limita ad avallare, direttamente o indirettamente, i respingimenti verso un paese non sicuro, che non rispetta i diritti umani e non ha ratificato le Convenzioni internazionali.

"L'Europa deve fare la sua parte" è poco più di una frase fatta, perché poi non si agisce di conseguenza: si boicotta (vero, Salvini?) il lavoro per il superamento del Regolamento di Dublino, si ostacola la relocation, si mettono in discussione le missioni internazionali (la rottura con la Germania su Sophia è tragicomica), si spaccia per successo epocale una negoziazione fallimentare, dalla quale l'Italia esce isolata e indebolita.

Quale sarebbe dunque la linea del Governo? Quale è la linea irremovibile su cui ci staremmo attestando? Non sarà forse una colossale elusione di un problema che non si è nemmeno in grado di affrontare?

Lo capirebbe un bambino di 11 anni che i migranti partono perché ci sono i push factor (guerra, discriminazioni, fame, cambiamenti climatici, neo-colonialismo) e non perché due navi di qualche ONG sono lì a pattugliare uno spazio di mare enorme. Lo capirebbe anche un bambino di 8 anni che è una follia affidare compiti umanitari a una nazione instabile politicamente, che non applica la Convenzione di Ginevra e non rispetta i diritti umani. Lo capirebbe un bambino di 6 anni che chiedere a milizie e trafficanti di uomini (anche se hanno il nome figo di "Guardia costiera libica") di fermare il traffico di uomini è un argomento che solo politici in malafede possono sostenere pubblicamente senza mettersi a ridere.

Il punto è che, come vi raccontavamo, la sola linea riconoscibile del governo è questa: non ci facciamo più carico delle chiamate di soccorso che giungono in area SAR libica o maltese, non coordiniamo più i soccorsi, non diamo più supporto a La Valletta, abbiamo più che dimezzato il nostro impegno nella search and rescue, non indichiamo più un place of safety e non autorizziamo il trasferimento in Italia dei migranti soccorsi dalle ONG, scoraggiando anche la presenza di navi private o mercantili commerciali; infine, non abbiamo più il controllo delle frontiere e siamo più deboli nel caso di infiltrazioni.

Non proprio il massimo, ci sembra.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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