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La ministra Roccella attacca chi dà nomi “umani” ai cani: “Così li sostituiscono ai bambini”

La ministra della Famiglia attacca chi chiama i propri animali con nomi “umani”, che invece dovrebbe dare ai bambini: “Sento ai giardinetti che i padroni chiamano i cani Giovanni o Riccardo – ha detto Roccella – c’è un bisogno di famiglia trasferito in maniera impropria”.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Eugenia Roccella approccia al discorso con le ultime parole famose: "Io sono animalista, ma…". Poi attacca chi ha adottato degli animali e ha dato loro nomi "umani". La ministra della Famiglia interviene all'evento organizzato dal movimento giovanile di Fratelli d'Italia, a Roma, e torna su un tema molto caro a Papa Francesco: la rivalità tra cani e bambini. "Amo moltissimo cani e gatti, ho un cane e quattro gatti – dice subito Roccella, provando a scansare le polemiche preventivamente – Non è perciò una questione di ostilità nei confronti degli animali, ma quando mi capita di portare il cane ai giardinetti sento il richiamo degli altri proprietari. Li chiamano e sento Giovanni, Eugenio, Riccardo. Addirittura nomi compositi, ho sentito pure Giovanni Maria".

"Comincia a diventare una confusione non casuale – sottolinea la ministra – Perché questo tentativo di appaiare i nomi che si danno ai bambini, i nomi umani, a quelli dei cani, è sintomo di un desiderio, di un bisogno che evidentemente c'è". Roccella evidenzia che si tratta di "un bisogno di affettività, di famiglia, che viene trasferito in maniera impropria sugli animali, sui cagnolini e così via".

"Anche Papa Francesco recentemente ha ricordato che si vedono passeggini che girano per la città e poi dentro al passeggino trovi il cagnolino – ricorda Roccella – Questo punto è una spia di una situazione che stiamo vivendo e che fa sì che il nostro futuro sarà una next generation sempre più piccola e striminzita".

"Perché quello che manca, di fronte a dei bisogni che sono sempre gli stessi, affettività, calore, famiglia, comunità, è una cultura che accompagni questi bisogni – spiega ancora la ministra Roccella – Manca una cultura a difesa della vita, a difesa dell'umano. Una cultura che sostenga la vita, l'umano e questi bisogni. La prima cosa che ha fatto il governo è stata rimettere al centro questo problema, rimettere al centro la famiglia e la natalità".

Roccella si difende: "Mie parole strumentalizzate"

In un post su Facebook la ministra per la Famiglia Roccella si è difesa dagli attacchi, perché, a suo dire, le sue parole sarebbero state strumentalizzate: "Girando per il web, il mio nuovo obiettivo sembrerebbe essere la rivolta contro i nomi umani ai cani e ai gatti. Che fare? Riderci su? Prendiamola come un'occasione per dire cosa penso davvero. Amo i cani e i gatti, ne ho sempre avuti e tuttora a casa mia vivono un cagnolino zoppo salvato dalla strada, che si chiama Spock, e tre gatti dai nomi simil-umani: Donald (perché è rosso col ciuffo come Trump), Oliver, Colette", si legge nel post.

"Quando però l'altro giorno al parco mi sono girata di scatto al grido ‘Eugenio!', ed era un cane, seguito dall'invocazione ‘Gianmaria!', per un altro cane, mi sono resa conto plasticamente di una cosa che percepisco da tempo. E cioè che c'è nelle persone un gran bisogno di compagnia, di affettività, di calore familiare. Un bisogno che in una società sempre più atomizzata, in un mondo di crescenti solitudini, spesso viene riversato in via esclusiva su questi animaletti, come ha osservato prima e ben più autorevolmente di me Papa Francesco".

"Ciò che mi colpisce non è l'amore, che io per prima provo per loro – ha sottolineato – Non è il bisogno, che trovo profondamente umano. E' proprio questa esclusività, mentre io vorrei una società in cui i cani e i gatti sono affetti ‘di casa' ma in case più vive e popolate di persone. Non sarebbe stato difficile capirlo, se solo non si fosse animati dalla volontà di equivocare tutto a tutti i costi. E ora via alla prossima strumentalizzazione, che già immagino".

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