La Consulta dà ragione a Nordio su abrogazione abuso d’ufficio: non è incostituzionale

La Corte Costituzionale, che ieri ha esaminato la riforma voluta dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, per abrogare il reato di abuso d'ufficio, ha analizzato una serie di rilievi sollevati da 14 ordinanze inviate dalle autorità giudiziarie di diverse zone d'Italia, tra cui la Cassazione. I giudici hanno stabilito che l'abrogazione del reato di abuso d'ufficio, non è incostituzionale.
In particolare i giudici dovevano valutare se l'abrogazione del reato previsto dall'articolo 323 del codice penale fosse in contrasto con i principi costituzionali sanciti dagli articoli 3, 11, 97 e 117 della Costituzione, e se fosse in contrasto con la Convenzione Onu contro la corruzione del 2003, meglio nota come Convenzione di Merida, ratificata dall'Italia nel 2009. Secondo la Cassazione l’abolizione dell’abuso d’ufficio peserebbe sul complessivo sistema di prevenzione e contrasto del malaffare e degli abusi di potere nella pubblica amministrazione delineato dalla Convenzione delle Nazioni Unite.
La Corte, spiega Palazzo della Consulta in attesa del deposito delle motivazioni della sentenza, che avverrà nelle prossime settimane), ha ritenuto ammissibili le sole questioni sollevate in riferimento agli obblighi derivanti dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, la cosiddetta Convenzione di Merida.
La Corte, si legge in una nota emanata oggi, "ha esaminato in camera di consiglio le questioni di legittimità costituzionale sollevate da quattordici autorità giurisdizionali, tra cui la Corte di cassazione, sull’abrogazione del reato di abuso d’ufficio ad opera della legge numero 114 del 2024. La Corte ha ritenuto ammissibili le sole questioni sollevate in riferimento agli obblighi derivanti dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (la cosiddetta Convenzione di Merida). Nel merito, la Corte ha dichiarato infondate tali questioni, ritenendo che dalla Convenzione non sia ricavabile né l’obbligo di prevedere il reato di abuso d’ufficio, né il divieto di abrogarlo ove già presente nell’ordinamento nazionale. La motivazione della sentenza sarà pubblicata nelle prossime settimane".
In particolare, l'articolo 19 della Convenzione di Merida, prevede che "ciascuno Stato Parte esamina l'adozione delle misure legislative e delle altre misure necessarie per conferire il carattere di illecito penale, quando l’atto è stato commesso intenzionalmente, al fatto per un pubblico ufficiale di abusare delle proprie funzioni o della sua posizione, ossia di compiere o di astenersi dal compiere, nell'esercizio delle proprie funzioni, un atto in violazione delle leggi al fine di ottenere un indebito vantaggio per sé o per un’altra persona o entità". E lo stesso prevedeva il nostro codice penale, fino all’entrata in vigore della legge Nordio. Per questo i giudici si erano rivolti alla Consulta, che però non ha accolto la loro tesi.
Le reazioni
Il pronunciamento della Corte costituzionale sull'abrogazione del reato di abuso d'ufficio mette fine a una polemica, durata mesi, che non avrebbe neppure dovuto iniziare. Nessun favore ai criminali, nessuna amnistia mascherata, come qualcuno ha sostenuto: l'abolizione di quel reato è stata semplicemente una scelta legittima. D'altra parte, abbiamo sempre sostenuto che quella fattispecie, a condotta eccessivamente evanescente, produceva come unica conseguenza quella di paralizzare i pubblici amministratori, scoraggiandoli dal prendere decisioni. E a fronte del dato per cui il 94% dei processi per abuso d'ufficio finiva con una assoluzione, l'abrogazione di quel reato è stata la decisione più che giusta. Una scelta che, come autorevolmente spiegato dalla Consulta, non contravviene ad alcuna Convenzione internazionale", ha commentato il senatore e capogruppo di Forza Italia in Commissione giustizia a Palazzo Madama, Pierantonio Zanettin.