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Intercettazioni, il ministro Alfonso Bonafede: “Stop alla riforma voluta dal Pd”

Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede annuncia lo stop alla riforma Orlando sulle intercettazioni, che sarebbe entrata in vigore il 26 luglio. Per Bonafede, “ledeva la possibilità di portare avanti efficacemente le indagini e ledeva anche il diritto di difesa” oltre a mettere un “bavaglio sull’informazione”.
A cura di Giorgio Tabani
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 "Oggi abbiamo tolto le mani della vecchia politica dalle intercettazioni". A dirlo è il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede durante la conferenza stampa convocata a Palazzo Chigi in occasione dell'approvazione del decreto milleproroghe da parte del Consiglio dei ministri. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha esordito parlando della norma sulle intercettazioni, un tema sul quale il governo è "alla ricerca di un punto di equilibrio che tenga più proficuamente conto di tutti gli interessi in gioco". Per il momento è stato previsto il rinvio della contestata riforma voluta dall'ex ministro Andrea Orlando, che sarebbe dovuta entrare in vigore il 26 luglio.

Per Bonafede "le intercettazioni che rappresentano uno strumento di indagine fondamentale per fenomeni come la corruzione che hanno dilaniato questo paese. Conseguentemente impediamo che venga messo il bavaglio sull'informazione e sulla stampa". La riforma Orlando infatti "era stata scritta per impedire ai cittadini di ascoltare le parole dei politici indagati e che i politici pronunciano con persone indagate, specie quando sono parole scomode e sconvenienti.  Ogni volta che c'era uno scandalo, immediatamente il Parlamento si attivava per riformare le intercettazioni. Possiamo tranquillamente dire che ogni volta che qualcuno del Pd veniva ascoltato, c'era il Pd che cercava di tagliare la linea e le comunicazioni".

La normativa scritta dal precedente governo "era riuscita a mettere d'accordo sia tutti i magistrati che tutti gli avvocati: era lesiva di tutti i diritti in gioco, ledeva la possibilità di portare avanti le indagini in maniera efficace, dava alla polizia giudiziaria la possibilità di scegliere quali intercettazioni sono rilevanti e quali no. Ledeva anche il diritto di difesa, oggi il difensore può valutare il contesto", ha aggiunto il ministro. Ancora in mattinata il presidente dell'Associazione nazionale magistrati Francesco Minisci, nell'invocarne lo stop, era tornato a evidenziare che la riforma approvata lo scorso dicembre "è sbagliata, non raggiunge l'obiettivo di tutelare la privacy" ed "è dannosa sia per il lavoro dei pm che per il diritto di difesa".

Ora inizia la fase di ripensamento delle norme. "Ho scritto lettere agli attori principali che quotidianamente vivono la realtà delle indagini e delle intercettazioni, ho già ricevuto diversi contributi importantissimi. Così arriveremo a una riscrittura che vedrà un punto di equilibrio fra tutti i diritti in gioco". Bonafede ha poi sottolineato che la riforma "è costata 40 milioni di euro per tutte le attrezzature necessarie. Nemmeno un euro di quelli spesi andrà sprecato".

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