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Il governo Meloni non dice se comprerà più armi per arrivare al 2% del Pil in spese militari

Servono dieci miliardi di euro per arrivare a investire il 2% del Pil in spese per la difesa, come chiede la Nato dal 2014. Il governo Meloni ha garantito ce la farà quest’anno. Ma oltre ai ‘trucchi’ contabili già noti, ci sarà anche l’acquisto di più armamenti? Su questo la presidente del Consiglio e i ministri non hanno fatto chiarezza.
A cura di Luca Pons
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Giorgia Meloni e Guido Crosetto al 163esimo anniversario della fondazione dell'Esercito

Il Consiglio supremo di difesa si è riunito, l'8 maggio, e ha fatto il punto della situazione sul quadro internazionale: la guerra in Ucraina, i bombardamenti a Gaza, gli attacchi tra India e Pakistan, e non solo. E nel comunicato conclusivo, ha ribadito: "L'Italia raggiungerà il 2 per cento del Pil per le spese della Difesa". Non ha specificato che lo farà entro quest'anno, come invece hanno affermato in più occasioni i membri del governo, ma la sostanza resta.

Al tavolo c'erano il presidente della Repubblica Mattarella, che guida il Consiglio, oltre alla premier Giorgia Meloni, ai ministri Tajani (Esteri), Piantedosi (Interno), Crosetto (Difesa), Giorgetti (Economia) Urso (Imprese), e anche il capo di Stato maggiore della Difesa Luciano Portolano, tra gli altri. Nessuno è più qualificato di questo Consiglio per dire come andrà la spesa militare italiana. Ma nessuna delle persone che erano parte della riunione ha chiarito come l'Italia intende raggiungere quell'obiettivo.

Cosa sappiamo: il ‘trucco' per aumentare le spese della difesa

Per raggiungere il 2% del Pil negli investimenti per la difesa la stima più diffusa è che servano circa dieci miliardi di euro. Ora, in parte è già noto come il governo intende ridurre questa somma: con un ‘trucco' contabile. Ovvero, come ha detto Giorgia Meloni parlando al premier time in Senato, "inserendo quelle voci che sono in linea con i parametri della Nato e altre nazioni già considerano".

Si tratta non di spendere più soldi, ma semplicemente di iniziare a considerare alcune uscite come parte delle "spese per la difesa", mentre prima non erano etichettate in questo modo. Si parla dei fondi per lo spazio, per la polizia, la Guardia costiera e i carabinieri, ma anche delle pensioni per i militari, ad esempio. Queste spese, ha detto la presidente del Consiglio, "rientrano nell'approccio allargato multidimensionale che è proprio sia del concetto strategico dell'Alleanza atlantica sia del libro bianco della Ue". Insomma, altri Paesi già lo fanno e la Nato e l'Ue non dicono di no, quindi si procede.

Che questa sia la strategia su cui il governo punta di più è evidente. Sul piano politico ha il vantaggio di mettere d'accordo tutti: da Forza Italia, che ha appoggiato dall'inizio il piano per il riarmo Ue e sarebbe favorevole a un esercito europeo, alla Lega, il cui segretario Salvini da settimane attacca chi preferisce "comprare armi" rispetto a "investire su sanità, scuole e infrastrutture".

Le parole ambigue sull'acquisto di armi

Resta però un'incognita: oltre a fare questo spostamento, il governo intende anche comprare più armi? Per il momento, non si sa. Sempre Meloni in Senato ha parlato di "rilanciare la traiettoria di potenziamento delle nostre capacità di difesa", attirandosi le accuse di aver usato una "supercazzola".

Il Consiglio supremo di difesa non è stato meno criptico: ha "sottolineato l’importanza dell’impegno dei nostri contingenti militari e della capacità e determinazione a rispondere alle minacce esterne, nonché a concorrere alla difesa dello spazio aereo europeo dell’Alleanza". In più, ha "preso in esame lo stato della prontezza ed efficienza delle nostre capacità militari, confrontandosi sugli interventi necessari per l’ammodernamento complessivo".

Formule vaghe, che non permettono di capire le reali intenzioni dell'esecutivo. Ieri il ministro della Difesa Crosetto, che negli scorsi giorni ha presentato al Copasir il nuovo pacchetto di aiuti (anche militari) all'Ucraina, ha detto che "viviamo in un momento drammatico, il più difficile degli ultimi settant'anni", e che in questi tempi "la forza conterà di più delle conquiste sociali e dei valori che inseguiamo: il futuro richiede investimenti, menti, capacità organizzative".

A un certo punto però bisognerà capire dove stiano andando, questi investimenti. Se solo sulle pensioni dei militari, sullo spazio e sulle "infrastrutture strategiche"; o anche su missili, jet, munizioni, e armamenti in generale. Un punto difficile da gestire per la maggioranza, vista la linea ‘pacifista' della Lega.

Il prossimo appuntamento importante è il vertice Nato in programma all'Aja il 24 e il 25 giugno. Qui l'Italia dovrà dimostrare agli altri Paesi come intende arrivare al 2% del Pil. Intanto, l'Alleanza chiederà probabilmente di spingersi almeno fino al 3,5%.

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