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Comune nel Torinese mette in dubbio Olocausto per la libertà di parola (che però non c’entra nulla)

“Alcuni Paesi, anche in virtù di questo revisionismo storico, hanno approvato leggi che puniscono come reato la negazione dell’olocausto, ponendo, di fatto, una singolare eccezione alla libertà di parola e di stampa”: si conclude così un avviso pubblicato sul sito di un Comune nel Torinese. Che, proprio in occasione della Giornata della memoria, ha messo in dubbio l’Olocausto parlando di “tesi storiche tradizionaliste dominanti” e “teorie revisioniste”, mettendoci in mezzo pure la libertà di parola.
A cura di Annalisa Girardi
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In occasione della Giornata della Memoria, celebrata in tutto il mondo appena qualche giorno fa, un articolo discutibile è apparso sul sito di San Francesco al Campo, un Comune della città metropolitana di Torino. Nel testo dell'avviso si parla di "tesi storiche tradizionaliste dominanti" per cui l'olocausto sarebbe l'omicidio di massa degli ebrei avvenuto per mano della Germania nazista guidata da Adolf Hitler secondo. Fare riferimento a dei fatti storici, accaduti tra l'altro non meno di cento anni fa e ampiamente documentati anche grazie alle testimonianze dei sopravvissuti, e parlare allo stesso tempo di tesi tradizionaliste dominanti allude al fatto che ci siano altre versioni su come siano andate le cose.

E infatti, qualche riga dopo, si legge: "Di recente si sono affacciate teorie revisioniste che contestano la ricostruzione della strage dolosa, così come i numeri dei morti dichiarati dagli alleati vincitori (6 milioni), sostenendo che le morti siano state molto inferiori e per la maggior parte procurate dalle assai precarie condizioni igieniche dei campi di detenzione e dal loro sovraffollamento".

Ma queste "teorie revisioniste" non vengono citate per condannare una pericolosa forma di negazionismo, che contesta la veridicità del capitolo più buio della nostra storia recente. Il riferimento serve piuttosto a puntare il dito contro le iniziative che puniscono la negazione dell'Olocausto, considerandola un reato. "Alcuni Paesi, anche in virtù di questo revisionismo storico, hanno approvato leggi che puniscono come reato la negazione dell'olocausto, ponendo, di fatto, una singolare eccezione alla libertà di parola e di stampa", afferma ancora l'avviso.

Un caso come quello dell'Italia, si vuole sottolineare, dove l'apologia del fascismo costituisce reato. Al di là del fatto che ciò che viene punito nel nostro Paese in questo senso è più che altro il tentativo di ricostruire il partito fascista, va anche ricordato che in questo caso libertà di parola e di espressione ha poco a che vedere con il discorso che si sta facendo. Una cosa è essere liberi di esprimere il proprio pensiero, un'altra è mettere in discussione la verità di un accadimento storico.

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