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Fratoianni a Fanpage: “Serve patrimoniale progressiva, sproporzione della ricchezza insopportabile”

Il segretario di Sinistra Italiana, intervistato da Fanpage.it, spiega il progetto di legge di iniziativa popolare per il quale il partito raccoglie da mesi le firme: “Bisogna riformare l’imposizione patrimoniale del Paese, che esiste già, e trasformarla in un’unica imposta patrimoniale fortemente progressiva”. Secondo Fratoianni “la sproporzione nella distribuzione della ricchezza è talmente grande e insopportabile che occorrono correttivi”.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Nicola Fratoianni risponde dal cuore di Savona, dov'è in corso il mercato settimanale e dov'è arrivato per parlare con i cittadini che si fermano davanti a uno dei tanti banchetti dove si può firmare per il progetto di legge di iniziativa popolare Next generation tax: la raccolta delle firme "va molto bene", tanto che si è superata la metà di quelle necessarie per presentare la proposta – 50mila – grazie all'impegno degli attivisti durante tutta l'estate. Intervistato da Fanpage.it il segretario di Sinistra Italiana fa il punto sul perché questo progetto di legge sia importante per l'Italia di oggi e soprattutto per quella di domani, anche perché il nome che ricalca il Next generation Eu non è – ovviamente – un caso.

Segretario, in cosa consiste questa proposta? Come funziona?

È molto semplice, si interviene riformando l'imposizione patrimoniale del Paese, che esiste ma è largamente iniqua. Vogliamo eliminare alcune tasse: l'Imu sulla seconda casa e l'imposta di bollo introdotta dal governo Monti. L'imposta di bollo è un'imposta piatta, si paga lo 0,2% a prescindere dalla dimensione di titoli e depositi, e l'imposta della seconda casa non fa i conti con il valore commerciale, perché magari sta in una zona in cui la rendita è molto bassa. Perciò vogliamo sostituire questo meccanismo con un'unica imposta patrimoniale fortemente progressiva sui patrimoni netti per persona fisica superiori ai 500mila euro.

E com'è organizzata?

Quella dei 500mila euro è una franchigia al di sotto della quale si paga zero. Se due persone detengono un patrimonio che arriva a un milione non pagano comunque nulla perché si divide per due. Se si va oltre scatta la prima aliquota da 0,2% e si paga sull'eccedente rispetto al mezzo milione. Poi l'aliquota cresce fino ad arrivare al 2% per i patrimoni superiori ai 50 milioni di euro e una straordinaria del 3% sopra il miliardo di euro. È una banale operazione di redistribuzione della ricchezza in un Paese dove la disuguaglianza è cresciuta in modo impressionante. L'1% della popolazione detiene il 25% della ricchezza complessiva. La sproporzione nella distribuzione della ricchezza – e dunque di opportunità e di risorse – è talmente grande e insopportabile che occorrono correttivi.

Però appena si riparla di patrimoniale si ricomincia a gridare al saccheggio nei risparmi dei cittadini…

Questo è un Paese in cui la discussione sul fisco è impraticabile. Ogni volta che se ne discute la media della politica italiana sa dire solo una cosa: che le tasse vanno abbassate, che le tasse vanno tolte. Come se la pressione fosse uguale per tutti e come se i cittadini e le cittadine fossero tutti uguali. Draghi recentemente, commentando la nostra proposta di patrimoniale e la riforma del fisco, ha detto "non è il momento di chiedere agli italiani, ma è il momento di dare". L'imbroglio di questa frase sta nella parola "italiani", perché non siamo tutti sulla stessa barca. In questo Paese c'è chi non ce la fa e chi ha enormi fortune. L'incapacità di affrontare questo tema è molto provinciale.

E la riforma del fisco che ci chiede l'Europa?

Siamo a un punto morto. Quel che sappiamo è che è stata bloccata subito la riforma del catasto, che è un'esigenza decennale di questo Paese e che va nella direzione del riequilibrio progressivo. La destra al governo ha impedito che di questo si possa anche discutere, sempre per la solita retorica del no alle tasse a prescindere. Il documento delle commissioni congiunte di Camera e Senato, Bilancio e Finanze, di indirizzo al governo per la delega andava nella direzione sbagliata: non verso un'aumento della progressività, ma verso un'ulteriore riduzione. Anche perché in Italia si è passati dalle 31 aliquote fiscali del 1974 alle attuali 4-5. Chi guadagna meno paga aliquote più alte, chi ha grandi redditi paga aliquote che negli anni sono diventate sempre più basse. In quel documento si parla addirittura di eliminare l'Irap, tassa che finanzia in gran parte il Sistema sanitario nazionale, e in un momento come questo cadono le braccia.

Il progetto di legge che proponete si chiama Next generation tax, qual è il nesso con il Next generation eu? Significa che non viene fatto abbastanza per i giovani?

No, non viene fatto abbastanza. I giovani sono oggetto, loro malgrado, di un'infinita retorica. In questo Paese tutti parlano dei giovani, ma poi sui giovani e per i giovani gli interventi latitano. Noi abbiamo scelto di chiamare così questa campagna perché siamo convinti che il futuro sia rappresentato da chi lo abiterà. Per farlo bisogna mettere in campo scelte concrete: è possibile pensare di rendere gratuito il ciclo dell'istruzione dall'asilo all'università senza pagare un costo enorme. Con questa proposta – la legge sulla patrimoniale – siamo in grado di garantire che l'istruzione diventi gratuita attraverso un prelievo. L'istruzione è un diritto fondamentale, ma anche uno degli asset più importanti per la competitività del Paese.

Sono giorni in cui si torna a parlare di referendum, due su tutti quello su cannabis ed eutanasia. Parliamo di temi su cui ci sono proposte di legge ferme da anni in Parlamento, è un fallimento della politica?

La politica non riesce e talvolta non vuole ascoltare. Questo è un Paese in cui da molto tempo su molte questioni si registra una frattura profondissima tra la società e l'ipocrisia di una parte larga della politica. Noi siamo parte del comitato promotore per entrambi i referendum – fine vita e cannabis legale – perché sono battaglie e temi di cui ci occupiamo da decenni. Questa capacità di mobilitazione è fondamentale rispetto ad un quadro politico che discute dentro il suo spazio e di sé stesso, negando quello che si muove nella società. La storia di questo Paese è fatta di grandi riforme e quelle grandi riforme sono state il frutto di grandi movimenti, partecipazione e mobilitazione, e poi si sono tradotte in scelte politiche o passaggi referendari. La politica funziona solo quando è in grado di produrre una comunicazione tra il governo e la società.

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