Donald Trump: “I soldi dei dazi potrebbero andare ai più poveri”

"Could be a distribution or a dividend", ha detto Donald Trump parlando con i giornalisti dal suo club in New Jersey. Una frase che apre uno spiraglio su una possibile redistribuzione dei proventi generati dalle tariffe commerciali, centinaia di miliardi di dollari secondo lui, verso i cittadini a medio e basso reddito. Non una promessa formale, ma un'ipotesi che Trump ha collegato alla necessità prioritaria di usare quei fondi per abbattere il debito pubblico americano.
Nel suo intervento, il presidente degli Stati Uniti ha rivendicato il successo della politica dei dazi durante il primo mandato, in particolare nei confronti della Cina, accusando invece Joe Biden di aver "rovinato tutto" e sottolineando che la crisi pandemica aveva impedito di portare avanti la politica dei dazi verso altri Paesi europei. Mentre l'amministrazione prepara nuove mosse sul fronte fiscale e geopolitico, cresce però l'attenzione su chi alla fine pagherà davvero il conto delle sue scelte.
Il conto dei dazi: 152 miliardi già incassati
Secondo il New York Times, i dazi introdotti da aprile 2025 hanno già portato nelle casse dello Stato 152 miliardi di dollari, il doppio rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Solo a luglio sono arrivati quasi 30 miliardi, e le previsioni per il futuro sono ancora più imponenti: oltre 2.000 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni. Ma gli analisti mettono in guardia: il rischio è che a pagare siano proprio le famiglie che Trump dice di voler aiutare: secondo uno studio del Budget Lab della Yale University, infatti, l'aumento dei prezzi stimato è dellì1,8%, il che equivale a una perdita di reddito reale di circa 2.400 dollari l'anno per ogni nucleo familiare.
Sottomarini schierati: "Sono arrivati a destinazione"
Sul fronte internazionale, la tensione con Mosca resta altissima: Trump ha confermato che i due sottomarini statunitensi inviati in risposta alle dichiarazioni minacciose di Dmitri Medvedev "sono arrivati nelle zone appropriate". Non è chiaro se si tratti di sottomarini con armamenti nucleari o solo a propulsione nucleare, né è stata resa nota la loro posizione precisa; la mossa militare segue l'ultimatum lanciato da Trump alla Russia per porre fine alla guerra in Ucraina, bollato da Medvedev come "una provocazione diretta agli Stati Uniti". Intanto l'inviato speciale americano, Steve Witkoff, è atteso a Mosca nei prossimi giorni per tentare una mediazione.
Trump ha fatto sapere che il 9 agosto potrebbe essere la data spartiacque: se non verrà raggiunto un accordo sulla crisi ucraina, gli Stati Uniti imporranno nuove sanzioni alla Russia: "Serve un'intesa che fermi le morti", ha dichiarato, "altrimenti andremo avanti con misure pesanti". Un annuncio che agita i mercati e lascia presagire un'estate caldissima sul piano geopolitico.
Dati economici sotto accusa: cacciata l'economista McEntarfer
Ma anche sul fronte interno Trump ha acceso la miccia: al centro della polemica, i dati sull'occupazione diffusi a fine luglio, giudicati "falsi" e "ridicoli". L'economista Erika McEntarfer, responsabile dell'Ufficio di Statistica del Lavoro, è stata licenziata in tronco, con l'accusa di aver manipolato i numeri per favorire la campagna elettorale di Kamala Harris, la candidata democratica alla Casa Bianca. Il presidente Usa ha annunciato poi che un "nuovo esperto sarà nominato nei prossimi giorni" e che verranno rivisti i criteri di raccolta dei dati, con l'obiettivo di "riportare fiducia nei numeri".
In Europa monta la preoccupazione: dazi, energia e rischio austerità
Mentre gli Stati Uniti puntano ad arricchirsi con le tariffe, in Europa invece continuano le critiche: il segretario generale della CGIL, Maurizio Landini, ha definito l'accordo sui dazi con Washington "un cedimento pericoloso" dell'Unione Europea, sia dal punto di vista politico che economico. Secondo Landini, l'intesa al 15% rischia di compromettere il ruolo dell'Europa e impone all'Italia non solo l'accettazione delle tariffe, ma anche l'obbligo di acquistare gas americano a condizioni ancora poco chiare. Il sindacalista chiede ristori anche per i lavoratori, non solo per le imprese, e un nuovo equilibrio fiscale fondato sulla tassazione di big tech, rendite e profitti.
Tajani difende l'accordo: "È il meglio che si potesse ottenere"
Estremamente diversa la lettura del ministro degli Esteri Antonio Tajani, che invece continua a difendere l'intesa raggiunta con gli Stati Uniti: "Il 15% è tanto, ma meglio di alternative peggiori. L'India applica il 25%". Per Tajani, ora è il momento di lavorare in modo "certosino" per declinare l'accordo prodotto per prodotto, anche nell'ottica di sfruttare le nuove opportunità aperte dalla politica commerciale americana. Il ministro ha poi auspicato una maggiore flessibilità da parte della BCE e una rimodulazione degli strumenti europei per il credito alle piccole imprese, con l’obiettivo di ridare slancio all’economia e contrastare l’effetto domino dei dazi.
Se da una parte le tensioni interne e internazionali restano forti, e gli effetti a cascata della strategia commerciale USA si faranno sentire anche in Europa, dove il dibattito resta aperto tra chi teme nuove strette e chi vede opportunità, dall'altro l'equilibrio tra economia, diplomazia e propaganda si fa sempre più fragile. E il vero costo dei dazi, come sempre, rischia di ricadere proprio sulle spalle dei più deboli, a dispetto delle intenzioni dichiarate.