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Opinioni

Di cosa parliamo quando parliamo di legge sul consenso e perché è importante per definire uno stupro

Un rapporto sessuale non consensuale deve essere considerato uno stupro. È una delle principali misure contenute mella posizione negoziale sulla direttiva per combattere la violenza contro le donne approvata dal Parlamento Ue. Vediamo cosa significa e cosa potrebbe cambiare in Italia.
A cura di Jennifer Guerra
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Il Parlamento europeo vuole introdurre una normativa sulla violenza di genere che si basa sulla definizione di stupro come “sesso senza consenso”, come già avviene in 16 Paesi del continente. Si tratterebbe di un grande passo avanti per il contrasto alla violenza sulle donne, che sposta il focus del reato dall’uso della violenza all’assenza di consenso al rapporto sessuale.

Con la votazione di ieri, i deputati hanno confermato il mandato elaborato dalle commissioni per le libertà civili e per i diritti delle donne, che ora dovranno cominciare i negoziati con il Consiglio europeo. Nel testo approvato si legge che “la mancanza di consenso dovrebbe essere un elemento centrale e costitutivo della definizione di stupro, dato che spesso non c'è violenza fisica o uso della forza quando l'atto viene commesso”, includendo in questa casistica anche gli stupri commessi da partner e coniugi. Oltre a questo, la normativa si occupa anche di mutilazioni genitali delle persone intersessuali, sterilizzazione forzata, matrimonio forzato, molestie sul lavoro e condivisione non consensuale di immagini intime e altri reati a sfondo sessuale commessi su Internet.

Nei Paesi in cui la definizione di violenza sessuale si basa sull’uso della forza, come in Italia, in sede penale spetta alla vittima l’onere di dimostrare di essere stata costretta all’atto sessuale “con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità”. Oggi sappiamo che però non tutte le violenze avvengono a fronte di una minaccia esplicita, come nel caso degli stupri coniugali che infatti spesso non vengono considerati come tali. Il parametro del consenso, inoltre, amplia la casistica della violenza sessuale allo stato di alterazione fisica o psichica della persona offesa, che nella legislazione italiana è considerato solo un’aggravante.

I primi riferimenti al consenso nella violenza sessuale si ritrovano nelle leggi internazionali sugli stupri di guerra e già nel 2003 la Corte europea dei diritti dell’uomo aveva invitato gli Stati membri ad adottare legislazioni basate sul consenso, in seguito a una sentenza pronunciata contro la Bulgaria, che non aveva riconosciuto come stupro la violenza di due uomini nei confronti di una ragazza di 14 anni perché era mancato l’uso della forza. L’altro importante passaggio nel riconoscimento a livello europeo del consenso è nella Convenzione di Istanbul, che l’Italia ha ratificato nel 2013, dove è scritto che il consenso “deve essere dato volontariamente, quale libera manifestazione della volontà della persona, e deve essere valutato tenendo conto della situazione e del contesto”.

Anche se la maggior parte delle istituzioni e organizzazioni per i diritti umani come Amnesty International ritengono le leggi basate sul consenso il più alto standard per la protezione delle vittime di violenza, questo criterio è stato oggetto di alcune critiche. In particolare, il “consenso affermativo”, ovvero dato espressamente (in maniera verbale o non verbale) e non dato per scontato in assenza di un dissenso chiaro, può risultare difficile da dimostrare e rischia di addossare la donna la responsabilità di non essere stata abbastanza chiara nelle sue intenzioni. Un altro effetto indesiderato di queste leggi è che il criterio del consenso tende ad accomunare tutti le tipologie di violenze in un unico reato, con risultati a volte paradossali. In Spagna, ad esempio, dopo l’approvazione della legge “Solo sì è sì” nel 2022 che ha eliminato la distinzione fra abuso e aggressione sessuale, quasi mille detenuti per reati a sfondo sessuale hanno beneficiato di sconti di pena.

Nonostante queste criticità, le leggi sul consenso consentono di superare gli ostacoli posti dalle leggi basate sull’uso della forza nel riconoscimento di una violenza sessuale. I dati a nostra disposizione ci dicono infatti che la stragrande maggioranza delle violenze è commessa non da uno sconosciuto che minaccia le donne in un vicolo buio, ma da una persona a loro nota che usa manipolazioni più sottili e difficili da dimostrare o che non sono considerate sufficienti per provare l’avvenuto stupro. Inoltre, le leggi sul consenso non considerano determinante la reazione della vittima, alla quale non viene richiesto di dimostrare di aver detto no o di essersi difesa, circostanza che può non avvenire per molte ragioni, compreso lo stato di incoscienza o il cosiddetto freezing, la paralisi indotta dal panico. Proprio la Spagna si decise a modificare la sua legge sulla violenza sessuale dopo che cinque uomini furono assolti dall’accusa di stupro di gruppo perché la vittima non aveva opposto resistenza ed era rimasta in silenzio.

Come sottolinea la filosofa femminista Manon Garcia nel suo libro ‘Di cosa parliamo quando parliamo di consenso', il consenso è uno strumento imperfetto perché dà per scontata un’interazione fra pari in una società dove però i generi non lo sono. In teoria, il consenso è lo strumento ideale per dirimere il sesso dallo stupro, ma nella pratica le cose si fanno più complesse di un semplice “sì”, dal momento che il modo in cui uomini e donne vivono la loro sessualità è ancora influenzato dal potere patriarcale. Tuttavia, l’uso della forza non può continuare a essere l’unico criterio per stabilire cosa è violenza e cosa non lo sia e per questo la decisione dell’Europa di adottare una normativa basata sul consenso resta comunque un grande traguardo, se verrà accompagnato da un cambiamento culturale più ampio.

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Jennifer Guerra è nata nel 1995 in provincia di Brescia e oggi vive in provincia di Treviso. Giornalista professionista, i suoi scritti sono apparsi su L’Espresso, Sette, La Stampa e The Vision, dove ha lavorato come redattrice. Per questa testata ha curato anche il podcast a tema femminista AntiCorpi. Si interessa di tematiche di genere, femminismi e diritti LGBTQ+. Per Edizioni Tlon ha scritto Il corpo elettrico. Il desiderio nel femminismo che verrà (2020) e per Bompiani Il capitale amoroso. Manifesto per un Eros politico e rivoluzionario (2021). È una grande appassionata di Ernest Hemingway.
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