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Cop26, stop deforestazione entro il 2030: firma Bolsonaro, denunciato per aver distrutto l’Amazzonia

Un obiettivo per il quale verranno stanziati 19,2 miliardi di dollari. Quella dello stop alla deforestazione entro il 2030 è una delle prime promesse della Coop26 di Glasgow, sottoscritta anche dal presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, denunciato per ben due volte alla Corte penale internazionale per crimini contro l’umanità proprio per la sue politiche ambientali, che hanno visto accelerare la deforestazione dell’Amazzonia a ritmi altissimi.
A cura di Annalisa Girardi
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Stop alla deforestazione entro il 2030. Un obiettivo per il quale verranno stanziati 19,2 miliardi di dollari. È una delle prime promesse della Coop26 di Glasgow, sottoscritta anche dal presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, denunciato per ben due volte alla Corte penale internazionale per crimini contro l'umanità proprio per la sue politiche ambientali che hanno visto accelerare la deforestazione dell'Amazzonia. Una pratica che, oltre ad avere un gravissimo impatto sulle emissioni di CO2 a livello globale, mette anche a rischio le popolazioni indigene che abitano quei territori. A firmare l'intesa, oltre che Bolsonaro, ci sono anche il presidente cinese Xi Jinping e quello russo Vladimir Putin. E ancora Indonesia e Repubblica Democratica del Congo che, insieme a Brasile, Russia e Cina, coprono circa l'85% delle foreste mondiali.

"Questi grandi ecosistemi brulicanti, queste cattedrali della natura, sono i polmoni del nostro pianeta", ha affermato Boris Johnson, rappresentante della presidenza britannica della conferenza Onu sui cambiamenti climatici. A firmare l'intesa sono stati oltre 100 Paesi. Secondo Johnson l'iniziativa è fondamentale per un altro impegno preso, quello di limitare il riscaldamento globale a +1,5 gradi. Oggi i leader mondiali dovrebbero anche annunciare l'istituzione di un fondo per valorizzare l'azione delle popolazioni indigene nella tutela della biodiversità.

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Le denunce alla Corte penale internazionale

Lo scorso agosto proprio l'Associazione dei popoli indigeni del Brasile aveva chiesto alla Corte penale internazionale di aprire un'inchiesta per crimini contro l'umanità nei confronti di Bolsonaro. Nemmeno un mese fa, a metà ottobre, è arrivata una seconda denuncia da parte di un gruppo di ambientalisti austriaci, conosciuti con il nome di Allrise. L'accusa è quella di aver perpetrato "azioni direttamente collegate agli impatti negativi del cambiamento climatico in tutto il mondo". Con le emissioni causate dalla deforestazione, infatti, si aumenterebbero i rischi per l'intera popolazione globale.

Gli attivisti hanno presentato un fascicolo in cui si elenca quanto fatto dall'amministrazione di Bolsonaro in questi anni alla presidenza del Paese e si sottolineano le conseguenze. La distruzione della foresta amazzonica provocherebbe, secondo quanto riportato nel documento, le stesse emissioni di gas serra prodotte da Italia e Spagna messe insieme.

Bolsonaro e la deforestazione dell'Amazzonia

Dal gennaio 2019, quando Bolsonaro è stato eletto, la deforestazione è accelerata. Il presidente brasiliano sarebbe responsabile per la scomparsa di circa migliaia di chilometri quadrati di foresta all'anno. Secondo l'Inpe, l'Istituto nazionale delle investigazioni spaziali che analizza le immagini satellitari, nel 2019 sono andati distrutti 9.178 chilometri quadrati di foresta. L'anno scorso, altri 8.426. Il governo brasiliano guidato da Bolsonaro, inoltre, non ha fatto altro che tagliare le politiche ambientali: qualche mese fa ha approvato una riduzione del 24% dei fondi al ministero dell'ambiente, appena dopo aver promesso tutto il contrario al Leaders Summit on Climate di aprile.

Un dato che non lascia molte speranze rispetto all'impegno appena sottoscritto per lo stop alla deforestazione nei prossimi dieci anni.

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