Contratti aziendali, salario minimo e via l’art. 18: verso il braccio di ferro con i sindacati?

Ad anticipare quella che dovrebbe essere l'idea del Presidente del Consiglio Matteo Renzi per superare la fase di contrapposizione con i sindacati e portare a casa in tempi brevi la seconda gamba del Jobs act è Roberto Mania su Repubblica. Stando a quanto si legge sul quotidiano, infatti, nell'imminente incontro con le parti sociali il capo del Governo avrebbe intenzione di proporre un vero e proprio scambio: "La legge sulla rappresentanza sindacale in cambio di una accentuazione della contrattazione di secondo livello (aziendale e territoriale) dove gli incrementi di produttività possono essere trasferiti nelle buste paga. Implicito in questo scambio il declino del contratto nazionale di categoria".
Una proposta destinata comunque a far discutere e che sarebbe completata dall'introduzione del compenso orario minimo, da sempre avversato dalle sigle sindacali (e al centro di un articolato e complesso dibattito, come vi abbiamo mostrato nel nostro approfondimento). Resta ovviamente sempre in piedi la proposta di riforma del sistema degli ammortizzatori sociali, con l'introduzione del sussidio universale (con le coperture estese anche ai precari) e l'abbandono delle vecchie forme di tutela. E restano soprattutto le modifiche ai meccanismi di entrata ed uscita, con l'introduzione del contratto a tutele crescenti ed il "superamento" dell'articolo 18, che è ancora materia di polemica con la minoranza del Partito Democratico e il blocco Fiom – Cgil.
Andrebbe così a completarsi la proposta dell'esecutivo per una ristrutturazione completa del mondo del lavoro, anche se vale la pena di ribadire che le incognite restano tante. In particolare, la polemica degli ultimi giorni sembra confrontarsi intorno al nodo delle risorse, con le stime del Governo che appaiono eccessivamente prudenti (ricordiamo che per il nuovo sistema di ammortizzatori sociali il Governo stanzierà 1,5 miliardi di euro nella prossima legge di stabilità).