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Inchiesta bis su Garlasco: ecco perché potrebbe non portare a una nuova verità processuale

I legali di Alberto Stasi hanno annunciato la richiesta di revisione del processo sulla base di una perizia genetica che evidenzia il profilo genetico di un altro uomo nel Dna ritrovato sotto le unghie di Chiara Poggi. Ecco perché la perizia potrebbe non cambiare la verità processuale segnata dalla condanna del fidanzato della studentessa.
A cura di Angela Marino
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C'era un Dna diverso da quello di Stasi sotto le unghie di Chiara Poggi, la studentessa trovata morta il 13 agosto 2007 nella villetta della sua famiglia a Garlasco. Andrea Sempio, amico del fratello della vittima, è stato indagato come atto dovuto dopo l'esposto presentato dagli avvocati Fabio Giarda e Giada Boccellari, che avevano chiesto alla Procura di Pavia di svolgere nuove indagini per accertare il ruolo avuto dall'uomo le cui tracce biologiche sono state trovate sotto le unghie del quinto dito della mano destra e del primo della sinistra di Chiara. I legali di Stasi – che attualmente sconta una condanna a 16 anni di reclusione – si sono affidati a un genetista che ha identificato un profilo biologico compatibile con la linea maschile della famiglia di Sempio. La richiesta di revisione del processo annunciata dalla difesa di Stasi ha riempito le prime pagine di tutti i giornali. La notizia, tuttavia, è un'altra: l'identificazione del secondo Dna trovato sul corpo della vittima potrebbe non cambiare niente nella vicenda processuale. Ecco perché.

Non è una nuova prova

Il Dna trovato sotto le unghie di Chiara non è affatto una nuova prova, ma era già stato esaminato nel corso del secondo giudizio d'appello. I periti conclusero che quella traccia, che all'epoca non fu possibile identificare, non era attribuibile all'imputato. Gli esami furono eseguiti a Genova nel 2014 alla presenza dei periti di parte e non fu ritenuto possibile utilizzarli come prova.

Gli esami non sono più ripetibili

Quale che sia l'esito della perizia genetica, la discussione su quell'elemento di prova doveva avvenire prima dell'appello. Il motivo? Le analisi non sono più ripetibili. Il campione – degradato dopo 7 anni dai fatti – è infatti una parte esigua corrispondente al cromosoma Y, di parte maschile, che, come evidenziato dalla perizia presentata in appello da Francesco De Stefano, perito nominato dai giudici, non consente una nuova identificazione. Le conclusioni della perizia discussa al processo di appello bis furono accettate anche dai periti di parte. Per la Cassazione è necessario che ci sia ripetibilità sullo stesso campione.

La traccia non è contestuale all'omicidio

C'è un terzo elemento che potrebbe non influire sulla vicenda processuale. Come è scritto nella sentenza che ha decretato la condanna di Alberto Stasi per l'omicidio della fidanzata, rilevare un nuovo Dna sotto le unghie di Chiara non cambierebbe niente perché la vittima non poté difendersi. Quelle tracce non sarebbero contestuali all'omicidio.

La prova non esclude le responsabilità di Stasi

Alberto Stasi, allora studente in economia e oggi commercialista, è stato condannato sulla base di diversi elementi di prova. Si tratta del Dna trovato sul corpo di Chiara, della mancanza di un alibi che escluda la sua presenza dalla scena nell'ora del delitto e della presenza del Dna della vittima sui pedali della bici di Stasi, che avrebbe li scambiati con quelli della sua bicicletta subito dopo l'omicidio. Inoltre, le scarpe del giovane, sequestrate dopo i fatti, apparvero completamente prive di tracce di sangue, condizione incompatibile con il racconto dell'ingresso del giovane sulla scena del delitto, disseminata di schizzi. A carico di Stasi c'è anche il ritrovamento di una traccia di Dna a lui riferibile, sul portasapone del bagno della villetta di via Pascoli, dove venne rilevata anche una traccia di sangue di Chiara. Secondo l'accusa Stasi si lavò le mani sporche di sangue lasciando le proprie tracce sul contenitore. Infine, anche l'accensione del computer alle 21 e 35 (il delitto sarebbe avvenuto tra le 9 e 12 ed le 9 e 35, ndr.), è stata ritenuto un punto chiave nella risoluzione del caso. Alberto Stasi ha sempre dichiarato di aver trovato il corpo della fidanzata martoriato sulle scale della villetta della sua famiglia e di aver immediatamente dato l'allarme. Chiara Poggi fu uccisa con un oggetto contundente mai ritrovato.

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