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Omicidio Garlasco, pg Cassazione: “Annullare la condanna di Stasi”. Domani la sentenza

A sorpresa il Pg di Cassazione ha chiesto alla suprema Corte di annullare con rinvio la condanna di Alberto Stasi nel processo per l’omicidio di Chiara Poggi, la giovane uccisa il 13 agosto 2007 nella sua casa di Garlasco. Alberto Stasi è stato assolto in primo e secondo grado e condannato con rito abbreviato a 16 anni nell’appello bis.
A cura di Susanna Picone
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UPDATE 22.25 – Sentenza rinviata a domani – La sentenza della Cassazione nel processo ad Alberto Stasi per l'omicidio di Chiara Poggi sarà domani. Lo ha comunicato il presidente del collegio giudicante Maurizio Fumo. "Considerata l'importanza e la complessità delle decisioni – ha detto – si differisce e si riconvoca alle ore 9 di domani" la camera di consiglio.

UPDATE Ore 14.45: Pg chiede annullamento della condanna con rinvio – Ennesimo colpo di scena nel processo a carico di Alberto Stasi per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi. Il procuratore generale di Cassazione che sostiene la pubblica accusa infatti ha chiesto in Aula alla Suprema Corte di annullare la condanna dell'imputato. Il pg ha chiesto un annullamento con rinvio. "L'annullamento che chiedo è con rinvio per una questione di scrupolo e rispetto nei confronti del grido di dolore di tutte le parti. Il rinvio servirà per nuovi accertamenti, prove e valutazioni", ha sottolineato il pg Oscar Cedrangolo ritenendo che si via una "debolezza dell'impianto accusatorio" contro Stasi. "L’annullamento deve essere disposto sia in accoglimento del ricorso della Procura, sia di quello della difesa perché se l'imputato è innocente che sia assolto, se è colpevole che abbia una pena adeguata", ha concluso il Pg.

Oggi per Alberto Stasi, accusato dell’omicidio della fidanzata Chiara Poggi avvenuto il 13 agosto 2007 a Garlasco, potrebbe arrivare il verdetto definitivo. A decidere sul giovane, assolto in primo e secondo grado e condannato con rito abbreviato a 16 anni di carcere nell'appello bis, è la Corte di Cassazione. In aula ad attendere il verdetto non ci saranno né Stasi, ex studente bocconiano e oggi commercialista 32enne, né i genitori di Chiara Poggi. Davanti ai giudici della quinta sezione della Cassazione si discuterà la sentenza emessa dai giudici di Milano lo scorso 17 dicembre con cui il 32enne è stato condannato a 16 anni di carcere. Contro l’ultima sentenza ha fatto ricorso la difesa dell'imputato – chiedendo l'annullamento senza rinvio – e la procura generale che chiede invece venga riconosciuta l'aggravante della crudeltà e quindi una condanna maggiore. Aggravante che potrebbe far aumentare la pena fino a 30 anni di carcere. La battaglia tra accusa e difesa è stata combattuta a colpi di perizie e memorie: sulla camminata dell’assassino nella villetta di via Pascoli, sulle scarpe di Stasi e sui tappetini della sua Golf, sul capello trovato nella mano di Chiara, sulle impronte raccolte dal portasapone in bagno e su quelle lasciate sul pigiama della vittima.

Delitto Garlasco: un giallo lungo 8 anni

Il sostituto procuratore generale di Milano Laura Barbaini ha cercato di smontare uno per uno i motivi di impugnazione con cui il pool di difensori guidato da Angelo Giarda ha sostenuto che il verdetto di condanna va ribaltato e ha sottolineato come la Corte d'Assise d'Appello ha “valorizzato la circostanza (..) per la quale l'omicida non poteva non appartenere alla cerchia ristretta delle persone” che frequentavano la vittima e la sua casa e come sia stata “rivalutata l'assenza di alibi” del giovane “nella finestra temporale” in cui sarebbe avvenuto il delitto di Garlasco. Il pg ha evidenziato come i giudici “attraverso la rinnovazione della perizia sulla camminata”estesa ad altri gradini della scala della villa di Garlasco abbiano concluso ritenendo impossibile che Stasi non si sia sporcato le scarpe di sangue e come non abbia potuto trasferire tracce nemmeno sul tappetino della sua auto. Ha anche osservato che la Corte ha utilizzato la “dimostrata traccia di polpastrelli insanguinati” sulla maglietta del pigiama della vittima per provare che Stasi abbia afferrato il corpo per buttalo giù dalle scale per poi lavarsi le mani nel bagno lasciando le sue tracce sul dispenser del sapone.

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