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Opinioni

Neo-marchi e numeri magici

Bruxelles a Washington fanno qualche piccolo ma importante passo in avanti per cercare di chiudere la crisi del debito sovrano, mentre in Italia si discute di neo-marchi e numeri magici.
A cura di Luca Spoldi
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Ben Bernanke (Fed)

Gli italiani sono davvero incredibili: nel giorno in cui banche centrali e autorità europee muovono piccoli ma importanti passi in avanti verso la soluzione della crisi del debito sovrano europeo e si spera ridare slancio e vigore al progetto dell’euro, politici e sindacati italiani si sbizzarriscono in annunci a dir poco fantasiosi, salvo poi adombrarsi se vengono presi poco sul serio in Europa. Ma andiamo con ordine e con calma, come si conviene se si vuol capire qualcosa.

A Bruxelles tra ieri e oggi sono stati messi alcuni piccoli paletti: si è approvata definitivamente l’erogazione della sesta tranche di aiuti alla Grecia da 8 miliardi di euro (su cui il tira e molla è andato avanti per circa cinquanta giorni, durante i quali lo spread Btp-Bund si è allargato da 355 ad oltre 500 punti base per poi scivolare sugli attuali 474 punti base); si è tentato (anche se con poco successo) di concretizzare il progettato potenziamento tramite leva del fondo “salva stati” Efsf (che sembra destinato a non essere “pompato” a mille miliardi di euro dai circa 240 miliardi di risorse attuali, ma a soli 650 milioni di euro circa, comunque quanto basta per garantire un 20%-30% delle nuove emissioni di titoli di stato dei paesi in difficoltà); si è aperta ufficialmente la discussione in merito all’eventuale coinvolgimento dell’Fmi cui la Bce potrebbe prestare quei capitali (si parla anche in questo caso di almeno 600 milioni di euro di risorse) che la Germania non intende far prestare direttamente agli stati “lazzaroni” del Sue Europa, Grecia, Spagna, Portogallo e Italia in testa.

Non è molto, anzi come spiega il sempre puntuale Mario Seminerio sul proprio blog, è ancora una misura insufficiente: ma intanto è un passo in avanti, dunque meglio delle chiacchiere inconcludenti delle scorse settimane. Contemporaneamente a Washington e a Pechino le banche centrali di Stati Uniti e Cina rompono gli indugi: la prima (la Federal Reserve), coordinandosi con Bce, BoE, BoJ, Banca del Canada e Banca centrale svizzera, riduce di mezzo punto il costo delle operazioni di rifinanziamento tramite swap in dollari che dal 5 dicembre costeranno, alle banche in grado di presentare idonee garanzie, un tasso pari al tasso overnight in dollari maggiorato di mezzo punto percentuale (al momento l’overnight, ossia il tasso per detenere liquidità dalla chiusura di una giornata alla riapertura di quella seguente, è pari a poco più dello 0,27% in dollari contro uno 0,64% abbondante in euro) ed inoltre il margine iniziale per richiedere swap a tre mesi in dollari viene ridotto dal 20% al 12% dell’importo scambiato. La seconda (la Banca del popolo cinese) annuncia che, sempre dal 5 dicembre, le banche commerciali cinesi dovranno detenere riserve pari al 21% dei prestiti effettuati e non più al 21,5% come attualmente. In entrambi i casi si tratta di operazioni che tendono a fornire liquidità ai mercati, allontanando lo spettro di un “liquidity crunch” che in Europa viene evitato da settimane solo grazie all’intervento continuo della Bce a fronte di una totale mancanza di fiducia delle banche l’una verso l’altra (tanto che i depositi overnight presso la Bce, remunerati all’1,25% contro il 2% richiesto da Eurotower per fornire liquidità, erano saliti lunedì sera a 281,4 miliardi, soldi per inciso che di fatto la stessa Bce utilizza per acquistare bond italiani e spagnoli su cui guadagna tassi ben più alti).

Mentre tutto questo avviene il mercato resta attesa di vedere quali misure nel concreto varerà il governo guidato da Mario Monti di qui alla prossima settimana e quale impatto (negativo nel breve, si spera neutro o positivo nel medio-lungo periodo) avranno sulla crescita economica italiana, che a fronte di una stima Ocse pari a -0,7% per l’anno venturo e di un’inflazione calata a novembre al 3,3% annuo, rischia l’anno venturo di non andare oltre il 2,6% nominale (ossia legato solo alla crescita dei prezzi), il che a sua volta rischia di portare a dover emanare provvedimenti per almeno 20-25 miliardi di euro di ulteriore correzione dei conti pubblici (che dunque ricadranno in un modo o nell’altro sulle spalle dei contribuenti italiani) se i tassi resteranno vicino al 7% (stasera la curva dei tassi conferma deboli ma incoraggianti segnali positivi segnalati già ieri, col Btp a 2 anni  che a fine giornata vede il rendimento calare al 6,93%, quello a 3 anni che chiude al 7,38%, quello a 5 anni che scivola al 7,54% e quello a 10 anni che torna sul 7,02%.

Servirebbe dunque coesione e serietà: il tempo delle barzellette e delle litigate, in Parlamento e in televisione, in stile “reality show” è ormai scaduto. Ma che fanno alcuni dei massimi rappresentanti della comunità politico-economico-sindacale italiana? Si trastullano con iperbole e teorie dell’iperuranio che non contribuiscono punto a risolvere la crisi. Non ne siete convinti? Facciamo due esempi opposti altrettanto chiarificatori: da una parte eurodeputato della Lega Nord, Mario Borghezio, “rivela” alla stampa italiana di aver saputo (non è difficile: controllando sul web si scopre che la notizia è stata rilanciata in questi giorni dal sito Eucrhonicle di Ralph Niemeyer, noto per le sue posizioni non esattamente a favore dell’euro) che “un ente collegato al ministero della Difesa tedesco, in ordine a un piano “B” sul probabile crollo dell’euro, sta predisponendo la stampigliatura con inchiostro indelebile sulla nuova produzione della moneta unica con la scritta euro-tedesco” e che “in realtà si tratta di un ritorno al vecchio marco” visto che “l’euro-tedesco sarebbe l'unico accettato in Germania e servirebbe a garantire la genuinità tedesca”. Dall’altra parte il segretario della Cgil Susanna Camusso avvisa il governo che “40 è un numero magico e intoccabile e mi pare che questo sia esaustivo della discussione” attorno alle possibili riforme in campo previdenziale che il governo Monti si appresta a varare. Fantomatici marchi tedeschi accumulati “in gran segreto” in sotterranei nei pressi di Francoforte e numeri magici: dato il momento dai leader di minoranze qualificate di cittadini italiani mi sarei aspettato qualche ragionamento anche “forte” ma più sul filo della logica e dell’economia che non della mitologia, ma evidentemente a qualcuno andrà bene così.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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