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Spaccio vicino alla caserma dei carabinieri a Caivano, preso nipote dell’ex capoclan legato ai Moccia

Arrestato per spaccio di droga il nipote dell’ex capoclan di Caivano, ucciso in un agguato: vendeva cocaina a 100 metri dalla Compagnia dei Carabinieri.
A cura di Nico Falco
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Cento metri in linea d'aria, poco meno di trecento contando strade e curve. Spacciava cocaina praticamente accanto alla caserma dei carabinieri Antonio Di Micco, figlio del boss Giuseppe, arrestato dai militari ieri sera, 3 febbraio, durante un servizio antidroga nel comune del Napoletano. L'uomo è stato rinchiuso nel carcere di Secondigliano, in attesa di giudizio.

Il 52enne si trovava nei pressi di un bar alla fine di via Santa Barbara, all'incrocio con via Atellana. Posizione strategica, dalla quale probabilmente riteneva di poter controllare i movimenti delle forze dell'ordine: all'intersezione tra due strade, tutti i lati coperti dagli edifici, nessuna traversa laterale nelle vicinanze.

I carabinieri della compagnia locale, però, lo tenevano già d'occhio e hanno aspettato che venisse raggiunto dal cliente di turno per entrare in azione. Appostati nelle vicinanze, in borghese, sono intervenuti non appena hanno visto il passaggio di droga. Di Micco è stato bloccato subito dopo aver consegnato due dosi di cocaina. L'acquirente, identificato, è stato segnalato alla Prefettura come assuntore di stupefacenti.

Spaccio vicino alla caserma, arrestato il nipote del capoclan ucciso

Antonio Di Micco è il nipote di Giuseppe, detto "Peppe ‘a Pesecca", boss del clan Marino, in passato egemone nel Parco Verde, che aveva preso le redini del gruppo criminale quando il capoclan, Giuseppe Marino detto "Peppe il Biondo", aveva scelto di collaborare con l'Antimafia. Giuseppe Di Micco, ritenuto all'epoca referente del clan Moccia per Caivano, venne ucciso in un agguato di camorra nell'aprile 2003. In quel periodo il boss, a seguito della scelta di Marino di diventare collaboratore di giustizia e del ferimento del genero, era sparito dalla circolazione: non dormiva più in casa sua, in via Atellana, e cambiava spesso rifugio.

I sicari lo intercettarono nella frazione di Pascarola e lo seguirono da via Lutrario a via Semonella, dove gli spararono con pistole e lupare; perso il controllo dell'auto, l'uomo si schiantò contro una cancellata. Per quell'omicidio, deciso probabilmente per timore che anche Di Micco diventasse collaboratore di giustizia, la Squadra Mobile di Napoli nel 2008 ha arrestato 6 persone, ritenute collegate al clan Belforte di Marcianise, cinque delle quali sono state condannate in Appello in anno dopo.

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