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La bellissima lettera di Pasqua 2021 di don Mimmo Battaglia, vescovo di Napoli

Don Mimmo Battaglia, vescovo di Napoli, per celebrare la Pasqua coi suoi fedeli in questo tempo di Covid, ha diffuso il contenuto di una lettera ad una fedele. Si tratta di un testo molto bello, il cui titolo è “Vivere pienamente e senza riserve” e che ricorda molto le lettere di don Lorenzo Milani, parroco di Barbiana.
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Don Mimmo Battaglia
Don Mimmo Battaglia

L'aria nuova portata nella Curia di Napoli da don Mimmo Battaglia è di gesti e parole. E nel giorno di Pasqua, il secondo in tempo di Covid, il nuovo arcivescovo metropolita di Napoli ha reso nota una lettera che parla proprio di questi giorni, del loro significato per i cristiani e della speranza che deve rappresentare la Pasqua di Resurrezione. La lettera cita anche una figura cara al nuovo vescovo: don Tonino Bello, vescovo di Molfetta, guida di Pax Christi, morto nel '93, in attesa di beatificazione.

Ieri sera nella Chiesa Cattedrale, il vescovo ha presieduto la Veglia Pasquale, mentre oggi, domenica di Pasqua, alle ore 11, nella Chiesa Cattedrale, presiederà la Solenne Celebrazione Eucaristica.

La sua lettera, molto bella, dai toni che in alcuni passaggi ricordano don Lorenzo Milani, parroco di Barbiana, è indirizzata a Simona (non viene specificato altro) si chiama «Vivere pienamente e senza riserve». C'è un bellissimo passaggio che riguarda il "coraggio".

Ciao Simona,
ti scrivo per ringraziarti per il momento di condivisione di qualche giorno fa… ho raccolto tutta la tua fatica, l’angoscia che ti porti dentro e la stanchezza nel non riuscire a trovare un senso a questo momento che sta attraversando la tua vita… sono giorni difficili e non solo per te, lo sono per tanti, e lo sono anche per me…
Eppure, se ci guardiamo dentro, in profondità, negli angoli più bui, possiamo scorgere una luce… la luce della speranza che è lì pronta a sussurrarci di crederci ancora e ci conduce nel tempo della verità; ma non c’è verità, Simona, che non passi dalla croce, e ci esorta a credere fermamente nella rinascita, ci esorta a credere che c’è e ci sarà un tempo migliore, di grazia, nonostante tutto.
È quella speranza “fatta di pianti e di attese, di rivolte interiori e di abbandoni alle braccia di Dio, di lotte senza violenza e di soste senza rassegnazione, di angosce per l’ingiustizia sopportata da tanti e di certezze che il Signore un giorno tergerà ogni lacrima dai loro occhi”. (Tonino Bello)
Simona cara, il vento della Resurrezione non ci abbandona; basta fermarsi, chiudere gli occhi e farci avvolgere da esso con dentro al cuore il senso di abbandono misto alla gioia per l’arrivo della primavera.
Il Signore ci mostra e ci fa comprendere, in ogni istante della nostra esistenza, attraverso la croce, il dolore in tutte le sue sfaccettature: vivo, mai arreso, sacrificato, spezzato, massacrato, infierito, deriso; ma, nella sua poliedricità, illuminato da una luce, la stessa che è in fondo al nostro buio: la speranza.
Il dolore, dalla profonda oscurità si trasforma in bagliore accecante, le tenebre si rischiarano – sembra impossibile da credere – e il cielo è completamente sgombro di nubi, pulito, fresco: è la rinascita… la resurrezione… una ventata di azzurro che dà vita e che porta alla vita.
Vedi, Simona, Pasqua significa passaggio: dall’inverno alla primavera, dalla schiavitù alla liberazione, dalla morte alla vita, dal presente al futuro. È messaggio di speranza, di rinascita, di nuovi orizzonti e nuovi significati verso cui mettersi in viaggio, abbandonando ingiustizie e false certezze, accettando rischi e fatiche. La pietra sul sepolcro non avrebbe dovuto custodire solo il corpo di Gesù, ma anche e soprattutto il suo sogno, la sua utopia, la sua ostinata volontà di inseguire l’impossibile. Allo stesso modo, dal sepolcro non si è alzato solo il corpo di Gesù, ma anche il suo sogno. Per questo la Pasqua è festa di autentica liberazione. È la festa dei macigni rotolati via dall’imboccatura del cuore e dell’anima. Quella tomba vuota ci dice che il Risorto è fuori, lungo le strade. Non le strade che fuggono dalla vita, non quelle del disimpegno o della resa.
Possa la nostra vita aprirsi alla luce e alla brezza leggera della resurrezione. E il vento della resurrezione lavi i nostri volti spenti, le nostre parole stanche, i nostri pensieri vuoti, le nostre scelte opache. E sia contagio di vita vera, anelito a stare sulla terra come sulla terra è stato lui, Gesù. Sia contagio di resurrezione. Vento che disperde le tenebre che ci soffocano e ci avviliscono, le stanchezze che ci portiamo dentro. E respiriamo vita nuova.
Come non darti ragione, Simona… è vero, la vita, tante volte, sembra fatta apposta per rimpicciolire le nostre speranze: ogni giorno le va riducendo, le accomoda secondo le cose che capitano. Succede a tutti noi di ridurre a poco a poco l’orizzonte della speranza. Era successo anche a Maria di Magdala, anche lei aveva finito di rinunciare alla speranza troppo grande. Ma poi, Maria di Magdala, sulla soglia della tomba vuota, contempla quello che i suoi occhi non sognavano più di contemplare e ascolta una voce che non avrebbe mai più pensato di udire. Da quella tomba era uscito il suo Signore. Ma da quella tomba era uscita viva la sua speranza morta. Forse abbiamo anche noi qualche speranza da risuscitare. Anche i nostri occhi, se crediamo, potranno vedere quello che non sognavamo più di vedere. Anche noi potremo ascoltare voci che non pensavamo più di ascoltare. Queste mani, questo cuore, potranno inventare cose che umanamente ci sarebbe parso impossibile inventare.
Credere nella resurrezione è sapere che il nostro amare non è inutile, ma sarà raccolto goccia a goccia e vissuto per sempre. Simona, il tuo dolore è fecondo, il tuo vuoto non è inutile, la tua notte è benedetta… benedicila anche tu, lasciati attraversare dal grido della vita. In quel grido c’è la forza per non arrendersi di fronte alle sconfitte… lascia che questo vento rianimi le tue forze, riaccenda la tua voglia di vivere e di libertà… Non lasciare orfano di resurrezione il presente.
Mi chiedo dove sono oggi i testimoni della resurrezione. E mi sembra di sorprenderli nel numero di coloro che, uomini e donne, quotidianamente sanno ricucire le speranze. C’è un immenso bisogno oggi. Stiamo diventando fragili, vulnerabili. Sta dilagando la paura. La situazione che stiamo vivendo ha messo a nudo la fragilità di questo mondo. Allora tu credi nella resurrezione se stai accanto agli uomini e alle donne di questo tempo nel ricucire la speranza, con pazienza, questa speranza così fragile, debole, indifesa, a rischio di essere sommersa proprio dalla paura. Che Cristo è risorto non lo possiamo dire soltanto cantando nelle nostre chiese, ma seminando speranza, ricucendo la speranza nel cuore degli uomini e delle donne di oggi.
Nel Vangelo, nel giorno della resurrezione vedo correre Maria, Pietro, Giovanni. Tutti corrono. Ma ognuno con il proprio passo, al ritmo del proprio cuore e del proprio desiderio; ognuno arriva al sepolcro in modo diverso e vede cose diverse, o sicuramente in modo diverso. A tutti vorrei dire: che non venga mai meno questo correre. Che la Chiesa non sia a passi lenti o chiusa nei cenacoli. Che la Chiesa ritorni, ognuno di noi ritorni a vivere come coloro che corrono nel mattino di Pasqua.
La Resurrezione di Gesù è una voce silenziosa. Come la fede. Pietro vide solo dei teli per terra, teli arresi, segni disabitati. Vuol dire che Gesù abita altrove. Abita nella vita. Dio non è nei segni della morte. Dio è nei segni della vita. La vita la ritrova solo chi sa donarla e Gesù, avendola donata in una misura senza misura, la vita l’aveva ritrovata, era risorto. Chi ama passa dalla morte alla vita. Questo è ciò che dovrebbe narrare la Chiesa, sulle strade impolverate, nell’ombra della sera. Dopo, solo dopo aver letto la tristezza nei volti, solo dopo aver ascoltato. Perché se una Chiesa si mette a fare cronaca, a dire ciò che tutti vediamo, si rende insignificante. Ha, invece, come impegno quello di raccontare il senso, legato alla morte e alla resurrezione del suo Signore: e il senso è che chi ha il coraggio di amare, si fa per ciò stesso vulnerabile come il suo Signore, ma passa dalla morte alla vita.
Mia cara Simona, la storia, ogni piccola o grande storia, può riprendere il suo cammino solo nella misura in cui qualcuno accetta di rischiare la speranza. Allora anche tu racconta che Lui è vivo, che vince l’amore, che vince la vita. L’amore che sulla croce sembrava perdente, ha vinto, ha sconfitto la morte. Allora vai, dì che si può cambiare rotta, dì che non vince la morte, ma vince l’amore. Ma dillo con i tuoi gesti. Dillo con la tua cura.
Simona, di fronte al Cristo che ci dona luce e forza ogni giorno, e in ogni istante, si è in piedi, perché non è lecito stare davanti al Signore risorto se non in piedi. Non in ginocchio, quasi schiacciati dall’altalena delle vicende umane; né seduti, quasi indifferenti o rassegnati a ciò che accade intorno a noi, ma in piedi… dimostrando a noi stessi che siamo capaci di lottare con coraggio, di credere che i sacrifici e le piaghe dell’anima potranno essere lavati dalle lacrime versate; che l’indifferenza lascerà il posto ad uno sguardo indulgente e fiducioso. In piedi, insieme, di fronte al Signore Risorto perché Lui vuole guardarci negli occhi, sollecitarci a non desistere, a continuare a lottare, sussurrandoci che è pazzo d’amore per ognuno di noi e sono proprio le Sue lacrime che rendono possibile ogni Resurrezione. In piedi, per cogliere l’anelito della vita meravigliosa di cui ci ha fatto dono.
Coraggio, allora: in piedi! In piedi, Simona! In piedi, perché noi resuscitiamo nel momento in cui accettiamo la sfida che ci viene rivolta da Dio a vivere pienamente e senza riserve.
Quando si vivono situazioni incerte, drammatiche, pericolose, quando si è condannati alla sconfitta, c’è una voce a sussurrarci ancora: coraggio!
E come vorrei sussurrare la stessa speranza a tutti coloro che si sentono confitti sulla croce della malattia: coraggio, in piedi! A quelli delusi dalla vita: coraggio, in piedi!
A coloro che masticano il pane amaro del tradimento: coraggio, in piedi!
A chi vede naufragare i sogni in cui ha investito senza risparmiarsi alcun sacrificio: coraggio, in piedi!
Il coraggio che ci spinge a rialzarci per abbandonare il letargo delle coscienze e respirare un vento di solidarietà che faccia nuovi i nostri mattini. Perché la delusione non ci sovrasti, l’angoscia non ci anneghi nel suo vortice, la confusione non zittisca il sale delle parole, la triste rassegnazione non prenda il sopravvento.
Coraggio, in piedi: per rimetterci in cammino e lasciare che, dalle ceneri dei nostri rimpianti e dalle prigioni delle nostre paure, scaturisca un fuoco nuovo in un abbraccio pieno di passione e di compassione.
Vorrei, allora, che il mio augurio ti arrivasse con una stretta di mano, con uno sguardo profondo, con un sorriso senza parole. Vorrei dirti “coraggio”. Il Signore è risorto; è davvero risorto per dirti che, di fronte a chi decide di amare, non c’è morte che tenga, non c’è tomba che chiuda, non c’è macigno che non rotoli via. Che la resurrezione sia scritta sui volti, sul tuo volto, sia scritta nella vita, nella tua vita. Il Signore è veramente risorto e continuamente risorge in ogni svolta della nostra vita.
Il Dio della vita ti sorprenda. Risorga il tuo nome nella sua voce e il suo nella tua speranza.
Possa tu esserne il frutto. Possa tu diventare dono per l’altro ogni giorno di più.
Possa l’altro sempre meravigliarti con la sua presenza benedetta e benedicente.
Possa la memoria di questa presenza risorgere in te!

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