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Bambino suicida a Napoli, tecnici al lavoro su cellulari. La famiglia: “Rispettate nostro silenzio”

Gli esperti della Polizia Postale stanno setacciando il cellulare e gli altri dispositivi usati dal bambino di 11 anni che si è suicidato a Napoli per scoprire se c’erano stati contatti con persone che in qualche modo potrebbero averlo spinto a uccidersi. La famiglia, attraverso i propri legali, ha chiesto “un rispettoso silenzio” ai media.
A cura di Nico Falco
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Gli esperti della Polizia Postale stanno passando al setaccio il telefono cellulare e gli altri dispositivi utilizzati dal bambino di 11 anni che si è suicidato martedì notte a Napoli: accertamenti mirati a scoprire se il piccolo fosse stato contattato da qualcuno che potrebbe averlo terrorizzato e manipolato, spingendolo a uccidersi lanciandosi dal balcone del suo appartamento al decimo piano. La perizia sui dispositivi, prassi in casi di suicidio in cui si ipotizza una istigazione, potrebbe rivelarsi fondamentale in questo caso: nell'ultimo messaggio del piccolo alla madre, inviato pochi istanti prima del gesto estremo, c'è un riferimento a un "uomo col cappuccio" e al fatto di non avere "più tempo".

Tramite l'analisi di cellulari e tablet, e quindi esaminando le tracce lasciate utilizzato i social network, come Facebook, Instagram e TikTok, e le applicazioni di messaggistica instantanea come WhatsApp, gli investigatori contano di appurare se ci siano stati nei giorni scorsi contatti da persone che potrebbero avere esercitato una influenza negativa sul bambino, al punto tale da stravolgerlo. Qualcuno che potrebbe essersi spacciato anche per Jonathan Galindo, il protagonista di una leggenda metropolitana sul web, che contatterebbe gli adolescenti e i bambini sui social per coinvolgerli in un folle gioco composto da una serie di sfide che si conclude appunto col suicidio; in realtà si tratta appunto di una storia inventata che circola su Internet e non ci sono prove che le challenge mortali esistano davvero. Di profili che utilizzano quel nome se ne contano a centinaia, e sono stati aperti proprio in seguito alla diffusione della leggenda. Non si può però escludere che qualcuno, usando le fotografie che vengono utilizzate per rappresentare Galindo, abbia parlato col ragazzino e lo abbia spaventato.

Ieri è stato conferito l'incarico per l'esecuzione dell'autopsia, i cui esiti verranno a breve consegnati ai titolari dell'inchiesta; le indagini stanno procedendo col massimo riserbo, nelle scorse ore gli inquirenti hanno ascoltato anche gli amici del bambino. Il piccolo è il figlio di due noti e stimati professionisti napoletani, era perfettamente integrato coi coetanei, praticava sport e non aveva mostrato segni di disagio o qualcosa che potesse far capire ai genitori, molto attenti anche alla sua "vita virtuale", che avesse delle preoccupazioni. La famiglia, attraverso gli avvocati Maurizio Sica e Lucilla Longone, ha fatto sapere che "comprende il difficile lavoro di tutti gli organi di comunicazione ma, in questo momento di grande dolore, chiede un rispettoso silenzio".

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