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Moscovici replica a Salvini: “Non sono Babbo Natale, per trattare serve rispetto e dignità”

In un’intervista concessa al Corriere della Sera, il commissario agli Affari economici e finanziari, Pierre Moscovici, ha replicato alle invettive di Matteo Salvini: “Non mi sono messo il vestito rosso o la barba bianca e non sono Babbo Natale: sono il commissario agli Affari economici e finanziari e penso si debbano trattare queste questioni con rispetto reciproco, serietà e dignità”.
A cura di Charlotte Matteini
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Nella giornata di ieri, la Commissione europea ha formalmente bocciato – per la seconda volta – la legge di bilancio dell'Italia. La bocciatura ha innescato un'accesissima polemica e il vicepremier Matteo Salvini ha rimarcato che la manovra non cambierà comunque, ironizzando inoltre sulla lettera di Bruxelles: "Aspetto una lettera di Babbo Natale". In un'intervista concessa al Corriere della Sera, il commissario agli Affari economici e finanziari, Pierre Moscovici, ha replicato alle invettive di Salvini:

Commissario, che effetto le fa una risposta così? 
«L’opinione della Commissione è un passaggio importante di una procedura prevista dai trattati, che sono approvati da tutti. Non mi sono messo il vestito rosso o la barba bianca e non sono Babbo Natale: sono il commissario agli Affari economici e finanziari e penso si debbano trattare queste questioni con rispetto reciproco, serietà e dignità. Non con disinvoltura e un’ironia che stride. È importante per gli italiani e per tutti gli europei. Diamoci da fare perché c’è tanto lavoro in questa situazione che nessuno ha voluto. Certo non noi. Il dialogo non è un’opzione, è un imperativo necessario più che mai».

Lei parla con il ministro dell’Economia, che non ha potere, ma non con chi ne ha: i vicepremier Salvini e Luigi Di Maio. Non è il caso di chiamarli? 
«Non possiamo pensare che il governo di un grande Paese del G7, la terza economia dell’area euro, e le istituzioni di questo Paese siano un Villaggio Potëmkin o di carta pesta. Le istituzioni vanno prese sul serio. Quando parlo al mio interlocutore Tria, quando vengo ricevuto dal presidente della Repubblica a Roma, parlo a persone che rappresentano istituzioni reali. Non possiamo mettere in dubbio la legittimità dei nostri interlocutori. Tocca poi a loro vedere con i loro colleghi come si può organizzare il dialogo».

Non sarete per caso voi con le vostre azioni ad agitare i mercati? 
«Parlo proprio di questo. Non è il termometro che provoca la febbre, è la febbre che fa salire il termometro. A far reagire i mercati non sono i commenti della commissione, sempre estremamente prudenti. A maggior ragione dato che abbiamo a che fare con un governo che sappiamo essere particolare e con certi leader politici a volte aggressivi. Dunque io raddoppio la prudenza. Non sono sicuro che sarei altrettanto cauto con un altro governo».

La tensione di mercato nasce con la svolta politica dell’Italia, ma voi reagite quasi che questo fosse un problema economico come nel 2011. Le dà da pensare? 
«Se c’è qualcuno a cui questo dovrebbe dare da riflettere, è il governo italiano».

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