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Zyber Curri, l’operaio morto lavorando “per nessuno”: 4 persone rischiano il processo per omicidio

Quattro persone rischiano di essere processare per omicidio colposo aggravato per la morte di Zyber Curri, l’operaio 48enne kosovaro morto la mattina del 12 dicembre del 2018 mentre posava tubature in un cantiere in Val Cavargna. Per mesi nessuno si è preso la responsabilità dell’incidente, tutte le ditte coinvolte nei lavori sostenevano di non conoscerlo. Gli amministratori delle aziende sono accusati di violazioni delle norme in materia di sicurezza del lavoro.
A cura di Simone Gorla
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La Procura di Como ha notificato l'avviso di conclusione delle indagini e ha chiesto il rinvio a giudizio per quattro persone indagate per omicidio colposo aggravato per la morte di Zyber Curri, operaio 48enne kosovaro morto la mattina del 12 dicembre del 2018 mentre posava tubature in un cantiere in Val Cavargna.

Morte dell'operaio Zyber Curri: chiuse le indagini, chiesto rinvio a giudizio per quattro persone

Gli indagati, stando a quanto emerge, sarebbero l'amministratore unico della società Hera srl, considerato il datore di lavoro "formale" dell'operaio kosovaro. L'amministratore unico e un consulente esterno preposto alla sicurezza sul lavoro della Edilnova srl, ritenuti i reali datori di lavoro, oltre al coordinatore dei lavori. Tutti e quattro sono indagati per presunte violazioni delle norme in materia di sicurezza del lavoro, che per gli inquirenti sarebbero la causa della morte del lavoratore.

Amministratori delle aziende indagati per omicidio colposo aggravato

Quel giorno l'operaio stava posando tubi quando ha perso l'equilibrio, forse scivolando sul ghiaccio, ed è scivolato in un dirupo, battendo la testa. Una caduta che gli è stata fatale. Per molti mesi nessuno si è preso la responsabilità dell'incidente, tutte le ditte coinvolte nei lavori sembravano non conoscerlo. Di fatto, Zyber lavorava per "nessuno".

La lotta della famiglia per avere giustizia

Grazie alle proteste e alle pressioni da parte dei sindacati e soprattutto all'impegno dei familiari, che si sono affidati a due legali giuslavoristi, gli avvocati Alberto Ghidoni ed Elisabetta Toccalli del Foro di Milano, e ad un avvocato penalista, Federica Ramaioli del Foro di Pavia, sono partite le indagini dei carabinieri e dei tecnici dell'Ats della Montagna di Sondrio, che hanno portato ora alla richiesta di rinvio a giudizio. Il 48enne viveva da molti anni a Edolo, in Val Camonica, con sua moglie e quattro figli. In paese era conosciuto e la sua morte ha suscitato cordoglio e commozione.

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