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Si riapre il caso del professore morto a Crema, il giudice: “Si indaghi sulla moglie”

Si riapre il caso sul professore Pamiro, morto a giugno scorso a Crema. Per il giudice bisogna svolgere ulteriori approfondimenti sulla moglie, l’unica indagata di omicidio.
A cura di Ilaria Quattrone
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Il professore Mauro Pamiro morto trovato morto lo scorso giugno in un cantiere
Il professore Mauro Pamiro morto trovato morto lo scorso giugno in un cantiere

È stato riaperto il caso di Mauro Pamiro, il professore trovato morto nel 2020 a Crema. Il giudice delle indagini preliminari del tribunale di Cremona, Giulia Masci, ha deciso di non archiviare le indagini ma di proseguire con gli approfondimenti nei confronti della moglie Debora Stella. La donna è indagata con l'accusa di omicidio. Il gip ha dato sei mesi di tempo alla Procura per condurre ulteriori esami sulla dinamica in cui è morto il docente.

Il giorno in cui è morto Pamiro

Il 29 giugno 2020, Pamiro è uscito da casa per andare verso il cantiere di via Camporelle. A immortalare questo momento, una telecamera installata nella zona. Secondo la Procura, il 44enne si sarebbe arrampicato sul tetto della abitazione in costruzione, avrebbe preso la rincorsa e si sarebbe lanciato. Nella caduta, avrebbe sbattuto la testa con una tegola. Un frammento sarebbe stato trovato proprio accanto al corpo. I genitori però del professore di informatica del Galilei di Crema non hanno mai creduto all'ipotesi di suicidio. 

Nuove analisi sul frammento di tegola trovato accanto al corpo

Il giudice ha rigettato il decreto di archiviazione e ha richiesto di acquisire i video girati quella mattina dalla squadra mobile. Gli investigatori parlarono con la donna che, quel giorno, era in stato confusionale: si accusò del delitto per poi ritrattare. La donna è stata poi ricoverata in psichiatria e sottoposta al trattamento sanitario obbligatorio. Sono state poi richieste delle nuove analisi sul frammento di tegola trovato accanto al corpo così da escludere la presenza di impronte o dna di terze persone. Una tesi sulla quale avevano insistito molto i legali dei genitori: "La forma suggerisce che qualcuno l’abbia utilizzata a mo’ di martello per dargli un colpo in fronte".

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