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La sentenza della Corte Ue: “L’Italia deve recuperare l’Ici non pagata dalla Chiesa”

Una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea stabilisce che lo Stato italiano deve recuperare le cifre che la Chiesa avrebbe dovuto pagare per l’Ici, l’imposta comunale sugli immobili. La decisione della Corte Ue ribalta le precedenti decisione della Commissione europea e del tribunale Ue che avevano sancito “l’impossibilità” di recuperare tali somme.
A cura di Stefano Rizzuti
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Lo Stato italiano deve recuperare l’Ici non versata dalla Chiesa. A deciderlo è una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, che annulla la decisione della Commissione del 2012 e anche la sentenza del tribunale Ue del 2016. In entrambi casi era stata stabilita “l’impossibilità di recupero dell’aiuto a causa di difficoltà organizzative” nei confronti degli enti non commerciali, come nei casi di scuole, cliniche e alberghi. I giudici hanno stabilito che queste circostanze costituiscono “difficoltà interne all’Italia”, mentre è stato invece respinto il ricorso sull’Imu. L'Ici era l'imposta comunale sugli immobili poi sostituita, appunto, dall'Imu, l'imposta municipale unica.

Sulla base della sentenza della Corte Ue, tutti gli enti non commerciali, sia quelli appartenenti a confessioni religiose sia quelli del no profit, dai partiti alle associazioni sportive, dovranno adeguarsi. Il ricorso è stato presentato dalla scuola elementare Montessori di Roma contro la sentenza del tribunale Ue del 15 settembre 2016: in quel caso, in primo grado, si era ritenuta legittima la decisione della Commissione europea di non recuperare le somme di enti non commerciali, sia religiosi sia no profit. Una cifra che, secondo alcune stime dell’Anci, sarebbe intorno ai 4-5 miliardi di euro. Secondo l’esecutivo di Bruxelles per l’Italia esisteva una condizione di impossibilità di recuperare le tasse non versate nel periodo che va dal 2006 al 2011.

Secondo la Commissione europea sarebbe stato “oggettivamente” impossibile calcolare in maniera retroattiva il tipo di attività svolta negli immobili non commerciali per poter stimare l’importo da recuperare, perché i dati catastali e delle banche fiscali non consentivano di accedere a dati così precisi. Il ricorso della Montessori, nato con il supporto dei Radicali, partì nell’aprile del 2013, ma nel 2016 arrivò la sentenza del tribunale Ue che confermò l’impossibilità di recuperare quelle cifre. Ma la decisione della Commissione Ue e del tribunale sono state ribaltate dalla Corte di giustizia perché il problema è dato solo da difficoltà interne all’Italia che non possono giustificare una decisione di non recupero.

Secondo quanto precisa la sentenza, la Commissione europea “avrebbe dovuto esaminare nel dettaglio l’esistenza di modalità alternative volte a consentire il recupero, anche soltanto parziale, delle somme”. Altro punto sottolineato dalla sentenza è che chi ha presentato ricorso si trova in una zona limitrofa ad “enti ecclesiastici o religiosi che esercitavano attività analoghe” e per questo motivo l’esenzione dell’Ici comportava una “situazione concorrenziale sfavorevole e falsata”. Per quanto riguarda l’Imu (successore dell’Ici), le esenzioni sono state ritenute legittime.

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