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La guerra in Siria non è finita: Idlib è la nuova Aleppo

L’esercito siriano e le milizie alleate hanno iniziato un’offensiva sulla zona di Idlib, nel nord-ovest del Paese. Migliaia di civili in fuga verso la Turchia. C’è il pericolo che la battaglia per strappare l’ultima provincia in mano ai ribelli diventi un nuovo bagno di sangue.
A cura di Mirko Bellis
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Paura e caos dopo un attacco aereo avvenuto il 3 gennaio a Maaret al-Numan, nella provincia di Idlb (Gettyimages)
Paura e caos dopo un attacco aereo avvenuto il 3 gennaio a Maaret al-Numan, nella provincia di Idlb (Gettyimages)

Nelle ultime settimane, l’esercito siriano e le milizie alleate al governo di Bashar al Assad hanno iniziato un’offensiva per riconquistare la provincia nordoccidentale di Idib, l’ultimo bastione rimasto sotto il controllo dei ribelli. L’area vede la presenza anche delle milizie di Hay’et Tahrir al-Sham (Hts, ex Fronte al Nusra, affiliato ad Al Qaeda). Proprio il gruppo jihadista sarebbe l’obiettivo dell’attacco delle forze di Damasco che, con l’appoggio dell’aviazione russa, stanno conquistando interi villaggi a sud di Idlib.

La prima, inevitabile, conseguenza della battaglia sono le migliaia di civili in fuga verso nord per cercare di mettersi in salvo nella vicina Turchia. Le principali organizzazioni umanitarie avvertono che, senza un’adeguata protezione per affrontare le rigide temperature invernali, le condizioni degli sfollati rischiano di trasformare l’ennesimo esodo della popolazione siriana in una nuova tragedia. “L'Onu è profondamente preoccupata per la sicurezza di decine di migliaia di persone nel sud di Idlib e nella provincia nord-orientale di Hama, dove le ostilità in corso hanno causato centinaia di morti e feriti tra i civili”, ha dichiarato il portavoce delle Nazioni Unite Stéphane Dujarric. Secondo i dati Onu, oltre 13 milioni i siriani hanno bisogno di aiuti umanitari e protezione. “Con l'inizio dell'inverno – ha sottolineato Dujarric – garantire un rifugio sicuro è una delle maggiori preoccupazioni, dal momento che molte famiglie stanno arrivando in aree già sovraffollate o con risorse limitate”. Kerem Kinik, presidente della Mezzaluna rossa turca, ha dichiarato che, nelle ultime due settimane, circa 64.000 siriani sono scappati dal sud di Idlib. "La maggior parte di queste persone ha trovato un riparo da parenti, ma alcuni sono senza una casa. Stiamo facendo del nostro meglio per accoglierli nell'accampamento che abbiamo allestito tra Idlib e il nostro confine meridionale”, ha aggiunto Kinik.

L’area di Idlib è abitata da oltre 2 milioni e mezzo di persone, cui si vanno ad aggiungere gli sfollati provenienti da altre parti della Siria che vi hanno trovato rifugio dopo innumerevoli “trasferimenti” imposti dal regime siriano. I bombardamenti sulla provincia hanno già causato diverse vittime tra i civili e, come già visto in passato, i raid aerei non hanno risparmiato neppure gli ospedali.

Dopo la fine dei combattimenti contro l'Isis, l’inizio della battaglia per strappare l’ultima roccaforte ribelle era solo questione di tempo. L'offensiva era stata in qualche modo anticipata la scorsa settimana da Serghiei Lavrov, il ministro degli esteri russo, principale alleato di Damasco insieme all'Iran. Lavrov aveva predetto che il nuovo obiettivo sarebbero state le milizie jihadiste vicine ad al Qaeda, escluse dagli accordi di Astana che prevedevano la creazione di zone di de-conflitto per consentire corridori umanitari e la cessazione delle ostilità. Ad aggravare la già difficile situazione, la settimana scorsa, un attacco con alcuni droni carichi di esplosivo alle basi aeree russe di Hmeimim e di Tartus ha danneggiato diversi jet. Secondo le informazioni in mano ai militari russi l’attacco proveniva proprio dalla provincia di Idlib.

Le bombe non hanno smesso di cadere neppure a est di Damasco, nella Ghouta. Sono quasi 160 i morti dall'inizio dell'anno e le immagini che arrivano dalla zona, da tempo sono assedio, sono sempre più drammatiche e dimostrano come gli attacchi aerei e dell’artiglieria colpiscano zone altamente abitate con un grave costo in termini di vite umane.

L’offensiva su Idlib rischia di far saltare i colloqui di pace tra il governo siriano e le principali sigle contrarie all'uomo forte di Damasco. La fine del conflitto passerebbe, secondo le intenzioni di Assad, per la via militare, nonostante tutti i gli sforzi internazionali per arrivare ad una soluzione politica.  A fine gennaio è previsto un incontro a Sochi ma le opposizioni hanno già fatto sapere che “scegliendo l'opzione militare, il regime siriano con il sostegno di Mosca e Teheran ha riportato il processo di pace al punto di partenza”. “Sarebbe inutile parlare di pace in un’atmosfera del genere”, ha dichiarato Yahya al Aridi, un importante membro dell’opposizione. E anche la Turchia ha criticato l’operazione militare. Il ministro degli esteri turco, Mevlüt Çavuşoğlu, ha chiesto alla Russia e all'Iran di fermare l'avanzata dell'esercito siriano. Ankara ha convocato inoltre gli ambasciatori russo e iraniano per esprimere il proprio disappunto. Con il processo di pace in panne e milioni di civili che continuano a soffrire, la battaglia per Idlib sarà un nuovo capitolo di una guerra entrata ormai nel suo settimo anno e la cui fine non appare imminente.

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