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La Cina ci ripensa: stop al figlio unico e ai campi di lavoro

Dopo oltre trent’anni anni la Cina si avvia a eliminare la ‘politica del Figlio Unico’: economicamente non conviene più. Ma non è l’unica novità sul fronte dei diritti umani, decisa dal Partito Comunista Cinese.
A cura di Biagio Chiariello
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Abolizione del sistema di rieducazione attraverso il lavoro (Laojiao), più flessibilità con la politica del figlio unico e riduzione graduale dei crimini soggetti alla pena di morte. E' svolta in Cina sul fronte dei diritti umani. L'annuncio arriva direttamente dalla leadership comunista, le novità sono contenute in un report diffuso dall’agenzia di stampa di Stato Xinhua a pochi giorni dalla chiusura del terzo plenum del Comitato Centrale del Partito ‘rosso' cinese che, in linea con le aspettative, ha confermato quest'anno la sua ventata di rivoluzione. Sotto la guida di Xi Jinping, infatti, la Cina comincerà presto a confrontarsi con tutta una serie di cambiamenti senza precedenti fortemente richiesti dalla comunità internazionale. Tra le altre cose, ad esempio, si faciliteranno gli investimenti stranieri in settori come l’e-commerce e si accoglierà la creazione di banche di proprietà privata.

Di certo, però, la novità più importante sembra essere l'addio alle forme di controllo delle nascite, in vigore da decenni. In realtà, a quanto si apprende, la politica del figlio unico non verrà completamente abbandonata ma verrà corretta per promuovere "uno sviluppo equilibrato a lungo termine della popolazione in Cina". In pratica i genitori cinesi potranno avere un secondo figlio, a patto che uno di loro sia figlio unico. Oltre quindi a sapere cosa si prova ad avere un fratello o una sorella, molte donne non saranno più obbligate a sottoporsi all'esperienza orribile di un aborto. La politica del figlio unico era stata adottata alla fine degli anni Settanta con l'obiettivo di frenare la crescita della popolazione più numerosa del mondo.

Ma non sarà questo l'unico cambiamento. Secondo l’agenzia Nuova Cina, ci sarà anche una riduzione graduale dei crimini soggetti alla pena capitali. In tal senso qualcosa era già stato fatto nel 2007, quando il governo di Pechino stabilì che tutte le condanna a morte avrebbero dovuto essere validate dalla corte suprema. Un provvedimento che portò subito al dimezzamento delle esecuzioni capitali. La riforma del sistema giudiziario dovrebbe portare anche ad un miglioramento delle leggi che regolano il regime. In ultimo, si legge un impegno a tutelare e migliorare il sistema di difesa legale dei cittadini: "Gli avvocati giocheranno un ruolo importante nella protezione dei diritti legali e degli interessi dei privati cittadini e delle società nel rispetto della legge". E non da meno sarà l'addio ai campi di lavoro forzato, altrimenti definiti “rieducazione tramite il lavoro”, introdotti per punire chi critica il partito comunista, ma adoperati soprattutto punire chi si oppone alle autorità su questioni che comprendono i diritti al terreno e la corruzione.

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