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Investimenti esteri della Libia: di chi sono adesso?

La Libyan Investment Authority aveva la “mission” di diversificare la dipendenza del reddito libico da petrolio e gas. Ora, dopo Gheddafi, ci si chiede chi beneficerà di quel tesoro diffuso in tutto il mondo.
A cura di Danilo Massa
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Se il presente parla ancora il linguaggio della guerra – con spari e bombardamenti nelle strade di Tripoli – da più parti ci si chiede quale sarà il futuro dello stato libico. Al centro dell’interrogativo, non solo gli equilibri e l'avvenire politico del paese, ma anche il destino economico di uno dei più importanti partner commerciali dell’Italia, fino a 5 mesi fa.

LIA. Poco dopo l'intervento della Nato, i paesi occidentali hanno disposto il congelamento del patrimonio libico. Si tratta di ingenti investimenti volti a diversificare le entrate della Libia rispetto alla dipendenza dagli idrocarburi. A tale proposito, nel 2006 il governo nordafricano aveva fondato la Libyan Investment Authority (LIA), che iniziò ad investire ingenti capitali nel settore terziario.

DI CHI SONO? Benché gli investimenti in questione non rientrassero nel tesoro personale del Colonnello, ma fossero di proprietà di un'agenzia statale (appunto la LIA), diversi alleati della Nato – tra cui Usa, Italia e Francia – circa un mese fa hanno deciso di scongelare parzialmente i tesori libici in favore dei ribelli del Comitato di transizione (Cnt). Ciò implica che:

1. Il patrimonio estero della Libia è stato sottratto ad uno stato sovrano e consegnato ai ribelli,
2. gli stati della Nato potrebbero finanziare il Cnt, ricevendo come garanzia di pagamento i tesori della LIA.

Ad aprile Sarkozy aveva anticipato: "Se i fondi restano congelati, il Cnt si troverà a corto di risorse. È in atto una discussione con i nostri partner europei per vedere quello che si può fare". A giugno, invece, il ministro Frattini chiariva la posizione dell'Italia: "Si possano considerare gli assets congelati come una garanzia, quindi non scongelarli ma consentire dei prestiti per anticipare generi umanitari".

A luglio, una fonte Usa aveva riconosciuto che "Continuano le consultazioni con la Cnt e i partner internazionali per stabilire il modo più efficace e appropriato per garantire assistenza finanziaria al Cnt".

Esclusi gli investimenti delle società libiche, restano le ingenti somme personali della famiglia Gheddafi e del suo entourage, di cui la maggior parte sarebbe stata versata nelle casse di banche svizzere. Nonostante la crisi del 2008 con lo stato elvetico, si stima che il Rais vi abbia conservato ancora 477.7 milioni di euro, congelati all'inizio della guerra civile. Questi capitali, in quanto redditi personali, dovrebbero rispondere a logiche diverse rispetto a quelle che regolano investimenti statali. In quanto tali, il congelamento resterebbe attivo fino ad un eventuale processo. Tuttavia, è probabile che il Cnt rivendichi i capitali personali del Colonello, così come fatto dai nuovi governi egiziano e tunisino rispetto ai patrimoni di Moubarak e Ben Ali.

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INVESTIMENTI ESTERI DELLA LIBIA. Vediamo adesso di quali tesori potranno beneficiare i ribelli del Cnt nell'ambito degli investimenti europei. In Italia LIA, LAFICO e Banca nazionale libica hanno investito nel settore bancario, nel calcio, nella meccanica, nelle telecomunicazioni e nella moda. Nel dettaglio, il 7,1% del capitale di Unicredit, il 2% della Fiat e il 2% di Finmeccanica fanno capo a società libiche. La Libia è presente nel tessile italiano con il 33% del Olcese manifatture. Nel calcio troviamo investimenti nel 33% della Triestina e nel 7,5% della Juventus. Nelle telecomunicazioni la LIA ha investito in Retelit, acquistando il 14,8% delle azioni societarie. Dall'immagine di seguito è possibile avere una visione d'insieme sul patrimonio estero della Libia.

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