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Il Tour de France di Nibali e i “francesi che si incazzano”

Alcuni commentatori francesi sostengono che il valore della vittoria di Nibali sarebbe dimezzata dall’assenza di Contador e Froome: vi spieghiamo perché non è così.
A cura di Davide Falcioni
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Dicono alcuni commentatori francesi che il valore del Tour de France di Vincenzo Nibali è stato dimezzato dall'assenza di avversari veramente all'altezza. Si sa come sono andate le cose: Chris Froome, lo striminzito keniano bianco vincitore della Grande Boucle del 2013, è stato messo fuori gioco da una serie infinita di cadute e alla fine è stato costretto al ritiro per una frattura del polso. L'altro grande avversario, Alberto Contador, ha fatto la stessa fine qualche giorno dopo: scivolato, ha riportato la frattura della tibia ed è stato costretto a tornare a casa. E' un dato di fatto che i due ritiri hanno abbassato il livello tecnico della corsa, ma a nostra opinione né l'algido keniano della Sky né lo spagnolo avrebbero potuto fare granché contro il siciliano. Dimenticano, i francesi, che i due erano ancora in corsa quando Vincenzo li ha messi alle corde, già nella seconda tappa del Tour, su un arrivo per velocisti. E dimenticano i nostri cugini – che non producono un campione vero dai tempi di Hinault – che nella tappa con il pavè della Parigi-Roubaix l'italiano ha rifilato due minuti e mezzo a Contador, mentre l'altro quel giorno è salito in ammiraglia in lacrime.

Nel ciclismo il confine tra fortuna e bravura è sottilissimo. Prendiamo Contador: è caduto mentre stava mangiando un panino su una strada tormentata dalle buche e sotto un diluvio. E' caduto per sfortuna o per scarsa attenzione? Se un pilota di Formula Uno affronta una curva stretta del circuito di Montecarlo a 300 all'ora, schiantandosi contro il muretto, è stato sfortunato o incapace? Così è per il ciclismo. Nibali non è cauto perché guida la bici come un funambolo, ma sa quando prendere rischi e quando è meglio essere prudenti. Questo discorso forse può non valere per Contador. Idem per Froome, in poche tappe caduto e rialzatosi decine di volte. Colpa della pioggia? Ma la pioggia c'era per tutti, Nibali compreso. I francesi dovrebbero sapere che il ciclismo non è solo uno sport di muscoli. Una bici di 7 chili devi saperla guidare in tutte le condizioni e soprattutto non puoi rischiare di perdere un Tour de France per mangiare un panino.

Non solo: forse per creare un po' di rumore pochi giorni fa durante una conferenza stampa un giornalista ha chiesto a Nibali se non si sentisse in imbarazzo a correre per la squadra di un ex campione – Vinokourov – squalificato per doping. Non contento, ha anche chiesto a Nibali se conoscesse il dottor Michele Ferrari. Si tratta di uno dei tanti "stregoni" del doping che hanno segnato una generazione di sportivi (non solo ciclisti, anzi). per capirci, comunque, diciamo che Ferrari è stato il medico di Lance Armstrong. Nibali ha ribadito di non aver mai avuto alcun rapporto con il dottore, ma noi aggiungiamo che qualche anno fa il siciliano querelò chi accostò il suo nome a quello del discusso medico: si trattava del direttore sportivo di una piccola formazione ciclistica e di un giornalista di Repubblica: "Queste due persone sostenevano che io avessi al mio fianco come preparatore Ferrari, quando io invece non l'ho mai né incontrato né tantomeno conosciuto. Sostenevano addirittura di essere in possesso di materiale fotografico che documentavano quanto andavano in giro dicendo o scrivendo: così presi posizione e decisi di querelarli entrambi. Sapete come è andata a finire? Che mi hanno chiesto entrambi, dopo avermi scritto una lettera di scuse, di ritirare la querela".

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