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Il caffè al cianuro di Michele Sindona

Dall’anonimato della provincia di Messina, agli uffici della Milano che governava i piani criminali della finanza internazionale: ascesa e declino di Michele Sindona, venuto dal nulla per cambiare la storia d’Italia. E morire misteriosamente con un caffè al cianuro, in un carcere di massima sicurezza.
A cura di Angela Marino
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Carcere di Voghera, 20 marzo 1986. Sono le 8 del mattino, una guardia si fa largo in mezzo a un drappello di agenti, per portare la colazione a un detenuto speciale. Protetto da porte blindate, serrature, lucchetti e guardato dall'occhio di una manciata di telecamere, c'è lui, l'ex fenomeno del mondo della finanza internazionale, Michele Sindona, 66 anni, tessera n. 0501 della Loggia P2. Ogni giorno l'ex mago della finanza dell'entroterra messinese fa colazione con una tazza di caffè lungo, un tè e un goccio di latte, poi si dà alle attività della giornata, la lettura della Bibbia e degli atti processuali. Quel giorno, il secondo dopo la sua condanna per aver commissionato l'omicidio dell'avvocato Giorgio Ambrosoli, come ogni giorno, Sindona si prepara il caffè con le sue mani, rovesciando la bustina di zucchero nel bicchiere dove il caffè è stato versato da un termos. Tutto è supercontrollato.

Il caffè al cianuro

Sindona prende il bicchierino e lo porta con sé in bagno, dove rimane per qualche secondo, in silenzio. Poi la porta si riapre e quell'uomo magro e canuto ne esce barcollando: "Mi hanno avvelenato!" dice lasciandosi cadere sul letto. Due giorni dopo muore in sala di rianimazione, il referto non lascia dubbi: avvelenamento da cianuro di potassio, una sostanza dall'odore acuto e denso che, secondo gli esperti, non può essere ingerita in quelle dosi inavvertitamente. Sindona – l'uomo che in America aveva inscenato il proprio sequestro, arrivando al punto di farsi sparare in una gamba sotto anestesia, assistito dal fedele medico Joseph Miceli Crimi – era senz'altro in capace di simulare un attentato alla propria vita per essere trasferito in America, da dove era stato estradato in Italia e dove sarebbe tornato, qualora vi fossero state minacce alla sua incolumità. Appunto. Quel caffè al cianuro, però, lo aveva ucciso, quindi qualcosa nel piano non aveva funzionato. Forse chi aveva introdotto il veleno nel carcere aveva sbagliato di proposito la dose per eliminare Michele Sindona. Dunque, chi doveva aiutare il faccendiere siciliano lo aveva tradito, ma perché? O meglio, per conto di chi?

Dalla Sicilia a Milano

“ «Era di quelli che in Sicilia si chiamano masticaferro, che denunciano, nel pallore del volto, ambizione e determinazione». ”
Vincenzo Consolo
La risposta alla domanda va cercata nell'ascesa e nel declino di quell'impero miliardario che un giovane contabile siciliano aveva tirato su dal niente e che altrettanto facilmente aveva affossato. Da Patti (Messina) il giovane Sindona si trasferisce trentenne a Milano, dove apre il primo studio di consulenza fiscale, ‘specializzandosi' nell'esportazione di capitali. Nel '61 compra il suo primo istituto di credito, la Banca Privata Finanziaria e, nel frattempo, cura gli interessi di personaggi legati ai boss di Cosa Nostra americana, tra cui John Gambino e Vito Genovese – referenti dei siciliani Stefano Bontate e Salvatore Inzerillo – tanto che già nel 1967 gli americani cominciano a indagare sulle sue attività con l'ipotesi di riciclaggio dei soldi del traffico di droga, ma senza esito.

Propaganda Due

Tra i clienti del giovane commercialista Sindona ci sono politici, finanzieri, alti gradi militari che esportarono centinaia di milioni all’estero. Illegalmente. Al sistema Sindona ricorre anche il banchiere Roberto Calvi, presidente del Banco Ambrosiano di Milano che Sindona aiuta ad aprire una serie di società, introducendolo nel mondo della finanza milanese. È lui a presentargli Licio Gelli, maestro della loggia segreta Propaganda 2 e il vescovo americano Paul Marcinkus, alla guida dello IOR, che presto diventa il principale azionista dell'Ambrosiano. Anche il Vaticano, infatti, ha necessita di mobilitare i propri capitali. La Chiesa, dice Marcinkus ‘non si regge su un'Avemaria'.

Il crack

Nel 1972 Sindona prende il controllo di una delle maggiori banche americane, la Franklin National Bank di Long Island, con il beneplacito di Giulio Andreotti che lo definisce ‘il salvatore della lira‘. Il faccendiere italiano diventa il beniamino della DC, della Chiesa e del governo americano, ma la credibilità come ‘genio della finanza' dura poco. Due anni dopo, con una perdita del 98%, la Frankin dichiara bancarotta. Con una specie di effetto domino il fallimento investe anche la Banca privata italiana, dove viene nominato commissario liquidatore l'avvocato Giorgio Ambrosoli. Il declino è iniziato.

L'avvocato Ambrosoli

Ambrosoli, avvicinato più volte dagli emissari di Sindona perché chiudesse un occhio sugli illeciti del finanziere nella gestione della banca, non ne vuole sapere. L'avvocato non cede alle pressioni e così, il 12 luglio del 1979, 24 ore prima che firmasse un rapporto sullo stato della Banca Privata, viene ucciso da un sicario prezzolato da Sindona. Lui, nel frattempo, è in America, dove, indagato dalle autorità americane per frode, spergiuro e appropriazione indebita, inscena il proprio sequestro. Il finto rapimento, messo in atto con l'aiuto dei Gambino, doveva servire a fare pressione sui sui referenti politici perché lo salvassero dal fallimento delle banche e dai guai giudiziari.

L'ultimo ricatto

Le pressioni sono dirette a Licio Gelli, deus ex machina dell'impero sindoniano e intermediario con i potenti investitori del finanziere. In cambio del salvataggio Sindona gli offre la ‘Lista dei cinquecento‘, ovvero l'elenco completo dei clienti che in quegli anni si erano avvalsi dei sistemi fraudolenti per esportare denaro all'estero, ma il ricatto non funziona. Nel 1980 Sindona viene arrestato in America e incarcerato fino a quando l'Italia non chiederà l'estradizione con l'accusa di omicidio. Nel 1984 gli Stati Uniti concederanno l'estradizione per il processo Ambrosoli. Due anni dopo l'ex mago delle banche viene condannato all'ergastolo, esattamente due giorni prima bere quel caffè al cianuro.

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