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“Ho ucciso 18 persone”, la confessione choc di Alì, un 17enne con lo sguardo morto

Ali Mustafa, un adolescente nigeriano rapito tre anni fa dal gruppo terrorista Boko Haram, è stato costretto ad uccidere in nome della causa jihadista. Per lui l’incubo di ammazzare innocenti è finito ma sono ancora centinaia i ragazzi in mano agli estremisti islamici.
A cura di Mirko Bellis
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Ali Mustafa nel momento del suo arresto a Maiduguri, Nigeria
Ali Mustafa nel momento del suo arresto a Maiduguri, Nigeria

Ali Mustafa è un adolescente, ha sono diciassette anni, però nella sua giovane vita ha già ucciso diciotto persone. E’ stato arrestato martedì dalle forze di sicurezza a Maiduguri, la capitale dello Stato del Borno, nel nord est della Nigeria. Il ragazzo ha confessato di essere stato rapito nel suo villaggio dal gruppo terrorista Boko Haram, l’organizzazione jihadista attiva nella regione e affiliata dal 2015 all'Isis. Come tanti altri giovani della sua età, si è trovato con un fucile in mano in balia degli estremisti islamici africani che in questi anni hanno dato prova di una crudeltà pari a quella dei miliziani del Califfato in Siria o Iraq.

Ali ha lo sguardo spento, quasi morto, e l’aspetto trasandato, non sa ancora cosa lo attende, però almeno l’incubo di uccidere degli innocenti per lui è finito. Quando aveva solo quattordici anni, i terroristi di Boko Haram hanno attaccato il suo villaggio vicino a Monguno – una città nigeriana al confine con Ciad e Camerun – e, come già in passato, hanno sequestrato Ali assieme a molti altri adolescenti per convertirli in strumenti di morte al servizio della causa jihadista. “Ci hanno presi con la forza – ha detto il ragazzo – e ci hanno tenuti prigionieri in un campo di addestramento nella foresta dove ci hanno insegnato l’uso delle armi”.  “Sono diventato molto abile con il kalashnikov”, ha ammesso. Ma la sua “istruzione” comprendeva anche i lanciagranate RPG e le mitragliatrici. E’ proprio con il temibile fucile d’assalto di fabbricazione russa che Ali ha compiuto i suoi omicidi. Il peso di assassinare degli innocenti però era troppo grande: “Non volevo più uccidere nessuno”, ha dichiarato alla polizia che l’ha arrestato.

I carcerieri di Boko Haram gli avevano affidato, assieme ad altri due ragazzi, una missione di spionaggio a Maiduguri, già teatro in passato di numerosi attentati dell’organizzazione terrorista. Ma una volta raggiunta la città, Ali ha preferito disobbedire agli ordini. “Ho detto ai miei due compagni che dovevamo scappare – ha proseguito il suo racconto – e così ho iniziato a correre per cercare di raggiungere i miei genitori che vivono in campo di rifugiati vicino a Maiduguri”. Nella sua disperata fuga però è stato individuato dagli stessi profughi costretti a fuggire alla violenza jihadista: “Mi hanno riconosciuto come un membro di Boko Haram e mi hanno denunciato alle forze di sicurezza”, ha raccontato. L’adolescente ha poi dichiarato che nelle mani del gruppo terrorista ci sarebbero centinaia di ragazzi come lui costretti ad uccidere in nome della jihad. Circostanza confermata anche dalle Nazioni Unite. Secondo l’ultimo rapporto dell'Unicef, solo nel 2016 circa duemila minori sono stati reclutati con la forza da Boko Haram in Nigeria e nei Paesi limitrofi.

I terroristi di Boko Haram utilizzano questi ragazzi – in alcuni casi poco più che bambini – per le missioni suicide. Il 15 marzo scorso, quattro adolescenti si sono fatte esplodere in una zona residenziale di Maiduguri, uccidendo due persone e ferendone altre sedici. Le kamikaze – secondo quanto riportato dalle forze di sicurezza – bussavano alla porta delle abitazioni e, quando gli ignari cittadini aprivano, azionavano il loro congegno per saltare in aria. Negli ultimi sette anni sono morte ventimila persone per mano di questa organizzazione terrorista; due milioni invece i profughi costretti a fuggire di fronte al folle progetto jihadista di creare uno Stato islamico nel nord-est della nazione più popolosa dell'Africa.

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