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Gli F35 non ci sono nel contratto di governo, ma l’Italia ne ha ordinati altri 8

Lo scorso 25 aprile l’Italia ha ordinato altri 8 cacciabombardieri. Ma il M5S, nella prima versione del programma, votata sulla piattaforma Rousseau, aveva annunciato tagli al programma per gli F35. Tagli che sono poi scomparsi nella versione definitiva del documento e nel contratto di governo siglato con la Lega. Come si muoverà adesso la neoeletta ministra della Difesa?
A cura di Annalisa Cangemi
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Si torna a parlare di F35. Che i tagli al programma per l'acquisto dei cacciabombardieri fossero spariti dai piani del Movimento Cinque Stelle è storia nota. Alessandro Di Battista la scorsa estate definiva quello degli F35 un programma "fallimentare", specificando che "chi ci ha fatto entrare in questo programma dovrebbe essere preso a calci in culo". Ma se confrontiamo gli annunci iniziali con l'ultima versione del contratto di governo siglato con la Lega, sembra che il M5S abbia imposto, se non proprio un'inversione a ‘u', quantomeno una progressiva frenata ai buoni propositi.

Oggi l'Osservatorio sulle spese militari italiane Milex ha ricordato che lo scorso 25 aprile il Pentagono e Lockheed Martin hanno firmato ancora un contratto per un ordine di 8 aerei da parte dell'Italia, con un acconto versato di 10 milioni di dollari. Complessivamente il pacchetto dovrebbe costare 730 milioni, secondo le previsioni della casa produttrice, ma la spesa potrebbe salire fino a 1,3 miliardi dollari. L'ordine è un lascito del precedente governo, e risponde a una pianificazione di cui di certo non è responsabile l'esecutivo guidato da Conte, insediatosi da pochi giorni. Si vedrà però, nei prossimi mesi, come si muoverà la neoeletta ministra della Difesa Elisabetta Trenta. Per questo si dovrà attendere il nuovo Documento Programmatico Pluriennale, attraverso cui il ministero stabilirà gli stanziamenti per i prossimi anni, ed eventualmente confermerà le erogazioni precedenti, oppure le rivedrà al ribasso. L'ultimo DPP era stato redatto dalla ministra Pinotti, e prevedeva un esborso di 727 milioni per il 2018, 747 milioni per il 2019 e 2.217 milioni tra il 2020 e il 2022. Finora di F35 ne sono stati consegnati 10, 9 all'Aeronautica e uno alla Marina, per una spesa di 150 milioni di euro per ogni velivolo. "Se l'acquisizione verrà portata a termine – spiega l'Osservatorio – gli otto nuovi esemplari di JSF andranno a sommarsi ai tre velivoli del Lotto 12 ordinati un anno fa portando il totale degli F-35 finora acquistati dall'Italia ad almeno 26 macchine".

Quando gli elettori hanno votato il documento originario sulla piattaforma Rousseau, nella parte relativa alla Difesa, c'era un esplicito riferimento agli aerei della Lockheed Martin. Su un volantino del M5S, circolato in campagna elettorale, uno dei quattro punti, intitolato "Stop agli F35, e alle spese per gli armamenti", recitava: "L'Italia spende oggi per la difesa 23 miliardi di euro l'anno, cioè 64 milioni al giorno, di cui oltre 5 miliardi l'anno in armamenti. Una spesa militare ingente nella media dei Paesi Nato (Stati Uniti esclusi), e in costante aumento, +21% nelle ultime 3 legislature. Spendiamo quindi molto ma spediamo male". Questa era la denuncia del Movimento, che prevedeva di investire di più in cyberdifesa, sottolineando che per la sicurezza e contro gli attentati terroristici, a poco o nulla servono carri armati, navi da guerra e bombardieri, e spiegando che sarebbe invece più utile investire in intelligence sul territorio e online. Ma il nuovo programma, reperibile online, è stato ritoccato prima delle elezioni del 4 marzo. Alla voce "Nuovi strumenti per un nuovo modello di difesa", si legge genericamente: "L’idea centrale dunque è la possibilità di spostare buona parte degli investimenti pubblici, oggi impiegati nei programmi d’armamento tradizionali, verso lo sviluppo e la ricerca di strumenti più attuali come la cyber security e l’intelligence".

Poco meno due anni fa, eravamo a fine 2016, era il deputato Manlio Di Stefano a esplicitare ancora più chiaramente la posizione del M5S: "Si chiudano subito i contratti per gli F-35 in essere e si provveda ad individuare una exit strategy che accompagni il nostro Paese ad abbandonare definitivamente il piano di sviluppo del programma". E potremmo proseguire. È evidente che in un'alleanza di governo con un'altra forza politica come la Lega, un partito non possa portare avanti le sue idee senza mediare. E ne è la prova la versione finale del contratto, in cui, alla voce "Difesa", troviamo solo un blando riferimento: "Ci impegniamo, infine, a razionalizzare lo spreco di risorse nelle spese militari anche con riferimento alla riforma del patrimonio immobiliare dismesso". 

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