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Il ministro Danilo Toninelli azzera i vertici di Ferrovie dello Stato

Il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli annuncia: “Ho appena firmato la decadenza dell’intero Cda di Ferrovie dello Stato”. Il rinnovo per un altro triennio era arrivato a fine 2017 dal governo Gentiloni. L’Ad Renato Mazzoncini era stato rinviato a giudizio per truffa e lo statuto Fs prevedeva la sua decadenza.
A cura di Giorgio Tabani
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"Ho appena firmato la decadenza dell'intero Cda di Fs per chiudere con il passato". Ad annunciarlo su Facebook è il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli. Secondo il ministro ora l'attenzione dovrà spostarsi sul servizio offerto ai viaggiatori dei treni: "Siamo il governo del cambiamento e pensiamo che non esista attività industriale, soprattutto se prodotta al servizio dei cittadini, che non abbia un risvolto etico. Ora la barra si sposta sui treni regionali e sui pendolari in termini di sicurezza e di qualità dei loro spostamenti. E in tutto questo la ‘cura del ferro' ha un ruolo fondamentale".

Toninelli e il collega ministro dell'Economia e delle Finanze Giovanni Tria hanno agito – come dichiarano nella lettera indirizzata ai membri del Consiglio di amministrazione di Ferrovie dello Stato – ai sensi dell’articolo 6 della Legge 15 luglio 2002, n. 145, la cosiddetta legge Frattini sullo "spoil system":

Le nomine degli organi di vertice e dei componenti dei consigli di amministrazione o degli organi equiparati degli enti pubblici, delle società controllate o partecipate dallo Stato, delle agenzie o di altri organismi comunque denominati, conferite dal Governo o dai Ministri nei sei mesi antecedenti la scadenza naturale della legislatura, computata con decorrenza dalla data della prima riunione delle Camere, o nel mese antecedente lo scioglimento anticipato di entrambe le Camere, possono essere confermate, revocate, modificate o rinnovate entro sei mesi dal voto sulla fiducia al Governo. Decorso tale termine gli incarichi per i quali non si sia provveduto si intendono confermati fino alla loro naturale scadenza. Le stesse disposizioni si applicano ai rappresentanti del Governo e dei Ministri in ogni organismo e a qualsiasi livello, nonché ai componenti di comitati, commissioni e organismi ministeriali e interministeriali, nominati dal Governo o dai Ministri.

Il Cda della società infatti, compreso l'amministratore delegato Renato Mazzoncini, sarebbe scaduto nella primavera del 2018 ma era stato rinnovato a fine 2017 dal governo Gentiloni per un altro triennio, quando le Camere erano già state sciolte. I due ministri richiedono quindi la "convocazione d’urgenza dell’assemblea dei soci per il rinnovo dell’Organo di Amministrazione ovvero di assicurare i presupposti per lo svolgimento di un’assemblea in forma totalitaria da tenersi entro il 31 luglio prossimo".

Toninelli aveva dichiarato in precedenza: "Ci dispiace che il Cda si sia arroccato non applicando l'automatica decadenza prevista dallo statuto". Mazzoncini, infatti, era stato rinviato a giudizio per truffa con l'accusa di aver truccato i dati dell’Osservatorio trasporto pubblico locale del Ministero dei trasporti in modo da ottenere contributi per quasi sei milioni di euro dalla Regione Umbria. All’epoca Mazzoncini era a capo di Busitalia, la società di Fs che si occupa di trasporto pubblico locale nel centro-nord. Lo statuto del gruppo Fs prevede che, se un amministratore in carica viene rinviato a giudizio, questo deve “darne immediata comunicazione" al Cda, che entro dieci giorni effettua una verifica:

Nel caso in cui la verifica sia positiva, l’amministratore decade dalla carica per giusta causa, senza diritto al risarcimento danni, salvo che il consiglio di amministrazione, entro il termine di dieci giorni di cui sopra, proceda alla convocazione dell’assemblea, da tenersi entro i successivi sessanta giorni, al fine di sottoporre a quest’ultima la proposta di permanenza in carica dell’amministratore medesimo, motivando tale proposta sulla base di un preminente interesse della società alla permanenza della stessa.

La fusione tra Ferrovie dello Stato e Anas non si farà. Dopo averla definita nei giorni scorsi "certamente sbagliata perché è stata fatta senza capire perché", il ministro oggi ha dichiarato: "Penso che la decisione sia presa, ci manca ancora qualche dato scientifico, qualche studio dai tecnici, ma non c'è alcun motivo per tenerle insieme". Sulla questione è intervenuto anche l'amministratore delegato di Anas, Vittorio Armani: "Il governo è proprietario di Anas attraverso Ferrovie. Quindi come azionista può decidere quello che ritiene più giusto: ovviamente, per fare queste operazioni bisogna pensare in modo da non distruggere valore". Il decreto che aveva sancito l'unione delle due aziende era stato siglato, dopo molte incertezze, il 23 dicembre 2017 dagli allora ministri del Tesoro e dei Trasporti, Pier Carlo Padoan e Graziano Delrio. Ma la disastrata situazione patrimoniale di Anas aveva complicato la situazione. Comunque per lo stop definitivo servirà una legge.

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