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Uccide la figlia annegandola in un fiume poi tenta di suicidarsi prendendo a testate il muro del carcere

Brandi Elliott, 33 anni, ha commesso gli atti di autolesionismo nella cella in cui è detenuta con l’accusa di aver ucciso la figlia di 7 anni annegandola in un fiume.
A cura di Davide Falcioni
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Una donna di Nashville accusata di aver annegato la figlia di sette anni "perché voleva essere lasciata in pace" ha ripetutamente tentato suicidarsi in prigione. Brandi Elliott, 33 anni, è attualmente detenuta nella prigione della contea di Sumner senza cauzione in attesa di rispondere  delle accuse di omicidio di primo grado  per aver presumibilmente annegato sua figlia Piper nel Drakes Creek di Hendersonville il mese scorso.

Devastata dai sensi di colpa, la donna domenica scorsa ha tentato di togliersi la vita prendendo ripetutamente a testate il muro della sua cella. Il giorno dopo, invece, si è lasciata cadere di testa dalla sua branda così tante volte da procurarsi grandi ematomi. Fortunatamente, comunque, non è riuscita nel suo intento di farla finita e il sospetto è che gli atti di autolesionismo siano stati condotti nella speranza di essere giudicata incapace di intendere e volere, quindi non idonea alla detenzione in carcere.

La donna, che non ha precedenti penali, nel corso delle indagini ha riferito di aver sofferto in passato di depressione post partum. Lo scorso 13 luglio avrebbe portato la figlia in un fiume per poi immergerle la testa sott'acqua fino a farla annegare. Folle il movente del suo gesto; Elliott avrebbe detto agli agenti che l'hanno arrestata che stava avendo una brutta giornata e che la bambina non le avrebbe lasciato "un po' di tempo da sola". Per questa ragione, "per essere lasciata in pace", ne ha provocato il decesso per annegamento.

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