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Covid 19

Scuole chiuse per frenare il Covid, studio tedesco rivela: “Con riapertura i casi sono diminuiti”

Mentre in Italia continuano le discussioni sulla chiusura delle scuole come misura di contrasto al Coronavirus, uno studio condotto in Germania dall’istitute of Labor Economics (IZA), e pubblicato qualche giorno fa, mostra come gli istituti scolastici non possano definirsi un focolaio del virus. Anzi, ha dimostrato come la loro riapertura abbia avuto, in realtà, un effetto contrario alla diffusione dell’infezione.
A cura di Ida Artiaco
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Mentre in Italia continua il dibattito sulla chiusura delle scuole come misura per contenere la diffusione del Coronavirus, dopo la decisione del governatore della Campania, Vincenzo De Luca, di sospendere le lezioni per due settimane, con l'unica eccezione dei nidi e della materna, dopo l'impennata di nuovi casi, uno studio condotto in Germania dall’istitute of Labor Economics (IZA), e pubblicato qualche giorno fa, mostra come proprio gli istituti scolastici non possano definirsi un focolaio del virus. Anzi, l'analisi ha dimostrato come la loro riapertura abbia avuto, in realtà, un effetto contrario alla diffusione dell'infezione. Il gruppo di ricercatori ha preso in considerazione l’andamento dei contagi nei 401 distretti tedeschi prima e dopo la pausa estiva.

Lo studio tedesco: impatto quasi nullo della riapertura delle scuole in Germania

Come si legge nel report, dal 3 agosto al 14 settembre i ricercatori "non hanno osservato alcuna evidenza di un effetto diretto sull’aumento dei casi rispetto alla riapertura delle scuole". Anzi, secondo quanto analizzato dagli esperti, la curva dei contagi pare addirittura essere rallentata. L’indice di media su 100mila abitanti ha mostrato 0,55 casi in meno al giorno. Lo studio si è concentrato in particolare sulla fascia d’età fino ai 34 anni, mentre per gli over 60 il tasso di infezione è rimasto inalterato. Numeri dunque bassi da ricondurre sia al fatto che al momento del ritorno tra i banchi il tasso di infezione era basso, oltre al fatto che le condizioni meteorologiche erano favorevoli per attività all’aperto e la ventilazione delle aule, insieme alle temperature più calde, ma anche alle rigide misure igieniche applicate dagli istituti. L’uso obbligatorio delle mascherine, le lezioni tenute in piccoli gruppi, i test rapidi e la quarantena immediata della classe nel caso in cui uno studente o un insegnante fosse risultato positivo, tutto ciò ha permesso di avere tassi di crescita inferiori.

Cosa succede in Italia

Ovviamente, ciascun istituto deve essere messo in condizione di garantire la didattica in sicurezza e del sistema sanitario di garantire testing, contact tracing e trattamento dei pazienti in isolamento. Ma l'esempio tedesco ha mostrato come, in presenza di questi elementi, la riapertura delle scuole potrebbe addirittura aver aiutato a contenere l'epidemia di Coronavirus. E in Italia? Nel nuovo Dpcm del 18 ottobre sono state varate misure di contenimento soprattutto per le superiori, con didattica a distanza integrata e ingressi a partire dalle 9, ma tutte le scuole restano aperte. Secondo i dati riferiti dalla ministra dell'Istruzione Lucia Azzolina, fino al 10 ottobre, risultavano contagiati 5.793 studenti, ossia lo 0,08 per cento del totale, mentre tra il personale docente e non docente si registravano, rispettivamente, 1020 e 283 casi (0,13 e 0,14 per cento del totale). Ma le differenze ci sono col modello tedesco. Come riporta Lavoce.info, se si considerano le prime tre settimane di riapertura delle scuole, anche in Italia il loro impatto sull'epidemia sarebbe nullo, cosa che invece cambia se si considera il periodo successivo, dal momento che negli ultimi 7 giorni le regioni che hanno inaugurato l'anno scolastico il 14 settembre hanno registrato in media 8,1 casi per 100 mila abitanti, perciò l’aumento nei casi in questi territori è pari a circa il 71 per cento di questo valore. Ma mancano dati precisi.

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