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Riscaldamento globale: rallenta lo scioglimento dell’Artico, ma l’allerta rimane alta

Il satellita Esa CryoSat registra timidi segnali di miglioramento per il continente bianco. Gli scienziati: notizie incoraggianti, ma servono più dati per capire la salute del pack.
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Il fenomeno dello scioglimento dell'Artico continua a preoccupare la comunità scientifica, ma rispetto al recente passato il fenomeno ha subito un piccolo quanto significativo rallentamento. Questo, in estrema sintesi, è quanto emerge dall'ultimo rilevamento del satellite CryoSatlanciato nel 2010 dall'Esa – l'Agenzia Spaziale Europea –, per studiare il continente di ghiaccio, le sue trasformazioni e il suo stato.

Il satellite

Il satellite, che utilizza il Sar (ovvero il Radar altimetrico a interferometria Siral, supportato dagli strumenti Doris – sistema satellitare francese e il Lrr) e che vola ad un'altitudine di circa 717 chilometri ad un'inclinazione di 92° nell'orbita terrestre bassa, ha monitorato lo spessore della banchisa rivelando che nel corso dell'ultimo anno – i dati comparano la situazione di questo ottobre con il precedente –, il volume del pack è diminuito di poco: passando dai 10.900 chilometri cubici del 2013 a 10.200 di quest'anno e, in termini di ghiaccio, dagli 8.800 dell'anno scorso agli 7.500 di oggi.

Arctic sea-ice thickness in October/November (when the Arctic starts its post-summer freeze-up) 2010–14 based on data from ESA’s CryoSat mission. In 2013, CryoSat measured about 10 900 cubic km of sea ice. 2014 has seen a decrease to 10 200 cubic km, but this still represents the second-highest volume since 2010. ESA/CPOM
Arctic sea–ice thickness in October/November 2010–14 based on data from ESA’s CryoSat mission. ESA/CPOM

“Dobbiamo fare attenzione a valutare i dati forniti dal satellite CryoSat – ha affermato Andrew Shepherd, professore dell'Università di Leeds e dell'University College di Londra –. È opportuno analizzare in modo appropriato i cambiamenti climatici avvenuti in breve tempo, come questi, con quelli relativi a periodi più ampi. Per ottenere indicazioni rispetto a quanto sta avvenendo davvero, dovremmo provare ad intraprendere anche altri approcci al problema, come ad esempio considerare quali motivazioni siano alla base dei cambiamenti climatici, incorporando ovviamente di dati forniti dal CryoSat in modelli di studio più solidi o semplicemente aspettando che il numero di misurazioni acquisisca una maggiore rilevanza statistica”.

Le difficoltà d'analisi

Una delle difficoltà che gli scienziati e, di conseguenza l'opinione pubblica, si trovano ad affrontare riguarda l'analisi dei dati a disposizione. Questo perché, come nel caso del satellite europeo, le indicazioni provenienti dai rilevamenti aerei, per quanto corrette in termini numerici, potrebbero non essere rappresentativi di un trend che per essere valutato in modo opportuno abbisognerebbe di una finestra valutativa più ampia. Il tema del surriscaldamento globale vede scettica ancora alcune parti della comunità scientifica internazionale. Questo perché, secondo i detrattori del cosiddetto global warming i dati a disposizione sarebbero poco significativi proprio perché prenderebbero in considerazione serie storiche troppo limitate nel tempo. Cosa certa, in ogni caso, è che rispetto a circa trent'anni fa l'Artico ha perso migliaia di chilometri cubici (passando dai circa 20mila dei primi anni '80 agli scarsi 8mila di oggi), sebbene predire collassi imminenti del sistema Artico rappresenti sia un errore che un allarme ingiustificato.

Ice thickness for operational applications. @ESA/CPOM
Ice thickness for operational applications. ESA/CPOM

“Ottobre è un periodo molto interessante per questo di tipo di analisi – ha affermato Rachel Tilling, scienziata britannica del Nerc Centre for Polar Observation and Modelling (Cpom) presso l'University College di Londra –. Questo perché è il primo mese utile per ottenere dati relativi alla creazione di nuovo ghiaccio dopo l'estate. È il periodo dell'anno, in altri termini, in cui possiamo osservare la più grande variazione del stime volumetriche della banchisa artica. E dai nostri dati risulta che, dopo aver notato il livello del pack diminuire costantemente nel corso di questi anni, c'è stato un lieve rallentamento in tale diminuzione che ha fatto sì che si creasse un nuovo strato relativamente stabile. Questo è avvenuto anche grazie a due estati relativamente più fredde rispetto al recente passato. Al momento sembra che l'andamento del ghiaccio artico sia simile a quello di una sega, con picchi e punti minimi, dove a fronte di diminuzioni sensibili si registrino anche recuperi di volume che, in alcuni casi, riescono anche a resistere nel tempo”. Gli scienziati a lavoro sul progetto CryoSat hanno registrato, nei tre anni seguenti al lancio del satellite dell'Esa, la costante diminuzione del volume dei ghiacci rilevati alla fine delle estati artiche, significando che la velocità di scioglimento del pack è cresciuta nel corso del tempo (con i massimi storici registrati nel 2011, 5.300 chilometri cubici persi, e nel 2012, con la perdita di 5.400 chilometri cubici). A sorpresa, tuttavia, nel biennio 2013 e 2014 le rilevazioni hanno mostrato timidi segnali positivi di ripresa della banchisa.

Il capo italiano della missione Esa

“CryoSat ha già raggiunto risultati straordinari – ha affermato Tommaso Parrinello, a capo della missione dell'Agenzia spaziale europea –. Sia in merito a quanto pianificato originariamente sia per le applicazioni inaspettate derivanti dal suo utilizzo. Guardando al futuro, stiamo lavorando duro per dare nuove funzioni operative alla missione, così che le misurazioni possano venir utilizzate nelle stime stagionali relative alle scienze climatiche e per monitorare la banchisa artica”. La vita operativa del satellite è stata prolungata di almeno tre anni rispetto a quanto previsto originariamente (quindi rimarrà in orbita almeno fino al 2017), sia grazie ai suoi successi scientifici sia per il crescente utilizzo dello strumento spaziale nell'esplorazione artica e nella navigazione circumpolare.

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