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Niente “effetto Francesco” in Germania: nel dopo Ratzinger è fuga di fedeli dalla Chiesa cattolica

Nel solo 2013 i cattolici sono scesi di 179mila unità, mentre l’anno prima avevano lasciato la chiesa cattolica 118mila persone. Il calo si era molto attenuato negli anni del pontificato del tedesco Joseph Ratzinger. I vescovi: “Colpa degli scandali”. In realtà, molte persone lasciano perché non vogliono più pagare l’esosa tassa ecclesiastica.
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È fuga dalla Chiesa cattolica in Germania. Neppure quello che alcuni studiosi hanno definito “effetto papa Francesco”, che avrebbe creato un rinnovato entusiasmo in molti Paesi, riesce a contrastare l’abbandono di migliaia di fedeli ogni anno. Curiosamente, invece, il calo si era molto attenuato negli anni del pontificato del tedesco Joseph Ratzinger.

I cattolici sono oggi il 29,9 percento degli 82 milioni di tedeschi. Un altro 29 percento, invece, si dichiara protestante luterano. Nel solo 2013 i cattolici sono scesi di 179mila unità, mentre l’anno prima avevano lasciato la chiesa cattolica 118mila. A poco è servito il fatto che nel 2013 diecimila tedeschi si sono convertiti al cattolicesimo. Nel 1989 il 22 percento dei cattolici andava a messa in Germania. Quindici anni dopo il numero è sceso al 10,8 percento. Questo vuol dire che ogni domenica appena tre tedeschi su cento entrano in una chiesa cattolica per partecipare ad una funzione religiosa. Per fare un confronto, in Italia sono diciotto su cento. Molte parrocchie sono state chiuse o accorpate, mentre gli edifici di culto sono stati sconsacrati e spesso destinati ad usi profani. I numeri di battesimi e matrimoni religiosi sono in caduta libera.

Nella sola diocesi di Limburgo lo scorso anno hanno lasciato la chiesa cattolica 8mila fedeli, il doppio rispetto ai dodici mesi precedenti, in seguito al grave scandalo creato dal vescovo Peter Tebartz-van Elst, colpevole di aver speso 31 milioni di euro di soldi dei fedeli per la costruzione di un centro diocesano e per la sua residenza, contro un preventivo di cinque milioni. L’enorme pressione mediatica e quella di papa Francesco, letteralmente infuriato con il suo confratello, portarono Tebartz-Van Elst a dimettersi nell’ottobre del 2013. Il Papa, al termine del lavoro di indagine di una apposita commissione, ha accettato le dimissioni lo scorso marzo “atteso che nella diocesi di Limburg si è venuta a determinare una situazione che impedisce un esercizio fecondo del ministero da parte di Sua Eminenza.”

Il cardinale Karl Lehmann, ex presidente della Conferenza Episcopale Tedesca, ha lanciato  un grido di allarme dal giornale della diocesi di Mainz, Fede e Vita e ha dato la colpa a “scandali e vessazioni” che hanno visto in prima linea il clero tedesco negli ultimi anni. “Abbiamo, ovviamente, sofferto una perdita di fiducia e credibilità. – ha scritto il cardinale – La Chiesa non è un club tra tanti ed ogni sforzo deve essere compiuto per prevenire altri scandali attraverso il pentimento ed il rinnovamento.” Il cardinale Reinhard Marx, attuale presidente dei vescovi della Germania, dopo aver letto le statistiche, ha affermato che quei numeri devono rappresentare “una sveglia per la chiesa tedesca” e che è necessario “un lavoro buono e convincente per ricostruire la fiducia a tutti i livelli.”

Molti hanno lasciato la Chiesa cattolica dopo le campagne mediatiche contro i preti pedofili, ma bisogna riconoscere che il problema non è solo negli scandali procurati dal clero. La Germania è, infatti, ormai un Paese ampiamente secolarizzato, in cui il peso della religione, nella vita privata dei cittadini come nella vita pubblica, è incredibilmente ridotto anche a causa dell’incapacità delle gerarchie ecclesiastiche di mantenere dritta la barra dottrinaria. Il Paese che ha dato i natali a Benedetto XVI è infatti una delle culle del progressismo cattolico, come dimostra il caso del cardinale Walter Kasper, che vuole riconoscere ai divorziati risposati la possibilità di fare la comunione, o la decisione della Conferenza Episcopale, che da un paio di anni non considera più cattolici i cittadini che decidano di non devolvere più alla Chiesa cattolica un contributo sulle loro tasse, la Kirchensteur, simile al nostro 8×1000 ma molto più alto.

In Germania la legge prevede che i cittadini che si dichiarino appartenenti ad una religione versino una quota di circa il 9 percento delle proprie tasse alla struttura che a quella religione fa riferimento. In tanti, negli ultimi anni, hanno deciso, invece, di rifiutarsi di pagare questo tributo, che nel corso dei decenni ha enormemente arricchito le diocesi tedesche, con i vescovi che spesso ostentano opulenza, allontanando i fedeli con i loro comportamenti e la loro incolore evangelizzazione. “In alcune diocesi – spiega l’esperto di questioni religiose Antonio Margheriti Mastino – sembrano esserci più impiegati alla curia che cattolici praticanti nelle chiese; più funzionari che preti. Non che non ci siano preti in Germania: nonostante l’impopolarità della dottrina cattolica presso il clero stesso, ci sono; ma fin troppi aspirano alla consacrazione più per garantirsi una vita facile, libera e strapagata che non per servire la Chiesa: invece se ne servono.”

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