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Covid 19

Le nazioni che possono a fare a meno dei vaccini Covid AstraZeneca e Johnson&Johnson

Dopo i casi di trombosi che sono stati segnalati in relazione ai vaccini di AstraZeneca e Johnson&Johnson, è aumentato il divario tra i paesi ricchi del mondo, che ne hanno potuto decidere la sospensione o limitarne l’uso a determinate categorie di soggetti grazie ad un ampio portafoglio di vaccini a disposizione, e quelli più poveri, che invece non hanno potuto scegliere nulla e a cui è precluso questo vero e proprio lusso. Ecco cosa sta succedendo soprattutto nei paesi dell’Unione africana, dove le campagne di vaccinazione procedono a rilento.
A cura di Ida Artiaco
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Dopo i casi di trombosi che sono stati segnalati in relazione ai vaccini di AstraZeneca e Johnson&Johnson, è aumentato il divario tra i paesi ricchi del mondo, che ne hanno potuto decidere la sospensione o limitarne l'uso a determinate categorie di soggetti grazie ad un ampio portafoglio di vaccini a disposizione, e quelli più poveri, che invece non hanno potuto scegliere nulla e a cui è precluso questo vero e proprio lusso. Molti dei paesi in via di sviluppo avevano fatto molto affidamento in particolare sul siero prodotto dall'azienda anglo-svedese, che pare provocherebbe un raro tipo di trombosi soprattutto nei più giovani. Il che rappresenta un ulteriore problema dal momento che a differenza di Europa, Regno Unito e Stati Uniti, le popolazioni delle nazioni più povere, come quelle del continente africano, sono anche più giovani. Stesso discorso per J&J, la cui somministrazione è stata temporaneamente messa in pausa dalle autorità sanitarie americane: l'Unione africana, come riporta la Cnn, aveva già ordinato fino a 220 milioni di dosi di vaccino J&J da condividere tra i suoi 55 stati nel terzo trimestre di quest'anno attraverso il sistema Covax.

I vaccini basati sulla tecnologia mRNA, come quelli Pfizer-BioNTech e Moderna, ampiamente utilizzati negli Stati Uniti e in Europa, sono in genere da tre a quattro volte più costosi rispetto al vaccino AstraZeneca e quello di J&J, che è monodose. Pfizer, tuttavia, sta offrendo questi vaccini a prezzi inferiori all'Unione africana, riferisce Reuters. Ma il problema è tutt'altro che risolto, anche perché i vaccini ad mRNA non arriveranno a breve nei paesi dell'Unione africana, o almeno non prima che si risolvano i problemi di stoccaggio collegato alla catena del freddo. Anche se nel corso dei mesi ci sono stati miglioramenti, le dosi di Pfizer devono essere conservate a temperature molto basse. Per questo, in mancanza di un sistema efficiente da questo punto di vista, i paesi poveri avevano puntato tutto su quelli vettoriali, quindi AstraZeneca e J&J. Cosa succede ora?

L'Africa Centers for Disease Control and Prevention (CDC) afferma di non avere intenzione di sconsigliare il lancio o l'acquisizione di questi vaccini, affermando che i casi di trombosi segnalati sono troppo rari per cambiare rotta ora. "Per i vaccini Covid-19, i benefici superano i potenziali effetti collaterali", ha ribadito lunedì alla Cnn Benjamin Djoudalbaye, capo della politica, diplomazia sanitaria e comunicazione presso l'Africa CDC. Intanto, nel Regno Unito l'uso del vaccino AstraZeneca è stato limitato agli over 30, mentre altri paesi Ue, Italia inclusa, lo hanno raccomandato agli over 60. Addirittura la Danimarca è così avanti nel suo programma di vaccinazione che ha annunciato mercoledì che avrebbe eliminato del tutto il siero del colosso anglo-svedese dal suo programma di inoculazione. Semplicemente non ne ha bisogno, avendo anche ottenuto abbastanza altri vaccini su cui fare affidamento. Un quadro molto diverso da quello africano, dove le campagne di vaccinazione procedono a rilento. Finora Covax, che, ricordiamolo, è un programma internazionale che ha come obiettivo l'accesso equo ai vaccini anti Covid-19, ha consegnato 17,4 milioni di vaccini Covid-19 a 36 paesi africani, inclusi oltre 17 milioni di dosi di AstraZeneca, prodotti dal Serum Institute of India, e circa 200.000 dosi di vaccino Pfizer, secondo i dati inviati mercoledì alla Cnn dai funzionari dell'OMS, secondo la quale proprio l'Africa rappresenta meno del 2% dei vaccini somministrati nel mondo. Eppure, circa tre quarti della popolazione africana ha meno di 35 anni, come mostrano i dati delle Nazioni Unite, e l'età media è appena sotto i 20, che è meno della metà dell'età media in Europa, ferma a quota 42 anni. Negli Stati Uniti, è di circa 38. Solo il 6% degli africani ha più di 60 anni, il che rappresenta un problema per la questione dei trombi come possibili effetti collaterali dei vaccini vettoriali. Un medico nigeriano e consulente per la salute pubblica, Kingsley Douglas, ha commentato sempre alla Cnn che "i paesi occidentali stanno cercando di proteggere i loro cittadini prima di guardare altrove. Non li biasimo per essere protezionisti nel loro approccio. Tuttavia, è nell'interesse di tutti che la massa più consistente della popolazione mondiale venga vaccinata e protetta contro Covid. I vaccini dovrebbero essere distribuiti in modo uniforme ed equo".

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