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Israele, Netanyahu sospende la riforma della giustizia: “Non vogliamo una guerra civile”

Dopo le manifestazioni di piazza il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu ha deciso di sospendere la seconda e terza lettura alla Knesset della riforma della giustizia.
A cura di Davide Falcioni
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Il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu ha deciso di sospendere la seconda e terza lettura alla Knesset della riforma della giustizia e dare "tempo" per un esame allargato nella prossima sessione parlamentare per "raggiungere un'intesa". Lo ha detto in un discorso alla nazione, spiegando: "Troverò una soluzione a tutti i costi. Non possiamo avere una guerra civile". Netanyahu ha aggiunto che "la crisi obbliga tutti ad agire con responsabilità" e ha chiesto alla piazza che protesta "responsabilità" e di "non cedere alle provocazioni".

"Una minoranza di estremisti, che usa violenza, appicca il fuoco, fomenta la guerra civile e fa appello alla disobbedienza, vuole dividere il Paese". "Israele – ha aggiunto Netanyahu – non può esistere senza esercito, la disobbedienza è la fine del nostro Stato. Esigo dai capi dell'esercito di opporsi a questa e non mostrare comprensione, va fermata". "Ieri ho letto la lettera di Benny Gantz che si impegna in un dialogo e lo faccio anch'io. C'è la possibilità di prendere tempo. Do l'occasione per un dialogo, vogliamo fare gli aggiustamenti necessari".

Dall'opposizione sì al dialogo con Netanyahu

Benny Gantz, leader del partito centrista Mahane Mamlachti', ha accolto l'appello lanciato da Benyamin Netanyahu. "Mi presenterò al dialogo, nella residenza del capo dello Stato Isaac Herzog, con cuore aperto e anima sincera". "Dobbiamo opporci ad una guerra civile", ha aggiunto, "dire no alla violenza e sì ad accordi e dialogo. Sosterrò ogni iniziativa giusta di dialogo, ma non faremo compromessi sui principi della democrazia". Anche Yair Lapid, leader del partito centrista Yesh Aitd, ha detto di essere disposto ad intavolare un dialogo sotto l'egida di Herzog.

Lo stop alla riforma dopo giorni di proteste di piazza

La decisione di sospendere la riforma della giustizia arriva dopo giorni di dure proteste nelle strade e nelle piazze. Secondo i manifestanti, la riforma costituirebbe un pericolo per la democrazia del Paese perché accentrerebbe nelle mani del governo molti poteri ora affidati a un organo terzo, la Corte suprema. La riforma è stata presentata dal ministro della Giustizia, Yariv Levin, ed è sostenuta sia dai partiti della destra nazionalista laica, come il Likud di Netanyahu, sia dai partiti ultraortodossi. Nei giorni scorsi il premier ha licenziato il ministro della difesa, Yoav Gallant, che aveva sollevato dubbi sulla nuova legge.

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I punti salienti della riforma della giustizia voluta da Netanyahu

Se approvata, la riforma sposterebbe il controllo di alcune materie, oggi gestite dalla Corte Suprema, nelle mani dell'esecutivo, guidato da Netanyahu, sottraendolo al potere giudiziario. Uno dei punti critici della riforma è quello che permetterebbe alla Knesset, il parlamento israeliano, di ribaltare le decisioni della Corte con una maggioranza di 61 voti su 121 seggi. Un obiettivo facilmente raggiungibile per la maggioranza di governo che al momento conta 64 seggi. La riforma, inoltre, priverebbe la Corte Suprema del potere di controllare e rivedere le leggi fondamentali che rappresentano la base legislativa della democrazia israeliana

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