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Il Vaticano sul battesimo: “Se il sacerdote usa la formula noi ti battezziamo non è valido”

La Congregazione per la Dottrina della Fede ha contestato con una nota alcuni abusi liturgici effettuati dai sacerdoti durante il rito del battesimo che, se impartito con la formula “noi ti battezziamo” non è valido ed è come se non sia mai stato celebrato. Quanti lo hanno ricevuto in questo modo devono essere battezzati “in forma assoluta”, cioè ripetendo il rito secondo le norme liturgiche stabilite dalla Chiesa.
A cura di Ida Artiaco
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Il battesimo impartito usando la formula "noi ti battezziamo" non è valido, anzi. È come se non sia mai stato fatto. Lo ha stabilito la Congregazione per la Dottrina della Fede che contesta abusi liturgici effettuati da alcuni sacerdoti. "Quando il ministro dice ‘Io ti battezzo' non parla come un funzionario che svolge un ruolo affidatogli, ma opera ministerialmente come segno-presenza di Cristo". Quindi tradurre quell'io con "noi", per dare al rito un senso comunitario, rende di fatto il sacramento non valido. Il Papa "ha approvato" le indicazioni e "ne ha ordinato la pubblicazione", riferisce l'ex Sant'Uffizio. Tuttavia, aggiunge, "recentemente vi sono state celebrazioni del Sacramento del battesimo amministrato con le parole: ‘A nome del papà e della mamma, del padrino e della madrina, dei nonni, dei familiari, degli amici, a nome della comunità noi ti battezziamo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo'. A quanto sembra, la deliberata modifica della formula sacramentale è stata introdotta per sottolineare il valore comunitario del battesimo, per esprimere la partecipazione della famiglia e dei presenti e per evitare l'idea della concentrazione di un potere sacrale nel sacerdote a discapito dei genitori e della comunità".

Ma l'"io", che il sacerdote deve pronunciare ha un valore dottrinale ben preciso: "segno-presenza dell'azione stessa di Cristo". Pertanto, non può parlare a nome di altri. Come spiega la nota inviata dal Vaticano, nella celebrazione dei Sacramenti l’assemblea non agisce "collegialmente", ma "ministerialmente" e il ministro "non parla come un funzionario che svolge un ruolo affidatogli, ma opera ministerialmente come segno-presenza di Cristo, che agisce nel suo Corpo, donando la sua grazia". In questa luce "va compreso il dettato tridentino sulla necessità del ministro di avere l’intenzione almeno di fare quello che fa la Chiesa": un’intenzione che non può rimanere "solo a livello interiore", con il rischio di soggettivismi, ma si esprime anche in un "atto esteriore" compiuto "non in nome proprio, ma nella persona di Cristo". Ora si apre la questione dei battesimi celebrati con questo rito errato, anche perché in pratica i battesimi con la formula ‘noi' è come se non fossero mai stati fatti. In altre parole, quanti lo hanno ricevuto in questo modo devono essere battezzati "in forma assoluta", cioè ripetendo il rito secondo le norme liturgiche stabilite dalla Chiesa.

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