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Giappone, affonda nave cargo, dispersi i 43 membri dell’equipaggio, tranne uno: salvo dopo 24 ore in mare

Lo scorso 3 settembre un violento tifone a largo del Giappone ha provocato il naufragio di una nave cargo con a bordo 43 membri dell’equipaggio e 6000 capi bestiame. L’unico sopravvissuto è un ufficiale capo di 45 anni che è stato salvato in mare aperto da un aereo di sorveglianza della marina giapponese.
A cura di Daniela Brucalossi
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Una nave da carico con a bordo 43 membri dell’equipaggio e 6000 capi bestiame è affondata al largo del Giappone lo scorso primo settembre. La causa del naufragio è stata il tifone Maysak che, con il suo violento impatto, ha divelto uno dei motori.  Al momento, l’unico sopravvissuto sembrerebbe essere il filippino Sareno Eduardo, un ufficiale capo di 45 anni che è stato salvato in mare aperto da un aereo di sorveglianza della marina giapponese. Prima di essere avvistato, Eduardo, munito di un giubbotto salvagente, ha resistito da solo in mare aperto per più di 24 ore.

La Gulf Livestock 1, in serio pericolo dopo aver perso uno dei motori, aveva inviato una richiesta di soccorso dal Mar Cinese occidentale la notte del primo settembre. Dopo poche ore, però, la nave è stata capovolto dal mare mosso. A quel punto, i membri dell’equipaggio hanno velocemente indossato i giubbotti di salvataggio come da addestramento e hanno abbandonato l'imbarcazione. “Dopo che mi sono tuffato in acqua, però, non ho più visto nessuno dei miei compagni”, ha raccontato Eduardo, ancora in stato di shock.  Per ore le operazioni di soccorso sono state ostacolate dal forte vento e dalle piogge torrenziali.

La nave, di proprietà della Gulf Navigation Holding con sede negli Emirati Arabi Uniti, era partita dalla Nuova Zelanda lo scorso 14 agosto ed era in rotta verso il porto di Jingtang in Cina. Il naufragio è avvenuto poco prima di raggiungere la meta. “Questa è una vera tragedia, e il nostro pensiero va alle famiglie dei 42 membri dell'equipaggio che sono scomparsi. Ma rimangono delle questioni aperte. Il rischio del commercio di esportazione di animali vivi è evidente”, ha commentato Safe, l'organizzazione per i diritti degli animali della Nuova Zelanda. "Quel bestiame non avrebbero mai dovuto essere in mare".

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