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Chi sono Robert Ressler e John Douglas, gli agenti dell’FBI che scoprirono i serial killer

Alla fine degli anni Settanta due agenti dell’FBI intervistarono i 36 criminali più pericolosi d’America. Robert Ressler e John E. Douglas volevano ‘entrare’ nelle loro menti e rubarne i segreti. Da questo progetto senza precedenti è nato il moderno profiling. E una scoperta importante: quella che alcuni assassini sono ‘seriali’.
A cura di Angela Marino
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Cos'hanno in comune Jack lo squartatore, Donato Bilancia e Ted Bundy? Sono tutti dei serial killer. In Italia le cronache giornalistiche ci hanno abituato a questa formula (che in realtà definisce un assassino recidivo) negli anni Ottanta, con il caso del ‘Mostro di Firenze', il maniaco assassino delle coppiette. Se la definizione non ha mai trovato una traduzione di successo in italiano è probabilmente perché il concetto stesso di serial killer arriva dagli USA, dove dalla letteratura criminologica è passato dritto alla cultura pop attraverso serie tv e film. I veri padri di questa scoperta, però, sono due agenti dell'FBI: Robert Ressler, e John E. Douglas.

‘Gli insegnanti' dell'FBI

Robert Ressler, classe 1937, nato a Chicago, approda all'FBI dopo una lunga carriera nell'esercito americano. Con le sue spalle larghe da soldato e gli occhiali alla George Bush, entra negli uffici del Bureau con il grado di colonnello. Nei primi anni a Quantico la sua carriera da federale, però, non è tutt'altro che operativa. Ressler lavora per il Behavioral Science Unit, l'Unità di analisi comportamentale e si occupa di insegnamento alle reclute. È lì che incontra il giovane collega, John E. Douglas, con il quale divide il lavoro di insegnamento. Dopo centinaia di giorni passati tra aule e gessetti i due agenti cominciano a maturare l'idea di un approccio diverso all'investigazione. La teoria non basta a imprigionare gli assassini, bisogna prevederne le mosse, capire come ragionano e come si muovono. Bisogna conoscerli.

L'inchiesta

Da qui prende forma un progetto senza precedenti, quello di incontrare e intervistare i 36 più pericolosi criminali rinchiusi in carcere. Cannibali, maniaci, pedofili, stupratori: bisogna studiare il peggio della società per individuare le origini delle più aberranti pulsioni umane. I superiori degli agenti Ressler e Douglas non reagiscono con entusiasmo al progetto, al Federal Bureau ci sono ancora grosse riserve sul contatto diretto con i condannati. Per i federali, dare la parola a un criminale sanguinario, anche solo per studiarlo, è moralmente scandaloso.

Faccia a faccia con l'assassino

Nonostante i dubbi il progetto, non solo va in porto, ma ottiene anche un grande successo accademico, soprattutto grazie al contributo scientifico della professoressa Ann Wolbert Burgess, consulente medico forense, esperta nell'assistenza delle vittime di crimini sessuali, che presto si aggiunge al team Ressler-Douglas in veste ufficiale. Per i due agenti si prono le porte del braccio della morte, dove incontrano, tra gli altri Jeffrey Dahmer, il ‘cannibale di Milwaukee', l'uomo che squartava e mangiava le sue vittime e Richard Chase, ‘Il vampiro di Sacramento', il prototipo di quello che Ressler e Douglas chiameranno assassino disorganizzato. I due agenti, infatti, individueranno alcuni comportamenti ricorrenti tra i killer, definendo quello che oggi la letteratura criminologica chiama modus operandi, l'insieme delle modalità con cui un assassino opera, in una parola: il ‘come' il killer uccide, classificando gli assassini in organizzati e disorganizzati.

Serial killer

Il concetto più innovativo elaborato dai due agenti, però, è quello di serialità. Fino ad allora i detective avevano cercato per ogni singolo omicidio un movente e un colpevole legati al contesto della vittima. Il nuovo approccio dimostra che alcuni assassini scelgono casualmente la vittima e possono accumulare decine di vittime. A spingerli non è un movente occasionale, ma disturbo della personalità che può assumere le più svariate forme. Viene coniata così per la prima volta la definizione di serial killer.

Il profiling

Dopo aver stabilito ‘come' i killer uccidono il gruppo di Ressler, trova una risposta al ‘perché'. Dalle ricerche emerge come, per certi crimini, non agisca un movente, ma piuttosto la struttura psicologica dell'assassino, con le sue tendenze e le sue pulsioni; un struttura forgiata dal contesto sociale e familiare e con degli schemi riconoscibili. Le ricerche di Ressler contribuiscono a delineare profili criminali ricorrenti come quello del sadico, dell'ossessivo, o del guardone, introducendo il metodo investigativo che oggi la letteratura criminologica chiama profiling.

L'epilogo

Dopo vent'anni dedicati a indagare i segreti della mente degli assassini Ressler si ritira dall'FBI nel 1997 per dedicarsi alla scrittura. Insieme al vecchio team di lavoro ha scritto: Crime classification manual: a standard system for investigating and classifying violent crimes, un manuale che raccoglie tutte le più interessanti conclusioni dell'inchiesta sui serial killer.

Il lavoro del team di Ressler ha ispirato diversi film e fiction. Agli agenti Robert Ressler e John Douglas si ispira il personaggio dell'agente Jack Crawford, nel noto capolavoro di Thomas Harris, Il silenzio degli Innocenti. Il lavoro degli agenti di Quantico è al centro anche della serie Criminal Minds, mentre è la serie di Netflix, Mindhunter, tratta dall'omonima biografia di John E. Douglas scritta con Mark Olshaker a ricostruire l'incredibile carriera dei due pionieri del profiling.

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