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Attentati di Oslo e Utoya: tra le farneticazioni di Breivik e la dignità del popolo norvegese

A 9 giorni dall’esplosione di Oslo e la strage dei giovani di Utoya ciò che resta è uno straordinaria, quasi stoica, dignità norvegese con cui stridono notevolmente, i proclami folli di Breivik. Come se non fossero già abbastanza le sue gesta.
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Follia: forse non esistono termini più adatti di questo a descrivere la motivazione alla base delle stragi di Oslo e Utoya del 22 luglio scorso. Attentati che hanno messo in luce la presenza di un fondamentalismo pericoloso e spietato, freddo e deciso a aggiungere l'obiettivo: epurare l'Europa dal nemico islamico. Le teorie a chiare tinte xenofobe di Breivik e la straordinaria superiorità della Norvegia in tema di diritti umani hanno imposto ovunque una riflessione da cui Oslo esce vincente, nonostante tutto. Nonostante buona parte del pianeta sia ancora allibita riguardo all'ipotesi che l'attentatore dagli occhi di ghiaccio e il sorriso enigmatico potrà finire nel "carcere più bello del mondo", la nazione più civile d'Europa non cede e paradossalmente risponde all'odio (di un cristiano) con il rispetto e la dignità del prossimo (di cui la cristianità si è sempre fatta portavoce).

Così un giovane ventenne sopravvissuto alla carneficina dei giovani di Utoya ha commentato l'orrore di quel venerdì: "Vi prego, non fatemi leggere messaggi pieni di rancore, di sostegno alla pena di morte, o qualcosa di simile. Se qualcuno crede che qualcosa migliorerà uccidendo questa piccola persona triste, ha profondamente torto." Una linea chiara anche per il primo ministro Stoltenberg che ha nuovamente sottolineato come, nonostante la gravità dei fatti, la Norvegia resterà una nazione aperta e tollerante: "È assolutamente possibile conciliare una società aperta, democratica, inclusiva e allo stesso tempo avere misure di sicurezza e non essere ingenui. Questa sarà la nostra sfida".

Di fronte a cotanta dignità, quasi stoica verrebbe da dire, le farneticazioni di Breivik non conoscono freni. Secondo quanto avebbe riferito il suo avvocato alla stampa norvegese, l'estremista aveva in calendario altri attentati quel giorno (nello specifico il Palazzo Reale e la sede del partito laburista) e sembra non aver mostrato alcun segno di emozione alla notizia che le vittime cadute per mano sua sono salite a 77. A tal proposito, per il trentaduenne cristiano è stata predisposta una perizia psichiatrica per valutare se al momento della strage l'uomo fosse capace di intendere e di volere. Saranno due i medici a dover stabilire tale condizione in una relazione da dover consegnare a novembre.

Lui, l'attentatore di cui in patria nessuno parla, è al suo secondo colloquio con la polizia.  Nel corso dell'ultimo interrogatorio si è mostrato più disponibile a collaborare e, secondo quanto scrive la stampa norvegese, avrebbe confermato il programma degli attentati al Palazzo Reale e alla sede dei laburisti. Un passo avanti verso una confessione piena, sembrava. Dal carcere, però il delirio di Breivik è tornato a nuova linfa e l'uomo ha fatto sapere di esigere le dimissioni del Governo norvegese, dello stato maggiore militare e, come se non bastasse, l'abdicazione del re Harald V. Soltanto a quel puntocontinuerà a collaborare nuovamente con gli inquirenti. Follia.

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