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Aleppo, 35 medici rimasti: “Ci muoiono davanti, ci serve tutto. Anche garze non sterili”

La situazione ad Aleppo est peggiora giorno dopo giorno. Medici senza frontiere lancia l’allarme sanitario: ad assistere le vittime dei bombardamenti sono rimasti solo 35 medici, di cui solo sette in grado di operare ferite di guerra. Dal marzo 2011 ad oggi 757 tra camici bianchi, infermieri e operatori sono deceduti in 380 attacchi a strutture sanitarie.
A cura di Mirko Bellis
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Medici Aleppo

Sono rimasti solamente 35 medici nella zona orientale di Aleppo e di questi solo sette sono in grado di effettuare interventi chirurgici su feriti di guerra. “I pazienti hanno accesso limitato alle cure sanitarie nei pochi ospedali ancora attivi e parzialmente funzionanti. I medici sono esausti, lavorano tutto il giorno per far fronte all'enorme afflusso di feriti”, afferma Carlos Francisco, il capo missione in Siria di Medici senza Frontiere (Msf). E le bombe non cessano di colpire. Secondo gli attivisti locali, i raid aerei hanno ucciso almeno 99 persone solo negli ultimi due giorni. I residenti di Aleppo Est non hanno nemmeno la possibilità di fuggire, perché sono intrappolati in una città che simboleggia gli orrori della guerra civile siriana, dove vengono utilizzati tutti i tipi di armi letali.

Il capo della Direzione della sanità di Aleppo est, Ahmed Laila, racconta che ormai durante i pesanti bombardamenti “i pazienti feriti dormono davanti agli ospedali, perché le sale e i corridoi sono pieni”. “Circa 250.000 persone sono sotto assedio, senza alcuna possibilità di essere aiutate o di fuggire”, denuncia Francisco. “Prima sono state colpite le aree circostanti, poi le strade che portano in città, poi gli ospedali, le forniture idriche, i quartieri residenziali e anche i mezzi dei soccorritori. Stiamo parlando di una città sfinita da cinque anni di guerra – prosegue – che non riceve aiuti da luglio, una città che è stata distrutta, rasa al suolo, di fronte ai nostri occhi”. Francisco, che coordina i progetti di Msf in Siria dal gennaio 2015 assiste impotente al peggioramento della sanguinosa guerra civile e lancia un grido di dolore: “Sono stati abbandonati dal mondo. Il mondo intero sta assistendo alla distruzione della città, ma nessuno sta facendo qualcosa per fermarla”.

Carlos Francisco si trova a Gaziantep, nel sud della Turchia, e assieme alla sua équipe è continuamente in contatto con gli otto ospedali supportati da Medici senza Frontiere nella parte est di Aleppo. “Quando gli ospedali vengono danneggiati dai bombardamenti aerei – ci sono stati 23 attacchi solo negli ultimi quattro mesi – ci mettiamo subito in contatto per capire l’entità dei danni e come possiamo aiutarli. Adesso loro hanno bisogno di tutto. Ci dicono ‘mandate tutto ciò che avete, garze sterili o non sterili, prenderemo tutto, abbiamo bisogno di tutto’. Ma in questa situazione noi non siamo in grado di aiutarli”, afferma sconsolato Francisco.

L’est della città è totalmente sotto assedio da luglio, poco dopo la fine del mese del Ramadan. “Molti medici, data la propria condizione economica, avrebbero potuto scappare dalla guerra molto tempo fa e trasferirsi in Turchia o in Europa ma hanno deciso di non farlo”, prosegue il capo missione di Msf. “Il loro grado di dedizione, verso le persone, al proprio lavoro e nei confronti degli ospedali e di Aleppo è ammirevole, soprattutto se consideriamo che sia loro sia le famiglie affrontano la morte quotidianamente”.

Medici senza Frontiere chiede la fine della campagna di bombardamento aereo indiscriminato su Aleppo est per consentire l’evacuazione dei feriti e dei malati. La situazione è drammatica anche per quanti sono riusciti ad abbandonare le aree più colpite dai combattimenti. Sono circa 100.000 infatti i residenti della regione di Aleppo cacciati dalle proprie case dallo Stato Islamico e dalle forze governative che spingono i siriani a fuggire a nord verso Azaz, al confine turco, o verso la regione di Idlib. “È difficile sapere quanti sfollati ci siano. Alcuni vanno verso Idlib, che ha più campi per sfollati, ma lì molti vivono per strada e dormono sotto gli alberi”, afferma Msf.

Nonostante il blocco totale di questa parte di Aleppo da parte dell'esercito siriano e dei suoi alleati, se sarà garantito un passaggio sicuro, molti medici che lavoravano nella zona est di Aleppo sono pronti a tornare nella città siriana devastata dal conflitto per cercare di salvare la vita delle molte persone che vengono ferite ogni giorno. “Ciò che è chiaro è che, nella maggior parte dei casi, abbiamo perso la capacità di aiutare” dichiara Francisco. Prima del conflitto in Siria ad Aleppo lavoravano circa 6 mila medici. Dal marzo 2011 ad oggi 757 tra camici bianchi, infermieri e operatori sono deceduti in 380 attacchi a strutture sanitarie. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, gli ospedali e le organizzazioni mediche sono preoccupati per le scorte di carburante, essenziali per il funzionamento dei servizi e delle 21 ambulanze che attualmente stanno lavorando in una zona di circa 250.000 persone. “Il blocco ha portato, tra le altre cose, alla mancanza di carburante che ha paralizzato la città. Le strutture mediche sono sul punto di rimanere senza elettricità, il che potrebbe bloccare la loro attività salvavita”, aggiunge Pablo Marco, coordinatore delle operazioni di MSF in Medio Oriente.

Da quando si è interrotta la tregua a settembre, l’intensità della campagna di bombardamento aereo delle forze siriane e russe minaccia di radere al suolo la zona assediata della città. Un residente di Bustan al-Qasr – uno dei quartieri più colpiti – ha raccontato che la situazione è diventata “orribile”. “La gente non dorme più”, ha dichiarato ad Al Jazeera. “I bombardamenti russi non smettono un secondo”, ha aggiunto Ibrahim al-Hajj, uno dei volontari dei Caschi bianchi di Aleppo.

“Siamo davanti all’ennesimo scandaloso capitolo della storia delle violazioni del diritto umanitario nella guerra siriana”, dichiara Brice de le Vingne, direttore delle operazioni di Medici senza Frontiere. "Colpire indiscriminatamente le strutture sanitarie o prenderle di mira è totalmente inaccettabile. Si tratta di uno dei principi fondamentali del diritto comune internazionale e noi non resteremo in silenzio ogni qual volta l’assistenza medica diventa essa stessa una vittima del conflitto”, ha aggiunto.

“I medici che non possono tornare ad Aleppo e il nostro personale qui – dichiara Francisco –  parlano delle persone e dei colleghi di Aleppo est con la stessa sofferenza”. E conclude: “Loro soffrono lì, noi piangiamo qui”.

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