93 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Elezioni Grecia: ND e PASOK pensano alla grosse koalition, il popolo alla ‘rivoluzione’

Il prossimo 6 maggio la Grecia tornerà alle urne per sostituire l’attuale governo tecnico Papademos con un governo eletto. I sondaggi suggeriscono che l’unica possibilità di governo per la Nuova Democrazia – attualmente il primo partito – sia l’alleanza con il PASOK. Il prossimo governo, insomma, potrebbe essere un terribile Giano Bifronte, in cui si condenserebbe tutto il peggio della politica ellenica.
A cura di Anna Coluccino
93 CONDIVISIONI
elezioni greci 2012

Se la voce del popolo è la voce di dio, allora il risultato delle ormai prossimi elezioni in Grecia potrebbe rivelarsi tanto amaro quanto scontato. La Nuova Democrazia (ND), partito di centrodestra capitanato da Antonis Samaras e responsabile di aver truccato i conti perché la penisola ellenica entrasse in Europa, sembra avviarsi alla conquista del primo posto tra i partiti greci con circa il 22% delle preferenze, una percentuale che – però – non sarebbe affatto sufficiente a ottenere la maggioranza dei seggi – 300 in totale – e, pertanto, ND potrebbe vedersi costretta alla costituzione di una grosse koalition con il Movimento Socialista Panellenico (PASOK), attualmente intorno al 15 %. Nel caso le percentuali di questi due partiti non dovessero rivelarsi sufficienti alla conquista della maggioranza dei seggi, l'unica possibile sponda sarebbe quella di Sinistra Democratica (DIMAR), data intorno al 7%. Almeno in teoria, infatti, i 29 partiti restati non rappresentano possibili alleati. Tutti – dalla sinistra radicale di SYRIZA, ai comunisti del KKE , passando per i Greci Indipendenti dell'ANEL – si presentano con un programma anti-austerity e politiche di rigetto dei dictat europei. Alcune di queste coalizioni propongono addirittura l'uscita dall'euro, dall'UE e il non riconoscimento del debito greco, per cui i due principali partiti non avranno grandi spazi di manovra al di là di loro stessi e della DIMAR. Resterebbe l'Adunata Popolare Ortodossa (LAOS), partito di destra radicale che avanza tematiche molto vicine a quelle della Lega Nord nostrana, ma – negli ultimi tempi – ha perso consensi in favore del partito neonaziosta Alba Dorata che, per la prima volta nella storia della Grecia, sembrerebbe avere i numeri per entrare trionfalmente in parlamento con un 5% in costante crescita.

Il PASOK, capitanato da Evanghelos Venizelos, ex Ministro dell'Economia del governo tecnico Papademos (volto strettamente legato alle misure di austerity imposte della Troika) e la ND sono, per maggioranza della popolazione greca, un vero cancro al cuore per la politica ellenica e sono in molti a sussurrare che se questi due partiti conquisteranno risultati superiori alle aspettative sarà solo grazie ai voti dei loro fedelissimi elettoriclienti e a una buona dose di brogli elettorali. L'impunità di cui godono i deputati della Vulì è, infatti, nota a tutti. Eppure, la politica clientelare in cui sono nati e cresciuti PASOK e ND non pare più sufficiente a garantir loro l'assoluta certezza della riconquista del potere; certezza che – fino al 2009 – non ha mai vacillato. Per molti risulta ormai insopportabile veder succedersi al governo le due casate – i Karamanlis e i Papandreu – che, negli ultimi cinquantanni, hanno imposto una sorta di monarchia de facto nel paese, inoltre – alla luce del collasso sistemico verso cui i due partiti hanno traghettato la penisola ellenica – la fiducia nella loro buonafede, e nelle loro capacità è ai minimi storici. Questo genere di considerazioni affolla ogni luogo pubblico in Grecia – dai bar alle piazze, dalle edicole alle taverne; non è possibile chiacchierare di politica con qualcuno senza sentirsi ripetere che il PASOK e la ND hanno letteralmente affondato la Grecia, e che l'Europa ha avallato e sostenuto le devastanti politiche di questi due partiti per i suoi propri interessi, tanto che oggi ne sostiene la rielezione. Ciononostante, stando ai sondaggi, gli elettorati del PASOK e della ND resistono quanto basta. Eppure – durante oltre un mese di soggiorno in Grecia – non mi è mai capitato di incontrare possibili elettori di questi due partiti. Ma è probabile che – dato il clima decisamente ostile verso le due formazioni centriste – nessuno abbia voglia di ammettere le proprie intenzioni di voto.

Per quanto riguarda la sinistra radicale, se tutte le coalizioni presenti (da SYRIZA, al KKE, passando per i trozkisti, dell'EEK e finendo con una buona decina di altre sigle afferenti al generico concetto di "sinistra anti-capitalista") optassero per la costituzione di un fronte, darebbero non poco filo da torcere ai due principali partiti, affiancandoli se non superandoli in termini di percentuali. Ma la sinistra, si sa, non è sempre facile all'unione e la sua tendenza alla frammentazione è riscontrabile quasi ovunque in Europa, con enorme sollievo delle destre. Se a questo si unisce la radicale disillusione riguardo l'idea che le elezioni – comunque vadano – possano rappresentare una soluzione della crisi, si comprende come mai moltissimi greci non abbiano alcuna intenzione di partecipare alle prossime elezioni, ritenendole pura fuffa e potenzialmente pilotate dall'Unione Europea. I problemi che affliggono il paese sono tanti e gravi. Per la Grecia il 2012 è il quinto anno di recessione, la cura della Troika non sortisce alcun effetto: la disoccupazione galoppa e sono già previsti ulteriori tagli al personale, gli stipendi diminuiscono di giorno in giorno, le pensioni minime arrivate 250 euro mentre l'IVA è al 23%, i prezzi aumentano e le tasse rosicchiano i pochi risparmi rimasti. Le banche non concedono più prestiti, i depositi sono diminuiti, il PIL continua a scendere e l'inflazione fa registrare valori positivi solo perché – ormai – la domanda interna è al lumicino. Sul piano sociale, poi, le cose non vanno certo meglio: i suicidi sono in drammatico aumento e le piazze sono già in fermento in vista dei tagli previsti per il mese di giugno. Continuano senza sosta anche i pogrom contro gli immigrati e la costruzioni di campi di detenzione, un tentativo delle destre di guadagnare consenso che – in realtà – non fa che fomentare il clima d'odio che rappresenta l'habitat naturale per il neonazismo.

In questo scenario, le promesse di Venizelos e Samaras suonano quasi insopportabili. Da mesi, ormai, gli esponenti del PASOK e della ND sono costretti a uscire di casa sotto scorta perché il minimo che può loro capitare è che la gente li ricopra di yogurt e uova marce. Nonostante i sondaggi li diano in leggera ripresa, infatti, tra i greci non si avverte affatto una crescente indulgenza nei confronti di questi partiti, anzi. E probabile perciò che più la partecipazione elettorale risulterà corposa più saranno favoriti gli estremismi, mentre l'astensionismo potrebbe risultare utile proprio a PASOK e ND. In ogni caso, il voto estremista non sarebbe affatto un "voto di protesta", ma la convinta adesione a programmi che si allontanano radicalmente da tutto quanto è stato fatto finora e che – per il momento – non hanno giovato minimamente alla popolazione. Certo, l'eventuale uscita dall'UE spaventa non poco la maggioranza dei greci, ma è pur vero che molti grandi economisti – tra cui Anne Sibert – concordano su un dato che viene quasi sempre celato dai principali media greci: la penisola ellenica è già fallita e l'UE ne è a conoscenza da molti mesi. La Troika rappresenta un oggetto di odio profondo per gran parte dei greci, e la sua opprimente presenza all'interno degli apparati dello stato non piace quasi a nessuno, neppure a coloro che si dichiarano convinti europeisti. Certo, nessuno si sognerebbe mai di non ammettere le proprie responsabilità per tutto quanto accaduto; di non sottolineare che se – per anni – si è adottata una certa condotta politica è perché la maggioranza ha avallato quella linea, molti ne hanno tratto giovamento e troppi hanno scelto l'ignoranza rispetto a tutto quanto stava accadendo, preferendo non riconoscere il livello di corruzione e di speculazione che si abbatteva sulla penisola. Ma questa colpa non può essere lavata con la disperazione, non dovrebbe imporre il sacrificio degli strati più deboli della popolazione, anche perché questa presunta catarsi va a danno esclusivo di chi è già a un passo dal baratro e non colpisce minimamente i responsabili politici della situazione, né salva il paese dalla speculazione ancora in corso; una speculazione che si fa ogni giorno più violenta e a cui nessuno sembra voler porre un freno. Questa colpa non può richiedere la morte sociale – e in molti casi fisica – di intere categorie. È una colpa dalla cui consapevolezza occorre partire per migliorarsi; è uno scalino da superare per evolvere ed emanciparsi come esseri umani e come cittadini, non può e non dovrebbe costituire una ragione sufficiente all'inflizione della pena di cui si sta caricando il popolo greco. E gli abitanti della penisola ellenica, pur coscienti delle responsabilità, non sembrano disposti a farsi trasformare in capri espiatori. Almeno non tutti.

Ecco perché, chiunque avrà la meglio nella tornata elettorale del 6 maggio, dovrà tener presente che – stavolta – non sarà facile riammansire i cittadini greci, ripiombarli nell'incoscienza, nell'ignoranza, nella paura. Ora come ora, la situazione – per molti di loro – si è fatta troppo drammatica perché riescano a fingere di non vedere e non sapere. Se anche PASOK e ND riusciranno a riprendersi il trono, la piazza non li lascerà seduti tranquilli al loro posto a continuare il lavoro già intrapreso. Tutti sanno che chiunque riuscirà a prendere il potere non avrà alcuna possibilità di modificare gli accordi con la Troika e gli altri creditori, ma dovrà limitarsi ad applicare diligentemente quanto già stabilito, oppure dovrà optare per la rottura definitiva, non esiste una terza via. Ecco perché – con tutta probabilità – il popolo greco sceglierà mezzi di resistenza molto diversi dal comodo aspettiamo e vediamo. Qualcuno focalizzerà la propria rabbia verso il diverso, preferendo credere che eliminando l'altro-da-sé tutto tornerà come prima, e si ricomincerà a vivere. Altri vorranno credere nella possibilità di una rivoluzione che passi per i canali istituzionali, e premeranno perché le opposizioni facciano il loro lavoro, ma altri ancora tenteranno l'assalto Palazzo d'Inverno, pur senza una precisa idea di cosa accadrà dopo, pur senza un progetto politico o a sostegno di una precisa ideologia, ma semplicemente spinti dal desiderio di ribaltare una condizione che le istituzioni si ostinano ad ignorare facendo appello al sacrificio e alla pazienza. Ma, interrogando le molte di persone che mi è capitato di incontrare durante la mia lunga permanenza in Grecia, la pazienza pare ormai finita.

93 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views