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Tassa Covid-19 sugli scontrini, aumento dei prezzi fino a 4 euro: chi lo applica e perché

Un aumento dei prezzi da 2 a 4 euro, denominato come tassa Covid-19. Ad applicarlo sono soprattutto parrucchieri e centri estetici, riportandolo sullo scontrino e giustificandolo con la necessità di recuperare risorse per la sanificazione dell’ambiente di lavoro. Anche se il decreto Rilancio prevede già un credito d’imposta per queste spese.
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A cura di Stefano Rizzuti
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È stata subito ribattezzata ’tassa Covid-19’. E si tratta di un aumento dei prezzi di alcuni esercizi commerciali, giustificato dai costi di adeguamento dei locali e di sanificazione degli strumenti per cui, in realtà, è previsto il credito d’imposta introdotto dal decreto Rilancio. Questa tassa consiste in un aumento dei prezzi, un extra da pagare, che solitamente va dai due ai quattro euro e viene riportato sullo scontrino come una delle tante voci applicate per i servizi ai clienti. La giustificazione è che serve per rientrare dalle spese effettuate per i costi sostenuti a causa dell’emergenza Coronavirus. A denunciare l’esistenza di questa nuova tassa è stato il Codacons.

Chi applica la tassa Covid-19

La denuncia del Codacons chiarisce che questa tassa, secondo le segnalazioni dei consumatori, viene applicata soprattutto da parrucchieri e centri estetici. E viene utilizzata per le spese di sanificazione e messa in sicurezza, secondo quanto spiegano gli stessi esercenti. Ma non c’è solo questo: il Codacons denuncia anche i casi di alcuni centri estetici che costringono i clienti ad acquistare un kit monouso, del costo di dieci euro, per i trattamenti. Per i parrucchieri, invece, il Codacons parla di un aumento delle tariffe del 25%, almeno per il costo medio nelle grandi città che passa – per un taglio – da 20 a 25 euro. Anche se in alcuni casi l’incremento è persino maggiore.

I rimborsi per le sanificazioni e i costi di adeguamento

Alla protesta si unisce anche l’Unione nazionale consumatori, che ha ricevuto segnalazioni simili e chiede agli esercenti di ritirare quella che definisce “tassa di solidarietà”. Ritenendola non legittima e sperando che ci sia un passo indietro di chi la applica. A far ritenere illegittima questa tassa è anche il fatto che il decreto Rilancio ha introdotto per gli esercenti un credito d’imposta del 60% sulle spese effettuate nel 2020 (fino a 60mila euro) per la sanificazione e l’adeguamento dei locali: il rimborso vale per l’acquisto dei dispositivi di protezione come mascherine e guanti, ma anche per l’installazione di barriere separatorie. Un altro credito d’imposta, sempre al 60%, è previsto per gli interventi edilizi di adeguamento. A questo si va ad aggiungere anche il credito del 60% sul canone di locazione per gli esercizi con ricavi inferiori ai 5 milioni di euro.

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