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Ebola, missionario spagnolo contagiato torna in Europa

L’anziano missionario spagnolo contagiato in Liberia di fatto è il primo paziente positivo al virus ebola che tocca il suolo europeo.
A cura di Antonio Palma
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Il primo cittadino europeo contagiato dal virus Ebola in Africa sarà rimpatriato nel vecchio Continente per essere curato. Si tratta di Miguel Pajares, un anziano missionario spagnolo  che da tempo vive nel continente africano. Ad annunciarlo è stato il governo spagnolo che ha già inviato un aereo dell’aeronautica militare in Liberia per rimpatriare Pajares che da tempo vive nel Paese africano. Raggiunto telefonicamente dall’emittente spagnola ABC, il sacerdote si è detto molto felice del rimpatrio spiegando: "Mi solleva il morale, è fantastico, vale la pena di lottare". Il 75enne Pajares, che di fatto è il primo paziente positivo al virus ebola che tocca il suolo europeo, sarà portato a Madrid per essere sottoposto alle migliori cure in un centro specializzato. Come ha annunciato un portavoce del ministero della Difesa spagnolo, infatti, il missionario "sarà ricoverato in un ospedale attrezzato per questo tipo di pazienti". Ad ogni modo le autorità spagnole hanno comunque tenuto a precisare che il rischio di contagio per gli altri è molto basso. L'aereo che lo riporterà nel suo Paese natale è partito oggi intorno alle 13.30 dalla base aerea di Torrejon, a Madrid, con a bordo equipaggiamento adeguato e personale specializzato e addestrato a simili situazioni.

Situazione critica in Africa

A richiedere il suo rimpatrio è stato l’ordine religioso a cui appartiene, l'Ordine ospedaliero di San Giovanni di Dio. L'uomo infatti si trova in isolamento da venerdì nell’ospedale gestito dall'ordine a Monrovia, struttura già chiusa al pubblico dopo la morte del suo direttore, Patrick Nshamdzea, che il religioso spagnolo aveva accudito. Prima di padre Miguel Pajares sono risultati positivi al virus dell'ebola altri due preti missionari dell'Ordine ospedaliero di San Giovanni di Dio, il congolese Chantal Pascaline Mutwamene, e Paciencia Melgar, della Guinea. In tutto sono sei le persone messe in isolamento nell'ospedale diretto dell'Ordine mentre altri tre missionari sono risultati negativi ai test.  "La situazione è molto grave in Liberia, molti stanno morendo, le persone non sono ben curate" hanno spiegato dall'ordine, aggiungendo: "Non c’è una forte struttura sanitaria in grado di far fronte a questa emergenza, non ci sono abbastanza mezzi e la maggior parte delle vittime nuore di abbandono".

L'Oms pensa ai farmaci sperimentali

La situazione in effetti in molti paesi africani e critica e si registra il primo morto anche in Arabia Saudita. Secondo i nuovi dati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, i decessi fino al 4 agosto scorso sono stati 932, mentre sono 1.711 i casi accertati tra Guinea, Liberia, Sierra Leone e Nigeria.L'organizzazione mondiale della sanità ha convocato a Ginevra un incontro di due giorni del Comitato di Emergenza che dovrà decidere se inserire la malattia nella lista delle emergenze di salute pubblica di livello internazionale. Insieme alle misure di prevenzione potrebbe arrivare così anche il via libera a farmaci e trattamenti sperimentali, di cui l’agenzia valuterà l’uso dalla prossima settimana. Nonostante le rassicurazioni dei governi, anche in Europa cresce la paura, la British Airways ad esempio ha deciso la sospensione fino al 31 agosto di tutti i voli per Liberia e Sierra Leone, mentre lo scalo tedesco di Francoforte ha rafforzato i controlli.

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