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Opinioni

Draghi (Bce): burocrazia e tasse uccidono la ripresa

Draghi ribadisce da Napoli: la Bce sta cercando di far arrivare il credito a imprese e famiglie e sostenere la crescita. Ma i mercati fiutano il bluff, perchè ora la palla passa ai governi, che non sembrano saper o voler fare le giuste riforme…
A cura di Luca Spoldi
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La battuta più abusata in queste ore? “Vedi Napoli e puoi muori”, riferita all’accoglienza per nulla benevola riservata dai mercati del vecchio continente ed in particolare dalla borsa di Milano alle dichiarazioni rilasciate nel corso della conferenza stampa che cha concluso la giornata napoletana della Banca centrale europea da Mario Draghi (e dal governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, membro di diritto del board della Bce come tutti i banchieri nazionali europei). Ma che ha detto di così negativo “super Mario” per scatenare se non il panico una decisa serie di prese di profitto che hanno portato Milano a chiudere la seduta in calo di quasi il 4%, con titoli come Finmeccanica e Banco Popolare che hanno perso oltre il 6% a testa e soprattutto che impatto potrà avere quanto annunciato oggi sulla vita degli europei e degli italiani in particolare? Andiamo con ordine: più di quello che ha detto (tassi fermi sull'euro, misure straordinarie in arrivo come previsto), i mercati sono rimasti delusi per quello che Draghi non ha detto.

Il presidente della Bce non ha infatti accennato se non molto indirettamente, rispondendo a una domanda di un giornalista, ad eventuali programmi di “quantitative easing” (ossia di acquisto di titoli di stato direttamente sul mercato, come fatto fino a questo mese dalla Federal Reserve e fino a poco più di un anno fa dalla Bank of England, e come potrebbe fare anche la Bank of Japan). Che dunque resta genericamente una di quelle “ulteriori misure straordinarie” che il board della Bce ribadisce di essere “pronto a valutare se sarà necessario” per sconfiggere la deflazione, che è fenomeno che fa paura perchè dannoso, nel medio termine, all'economia.

La qual cosa è stata interpretata come la conferma che più di così Draghi al momento non può fare, perché (e questa volta la conferma l’ha data lo stesso banchiere rispondendo a un’altra domanda) le divergenze tra i paesi membri dell’Unione Europea restano intatte, anzi si sono accentuate in questi ultimi due anni (a causa della politica di repressione fiscale ferocemente portata avanti dalla Germania e dai suoi alleati non meno che dalle resistenze a fare riforme da parte di alcuni paesi come Italia e Francia) e questo fa sì che mentre nel Sud Europa l’euroscetticismo stia crescendo perché si giudicano troppo dolorose le misure richieste, nel Nord Europa stiano ugualmente aumentando gli euroscettici perché si ritiene pericoloso fare troppe concessioni ai “PIGS”, ai porcellini (Portogallo, Italia, Grecia e Spagna) che vorrebbero, agli occhi di tedeschi, olandesi e finlandesi, scaricare l’onere delle proprie colpe sulle spalle altrui senza fare i "compiti a casa" (anche se in verità qualcuno lo sta facendo, come in Spagna e almeno in parte in Grecia).

Come se ne esce? Draghi è esplicito: la Bce con misure straordinarie come le Tltro (aste di liquidità a bassissimo costo “condizionate” alla concessione di nuovi prestiti a imprese e famiglie da parte delle banche che ricevono i soldi della Bce), l’acquisto di Abs “semplici e trasparenti” e l’acquisto di covered bond intende “spingere i prestiti” delle banche europee, tanto che tra i collaterali, ossia i titoli che la Bce riceverà in garanzia dei prestiti effettuati, vi saranno anche Abs, covered bond e titoli di stato di paesi sotto la “BBB-” (soglia che indica la solvibilità di un emittente sotto la quale un titolo di debito viene giudicato a rischio e definito “junk”, cartaccia, ossia altamente speculativo), come la Grecia o Cipro, ma con “prudenza”, per non irritare la Germania, e a patto che tali titoli abbiano “lo stesso rischio di quelli di altri emittenti” ancora solvibili (auguri!). Ma più di ridurre il costo del rifinanziamento e migliorare l’accessibilità al credito ripristinando il più possibile il canale del credito bancario (attraverso cui transita l’80% dei prestiti in Europa), la Bce non può fare.

Solo che in questo modo, aggiunge Draghi, “la fiducia è ritornata, ma solo sui mercati finanziari. Ora occorre che arrivi all’economia reale ed è in quella direzione che bisogna spingere ancora”. Già, ma come riuscire a far tornare la fiducia all’economia reale, che poi vuol dire vedere imprese che investono (e assumono) e consumatori che spendono? Occorre ridare prospettive con riforme che abbattano “burocrazia e tasse eccessive”, nemiche della crescita. “Pensate a un imprenditore che voglia aprire un negozio”,  chiosa l’ex governatore di Banca d’Italia: “se deve aspettare otto-dieci mesi per ricevere l’autorizzazione ad avviare la sua attività e si trova subito subissato di tasse, difficilmente farà domanda di credito” per sostenere gli investimenti. Una osservazione che “non vale solo per l’Italia” aggiunge prudentemente Draghi, spalleggiato dal suo successore, Ignazio Visco (attuale numero uno di Banca d’Italia, già stamane apparso critico sulla gestione della crisi seguita finora) che spiega: “Bisogna avere un disegno organico, una visione complessiva, perché è lì che si misurano gli investimenti”. Visione complessiva finora mancata tanto in Italia quanto a livello di Unione europea.

Riassumendo: la Bce è divisa al suo interno e non può fare più di quanto già non abbia annunciato di voler fare: le aste Tltro e il programma di acquisto per i prossimi 2 anni di Abs e covered bond per un importo imprecisato ma che Draghi ribadisce sarà “significativo sul bilancio della Bce” (ossia secondo alcune ipotesi di stampa attorno ai 200 miliardi per gli Abs ed altrettanto per i covered bond nel primo anno, per poi calibrare in più o in meno a seconda dei risultati ottenuti gli importi nel secondo anno). La stessa Bce non può e non vuole obbligare le banche a prestare denaro: perché le banche prestino dovranno esservi delle condizioni tali da favorire la ripresa dell’attività creditizia (un calo delle sofferenze su crediti, la ripresa della domanda di credito da parte di aziende e famiglie). I governi dovranno tagliare la burocrazia e tagliare le tasse se vorranno che la ripresa sia meno “penosamente lenta”, “debole e fragile” di quanto visto finora. Per farlo dovranno inevitabilmente ridisegnare il perimetro di intervento del settore pubblico, ossia tagliare la spesa.

Non è esattamente quello che il governo italiano sta per fare, visto che la manovra che si sta andando a delineare, salvo auspicabili sorprese, sembra prevedere l’ennesimo aumento della pressione fiscale a fronte di un incremento (temporaneo?) della spesa. Servirebbero delle riforme strutturali, peccato che non siano quelle che il governo ha provato a far votare dal parlamento da quando si è insediato. E così siamo punto e a capo, con in più i mercati che fiutano aria di “bluff” e sembrano voler questa volta andare a vedere le carte di cui dispone realmente Draghi (e in subordine Renzi).

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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