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Dobbiamo davvero credere a tutte le rivendicazioni dell’Isis?

Dietro ai lupi solitari di Nizza, Berlino, Londra c’era veramente stata una regia del Califfato? Oppure ci troviamo di fronte a un’organizzazione terroristica in declino, che per nascondere le proprie debolezze ormai si attribuisce la paternità di ogni singolo episodio terroristico nel tentativo, misero, di sopravvivere agli occhi del mondo jihadista e dei suoi competitor?
A cura di Augusto Rubei
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Video dello Stato Islamico diffusi dal SITE
Video dello Stato Islamico diffusi dal SITE

Il 2 ottobre 2017, a poche ore dalla strage di Las Vegas, l'agenzia di stampa Amaq, organo ufficiale del Califfato, ha rivendicato la responsabilità dell'attacco. Prima un comunicato stampa, in cui lo Stato Islamico ha usato le stesse parole della rivendicazione per gli accoltellamenti di Marsiglia, avvenuti il giorno prima. Come se ci fosse un format già preconfezionato da lanciare in rete. Poi una seconda nota stampa, in cui si precisava che il killer, Stephen Paddock, pensionato locale di 64 anni, aveva "abbracciato l'Islam da diversi mesi". Nessun elemento in più'. Niente nome, fotografie o video.

Tanto è bastato a scatenare l'entusiasmo degli affiliati e dei simpatizzanti Isis sui canali Telegram, Facebook e Instagram. Post celebrativi dove decine di estremisti non hanno perso occasione per incalzare Donald Trump ed inviare ulteriori minacce agli Stati Uniti. "Il Presidente Trump non può aiutarti a sopravvivere, dovresti essere spaventato, per gli americani sta calando il buio. Si preparino ad essere macellati e le loro donne schiavizzate". In altri commenti Paddock è stato persino definito un "leone del tawhid" (il principio dell'unicità divina, ndr.). Per intenderci, riferimenti analoghi erano arrivati anche in occasione del “testamento” di Abdelhamid Abaaoud,  presunto organizzatore degli attentati del 13 novembre 2015 a Parigi.

Di dubbi, legittimi, sulle rivendicazioni dell'Isis ne sono emersi in passato, anche se questa volta le perplessità sono talmente grandi da poter fornire delle indicazioni. Ancora non conosciamo il movente della strage. Sappiamo che è stata premeditata, che Paddock si è chiuso in una stanza al 32esimo piano di un hotel per non essere braccato e agire indisturbato. Sappiamo che con sé non aveva una pistola, ma un arsenale, con migliaia di munizioni. E che ad essere colpita è stata una città simbolo degli Usa.

Nonostante gli sforzi delle autorità locali di glissare sull'ipotesi della matrice terroristica, viene da pensare il contrario. Ma la domanda da porsi è: c'entra davvero l'Isis? Dietro ai lupi solitari di Nizza, Berlino, Londra c'era veramente stata una regia del Califfato? Oppure ci troviamo di fronte a un'organizzazione terroristica in declino, che per nascondere le proprie debolezze ormai si attribuisce la paternità di ogni singolo episodio terroristico nel tentativo, misero, di sopravvivere agli occhi del mondo jihadista e dei suoi competitor? (vedi Boko Haram in Nigeria, vedi anche al Shabaab in Somalia e la filiale indiana di al Qaeda).

Una cosa è certa: se Raqqa avesse avuto informazioni più precise sul "soldato" Paddock, le avrebbe usate. Non lo ha fatto, il che fa pensare che non sapesse chi fosse. Questa delle "facili rivendicazioni" è una strategia oramai venuta a galla. Ma ogni tanto si scivola. Basti pensare a Mohamed Lahouaiej-Bouhlel, l'uomo che era alla guida del camion che investì e uccise 86 persone a Nizza. Della religione islamica non gliene fregava nulla, non aveva nemmeno digiunato il mese di Ramadan. A Raqqa per una cosa del genere gli avrebbero tagliato la testa, invece lo celebrarono al mondo come un loro uomo.

C'è tuttavia un livello ancora superiore a queste tipo di supposizioni e analisi. Definiamolo il primo step, vale a dire il filtro che, inizialmente, dispensa informazioni in merito ad attacchi terroristici di matrice islamica nel mondo. Quel filtro si chiama SITE, il sito di monitoraggio Usa dei jihadisti sul web. Non stiamo parlando di una piattaforma qualunque, ma del principale punto di riferimento per i giornalisti che si occupano di terrorismo internazionale, ed in particolare di formazioni estremiste wahabite.

Al SITE sono abbonati quotidiani ed emittenti internazionali, ma anche istituzioni pubbliche e politiche. Ogni volta che veniamo a sapere di un attacco è perché ce lo ha detto il SITE. Non in rare occasioni, informazioni raccolte dall'agenzia hanno condizionato anche i piani della nostra intelligence. Il SITE tiene traccia delle principali reti terroristiche globali, intercetta messaggi segreti, distribuisce – dietro lauto compenso – video e audio online ai principali network del pianeta. In passato ha dato nota di comunicazioni che avrebbero anticipato imminenti attacchi kamikaze. Nel 2011 tradusse la lunga dichiarazione redatta dal Comando generale di al Qaeda a conferma del decesso di Osama bin Laden.

Insomma, se c'è qualcuno che finora ha dettato l'agenda sulle operazioni del Califfato e sui suoi video del terrore quel qualcuno è stato il SITE. E' stato, ancora, il SITE a dire che l'Isis aveva rivendicato l'attacco di Las Vegas. Chi controlla quest'agenzia e come? La sua direttrice è Rita Katz, classe 1963 (Bessora, Iraq). Araba e di famiglia ebraica, dopo la Guerra dei Sei Giorni suo padre viene arrestato dalle forze di Saddam con l’accusa di spionaggio in favore di Israele e dopo un anno torturato e impiccato. Poche settimane dopo la madre di Katz riesce a fuggire e a rientrare in Israele, nella città balneare di Bat Yam. Sono gli anni in cui Rita, ancora giovane, studia all’Università di Tel Aviv e diventa una sionista convinta, arrivando persino a dire che nessun israeliano dovrebbe mai lasciare lo Stato ebraico perché “gli appartiene”.

Dopo aver offerto diverse consulenze all'intelligence israeliana e statunitense, scrive un'autobiografia in cui ammette di essere stata anche un agente sotto copertura. Il SITE lo fonda nel 2002, un anno dopo le Torri Gemelle, quando la bolla del terrorismo islamico già è esplosa. Oggi la sua professionalità, per molti, resta indiscussa, anche se farsi delle domande circa il ruolo dell'istituto che governa è quanto mai opportuno. E soprattutto: chi ci dice che una società privata possa svolgere un lavoro migliore delle nostre agenzie governative, fino quasi a sostituirvisi?

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