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Delitto Pordenone, l’ultima svolta arriva dal finto profilo Facebook

l profilo anonimo FB utilizzato da Giosuè Ruotolo e dalla sua fidanzata Maria Rosaria Patrone (indagati entrambi, seppur con ruoli diversi, per l’uccisione di Trifone Ragone e Teresa Costanza) potrebbe riservare ulteriori importanti novità nella vicenda…
A cura di Biagio Chiariello
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Nuove indiscrezioni sul caso del duplice omicidio di Pordenone. A rivelarle sono il Messaggero Veneto e il Gazzettino. Sarebbe infatti spuntato un profilo Facebook misterioso nel giallo del delitto di Trifone Ragone e Teresa Costanzo, la coppia di fidanzati uccisi il 17 marzo scorso nella cittadina friulana. L’attenzione degli inquirenti si starebbe concentrando in questi giorni sul profilo ‘segreto’ di Rosaria Patrone, l’ex fidanzata di Giosué Ruotolo, ex commilitone e coinquilino di Trifone, indagato per il duplice omicidio. La studentessa 24 enne è stata ascoltata diverse negli ultimi giorni dagli investigatori, ma non avrebbe fatto menzione dell’esistenza di quale profilo FB, prima di essere sentita per la quarta volta come indagata per le ipotesi di reato di false informazioni ai pm e per istigazione, o in alternativa, favoreggiamento.

 Un account registrato sotto falso nome che sarebbe stato usato dalla coppia, sempre stando alle indiscrezioni dei quotidiani, e dal quale sarebbero partiti messaggi “sgraditi” nei confronti di Teresa e Trifone. “In base alle prime ricostruzioni, i contatti attraverso il profilo social anonimo sono durati soltanto qualche settimana. Poi l’account è stato cancellato. Attraverso il profilo sarebbero state fornite, in particolare, a Teresa Costanza, alcune informazioni, peraltro non richieste, sul conto del suo fidanzato Trifone” si legge sul Messaggero Veneto. “Tra i tanti messaggi ce n’è uno indirizzato a Teresa nel quale la si avverte che Trifone non è innamorato di lei, ma dei suoi soldi? Un profilo utilizzato, insomma, anche per screditare il rapporto tra i due, per metterli l’uno contro l’altro?” si chiede invece il Gazzettino.

Gli inquirenti però non fanno trapelare nulla: “Non possiamo confermare nulla. Non possiamo smentire nulla. Non possiamo parlare delle indagini” continuano a ripetere se interpellati dai cronisti

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