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Una “Scuola elementare di teatro” nel centro storico di Napoli. Ne parliamo col regista Davide Iodice

Una SCuola elementare di teatro per dare la possibilità ai ragazzi di scavare dentro se stessi e apprendere l’arte del teatro. A idearla è stato il regista napoletano Davide Iodice al quale abbiamo fatto qualche domanda sul perché di questa idea.
A cura di Francesco Raiola
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Davide Iodice
Davide Iodice

"Immagino un luogo della ‘ri-creazione’ in cui la natura di ogni attore/persona e la vita, la natura di ogni attore/persona, che è la vita, venga smontata e rimontata all’infinito, non come un mero esercizio tecnico e quindi vuoto, ma come un solfeggio ostinato e vivo che lentamente si fa musica. Un luogo aperto alle realtà più fragili". È così che l'autore e regista teatrale Davide Iodice (vincitore, tra le altre cose del Premio Speciale Ubu 1999 per “La Tempesta, dormiti gallina dormiti”) presenta la sua scuola elementare di teatro, un'esperienza per avvicinare ragazzi dai 18 ai 26 anni a questa forma d'arte. Ma anche un modo, ci spiega, per fare un "lavoro di scavo e ricerca degli elementi primari e più autentici dell'espressività".

Quello che si farà nella scuola del centro storico (le attività si terranno negli spazi dell'ex Asilo Filangieri) sarà soprattutto "una intensa attività di laboratorio, di artigianato creativo (…) basato sulla identità espressiva di ciascun partecipante".

Ecco la nostra chiacchierata con Davide Iodice:

Francesco Raiola: Da dove nasce il bisogno di una scuola elementare di teatro?

Davide Iodice: L'idea è quella della fondazione di un conservatorio popolare per le arti della scena, un  progetto e un obbiettivo che ho da sempre,  e questo spero possa essere il primo passo. "Scuola elementare del teatro" era il nome dello spazio teatrale della mia compagnia (libera mente), appunto una palestra di una scuola elementare nella periferia orientale di Napoli, luogo di varie sperimentazioni e di creatività diffusa. Il nome è un tributo teorico a Tadeusz Kantor che parla appunto di scuola elemetare del teatro, di una prassi che arrivi all'essenza, all'elementarità fondativa dell'espressione artistica.

La presenti come “un luogo della ‘ri-creazione’ in cui la natura di ogni attore/persona e la vita, che è la vita, venga smontata e rimontata all’infinito”. Cosa intendi per “smontata e rimontata all'infinito”?

Il lavoro che conduco con gli attori è un lavoro di scavo e ricerca degli elementi primari e più autentici dell'espressività. È un lavoro di destrutturazione di schemi e difese nel tentativo di individuare una originarietà di linguaggio, una estetica personale e soprattutto un senso autonomo e preciso delle motivazioni del fare. Un lavoro lungo, che non finisce mai, uno studio sulla propria umanità e sull'umanità in senso più ampio.

Come si struttureranno le lezioni? Che idee avete?

Io non sono un pedagogo, un formatore, ma alla base del mio lavoro in scena c'è da sempre una intensa attività di laboratorio, di artigianato creativo, che è quello che proporrò al gruppo che si formerà. Non un lavoro articolato per discipline ma basato sulla identità espressiva di ciascun partecipante, in qualche modo potremmo dire che ciascuno è la scuola di se stesso e che io fornirò dei materiali per uno studio che è innanzitutto studio personale delle proprie capacità e necessità e che solo in un momento ulteriore diventa studio di tecniche e linguaggi. Per questo primo anno chiederò poi ad alcuni colleghi registi, trainer, attori, coreografi, musicisti, passaggi che struttureremo man mano che l'idea-forma del conservatorio popolare prenderà corpo.

Cosa ti aspetti da questi ragazzi alla fine delle lezioni?

L'arte è rivelazione, mi aspetto di vederli come sono per aiutarli poi ad orientarli verso un viaggio personale che per ciascuno è diverso

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Che riscontro state avendo, soprattutto per la scelta di accettare le iscrizioni per i ragazzi “in fascia ISEE 5000 (disagio economico) o soggetti ad altre forme di disagio sociale”? Come vi siete mossi in questo senso, anche nella ricerca di candidati?

La Scuola elementare nasce per volontà dell'associazione Forgat onlus che si occupa da anni di formazione giovanile e di disagio sociale e si realizza anche con l'impegno del collettivo dell'Ex Asilo Filangieri che, mi sembra,  su questi temi e con questi obbiettivi stia tentando di costruire un presidio permanente nel centro storico di Napoli e di diventare un interlocutore e un collettore di esperienze per azioni culturali incisive. I parametri isee sono dei parametri obbligati per l'attività della onlus ma l'attenzione è rivolta in generale a quelle fasce di fragilità sociale per le quali l'attenzione a una vocazione artistica è assolutamente proibitiva. Michele Vitolini che mi affianca organizzativamente nella costruzione del progetto ha fatto e continua a fare un'opera di contatto capillare incrociando e contattando esperienze diverse attive in città sulle questioni giovanili.

Tu sei un regista affermato e conosci bene questo mondo. Qual è il primo consiglio che darai a chi vuole intraprendere questa carriera?

Cercarsi.

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