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Opinioni

Parliamo di Mario Paciolla, per favore

Mario Paciolla è stato ammazzato. Lo ipotizza la Procura di Roma, ce ne parlano dalla Colombia i militanti e gli articoli di una giornalista investigativa che sta indagando sul caso del trentatreenne napoletano morto nel suo appartamento di San Vicente del Caguan. Troppi silenzi dall’ONU. Nulla è da escludere, eppure da noi in Italia se ne parla ancora poco.
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Parliamo di Mario Paciolla, per favore. Parliamo del modo in cui un cittadino italiano è stato ucciso, del fatto che per giorni (settimane) qualcuno ha cercato di farci credere che laggiù, in Colombia, si fosse suicidato. Invece Mario Paciolla è stato ammazzato, non si è impiccato, oggi lo sappiamo. Ammazzato. Ripetiamolo. Urliamolo. Perché un ragazzo, un uomo di 33 anni, un cittadino italiano, è morto in modo atroce e qualcuno – non sappiamo ancora perché, non sappiamo ancora chi – sta cercando di insabbiarne le cause. Le cause di un assassinio. Mario Paciolla si trovava in Colombia in qualità di osservatore per l'Onu, in un'area di reinserimento e formazione di ex guerriglieri delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) a San Vicente del Caguan: qui qualcuno ha realizzato la messinscena del suicidio, ma Mario Paciolla è stato ammazzato. Ripetiamolo insieme, ripetiamo forte.

Mario Paciolla aveva un biglietto aereo in tasca per tornare a casa, nella sua città, a Napoli. Sua madre lo ha detto subito: "Mio figlio non si è ammazzato, sembrava turbato". Con ogni probabilità quel turbamento nascondeva dietro di sé qualcosa, una scoperta, la paura di essere finito nelle paludi, di essersi spinto oltre la cortina di ciò che è consentito sapere. Soprattutto in un Paese dove i processi di pace si fanno a colpi di bombe e stragi. Mario Paciolla aveva visto, Mario Paciolla sapeva. Aveva denunciato attacchi di hacker ai computer dei dipendenti Onu, aveva cancellato le foto dai social negli ultimi mesi e resi privati i suoi profili. Le ultime notizie, grazie al lavoro investigativo di una giornalista che lo conosceva (il suo nome è Claudia Julieta Duque) ci dicono questo, eppure nessuno ne parla. Sapete perché?

Perché su Mario Paciolla, come su Giulio Regeni subito dopo la morte in Egitto, è calata immediata la nebbia del sospetto. Le voci, i pettegolezzi. Perché chi ha commesso un barbaro omicidio come quello avvenuto a San Vicente del Caguan sa bene che il fango, anche se appena adombrato, riesce a giustificare il disinteresse, l'oblio. Serve a confondere le acque. Oggi chi vuole farti tacere non censura ciò che hai da dire, ma lo confonde in una miriade di altre informazioni, fino a quando storditi e senza certezze smettiamo di leggere, di studiare, di capire. Di rompere le scatole. Nell'ignoranza è più semplice dimenticare. Non sentirsi corresponsabili di un omicidio.

Quindi ripetiamolo ancora, ripetiamolo ogni giorno, ripetiamolo adesso: Mario Paciolla è stato ammazzato. Ripetiamolo per fare pressione su chi ha il potere di cambiare le cose. Ci sono troppi aspetti da chiarire in questa vicenda, l'ONU dovrebbe farlo e renderne conto ai cittadini italiani. Ci vogliono più voci per fare un coro, dunque agitiamoci, facciamo rumore, diamo fiato alla speranza di una mamma. Non vogliamo né santi, né martiri, né eroi. Vogliamo la verità. Ognuno di noi, con la sua voce, può fare molto più di quel che crede.

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Scrittore, sceneggiatore, giornalista. Nato a Napoli nel 1979. Il suo ultimo romanzo è "Le creature" (Rizzoli). Collabora con diverse riviste e quotidiani, è redattore della trasmissione Zazà su Rai Radio 3.
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