9 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

I 5 testi poeticamente più brutti della storia di Sanremo

Il repertorio della canzone sanremese è vastissimo, un paradiso per gli amanti e intenditori della musica italiana che amano curiosare in un archivio sconfinato alla ricerca di canzoni da ricordare. Ne abbiamo selezionate 5 fra le più note, non solo per aver riscosso un forte e paradossale successo, ma anche per la loro ‘disarmonia’ testuale.
A cura di Redazione Cultura
9 CONDIVISIONI
povia
Il cantante Povia, autore di "Vorrei avere il becco"

Il Festival più amato dagli italiani non è ricordato soltanto per i successi di canzoni intramontabili, ma ve ne sono tantissime che non si dimenticano perché esteticamente poco gradevoli, più che a livello musicale, a livello testuale. Alcune di queste hanno anche vinto dei premi e sono diventate dei ‘cult', altre sono rimaste in archivio e rimosse per sempre dalla memoria, ma sono esistite e possono essere ripescate in qualsiasi momento e analizzate senza aver bisogno di guardare i programmi di Paolo Limiti, uno dei più esperti intenditori della canzone italiana, bella o no che sia. Fra questa miriade di frammenti di ‘storia della brutta canzone italiana' abbiamo selezionato 5 dei testi fra i più noti.

1. Tipitipitì di Orietta Berti

"Tipitipitì" è il quinto brano che Orietta Berti presenta al Festival di Sanremo nell'edizione del 1970 in abbinamento con Mario Tessuto, classificandosi all'8º posto nella classifica finale della manifestazione. Autori del testo sono Lorenzo Pilat e Mario Panzeri, mentre la musica è di Daniele Pace.

Quando tu mi venivi a cercare,
ti aprivo la porta.
Mi dicevi ‘se sei contenta ti porto in città'.
Ogni volta ti ho dello di sì e venivo a ballare con te;
mi ricordo che allora l'orchestra suonava così…

Tipitipitipitì dove vai,
Tipitipitipitì cosa fai,
Tipitipitipitì come mai
sei innamorata di lui.

E c'era l'uomo dell'organino
che ci dava un biglietto blu,
c'era scritto ‘ti vuole bene'
ma non era la verità.

Tipitipitipitì dove vai,
Tipitipitipitì con che sei,
Tipitipitipitì come mai
lui questa sera non c'è.

Gli anni '70 sono iniziati eppure la melodia e il timido testo di questa canzone sembrano rimandare in dietro quasi di un ventennio, l'onomatopeico ‘Tipitipitipitì' si scolpirà irreversibilemente nella memoria di casalinghe dell'epoca, quella melodia così orecchiabile, accompagnata da un testo altrettanto facile da ricordare. Ma all'interno di quelle rime così elementari è omaggiata la banalità di un sentimento senza spessore, dove a spiccare sono delle semplicistiche figure, ‘un biglietto blu' con su scritto un ‘ti vuole bene', una ‘verità' diversa da quella scritta, ‘un'orchestra che suonava' in ‘città'. Questa canzone sembra contenere i più generici stereotipi e luoghi comuni di un innamoramento, trattato in maniera grossolana e inghiottito dalla fastidiosissima e insinuante melodia.

2. Non amarmi di Aleandro Baldi

Un brano di Aleandro Baldi, Giancarlo Bigazzi e Marco Falagiani, eseguito da Baldi in duetto con la cantante Francesca Alotta. Il brano partecipa al Festival di Sanremo 1992 e vince la sezione "Nuove proposte".

Dimmi perché piangi
di felicità
e perché non mangi
ora non mi va
dimmi perché stringi
forte le mie mani
e coi tuoi pensieri
ti allontani….
io ti voglio bene
questo non lo so
stupido testone
dubbi non ne ho
anche se il futuro ha dei muri enormi
io non ho paura e voglio innamorarmi.
Non amarmi per il gusto di qualcosa di diverso
ma tu credi che sia giusto stare insieme a tempo perso
non amarmi e mi accorgo quant'è vera una bugia
se il tuo amore non valgo non amarmi ma non mandarmi via.

Un testo e una melodia divenuti un ‘cult' degli anni '90, musica tipicamente sanremese, pieno di enfasi esasperata dal duetto e dall'interpretazione che appare così sentita e sincera da conquistare giuria e pubblico e aggiudicarsi il primo premio. Ma soffermandosi sul testo ci si perde in una serie di dettagli anche qui molto scontati, a partire dalla struttura del testo impostata sull'estemporaneità parlata del ‘botta-risposta' iniziale, il cui ritmo si innalza gradualmente fino ad uno strillante ritornello difficile da dimenticare. Azioni semplici come indicate da quei ‘piangi' e ‘mangi', frapposti in rima strutturando un sentimento che parla di paura e timore, metafore come ‘muri enormi' lasciano poco spazio all'immaginazione. Spesso, per enfatizzare il ritmo, l'imperativo ‘non amarmi' si accosta a frasi con ben altri tempi verbali, come ‘e mi accorgo quant'è vera una bugia', forse un po' sgrammaticata ma la canzone nella sua totalità è risultata geniale e ricca di carica emotiva ed emozionale che l'ha resa indimenticabile, in questi anni non sono mancate infinite parodie proprio perché la struttura è adattabile a facili e divertenti varianti.

3. Tu che ne sai di Gigi D'Alessio

Il brano musicale del cantautore napoletano è stato presentato al Festival di Sanremo 2001. La caratteristica principale del testo? Metafore al limite dello scontato ed esasperazione sentimentale ‘alle stelle'.

Tu che ne sai
Che sto ancora a pensarti da solo
Tu che ne sai
E se cade una stella dal cielo la dedico a noi
Che respiro i ricordi più belli
In un dolce replay
Ma diventa più grigio del fumo quell'arcobaleno
Non c'è sale nell'acqua di mare
Non riscaldano i raggi del sole
Lontano da te
Dove sarai
Avrai già raccontato la storia
Che parla di noi
Ce l'hai ancora nascosto il segreto
Più bello che hai
lo speravo che non arrivasse nemmeno Natale

‘Tu che ne sai', quattro parole per dire all'ipotetico interlocutore quanto sia inimmaginabile il suo sentimento, in questo mondo l'autore si garantisce il top del pathos, lasciando intendere che non si può descrivere la grandezza del sentimento e la desolazione della perdita, ma scendendo più giù nella strofa abbiamo due o tre frasi che balzano particolarmente all'attenzione uditiva per il loro carattere estremamente iperbolico. A quale espediente retorico avrà ricorso l'autore per tentare di descrivere la grandezza del suo sentimento? Si arriva a tanto: ‘non c'è sale nell'acqua di mare, non riscaldano i raggi del sole lontano da te'. Ebbene sì, quando si pensa di aver sentito tutto dell'incommensurabile repertorio dell'amore, invece, si possono trovare altri modi per enfatizzare una mancanza, è così che l"acqua di mare' diventa acqua dolce e il ‘sole' non è più in grado di emanare alcun tepore.

4. Vorrei avere il becco di Povia

Il brano musicale del cantante Povia, vincitore del Festival di Sanremo 2006. Il testo esalta i valori della monogamia e della fedeltà coniugale ma ecco come:

Volerò ma non troppo in alto
Perché il segreto è volare basso
E un piccione vola basso
Ma è per questo che ti fa un dispetto
Ma è per questo che anche io non lo sopporto
Noi però alla fine resteremo insieme
Più o meno come fa un piccione
L’amore sopra il cornicione
Ti starò vicino nei momenti di crisi
E lontano quando me lo chiedi
Dimmi che ci credi
Ci sveglieremo la mattina, due cuori sotto una campana.

Povia sceglie la similitudine del ‘piccione', la fantasia e l'immaginazione fra milioni di immagini gli ha suggerito proprio quella di un piccione ‘che vola basso', ed è così che non ha vinto lo ‘Zecchino d'oro' bensì il Festival di Sanremo, conquistando giuria e pubblico. Annesse al paragone più antiestetico della storia della canzone vi sono tutta una serie di immagini correlate come ‘l'amore sopra il cornicione', gli immancabili ‘due cuori e una capanna' e quel preziosissimo ‘segreto' per far durare l'amore che è il ‘volare basso', perché ‘il piccione vola basso'. Un Povia esplicativo, didascalico, elementare ma il bello dov'è? Il bello è che ogni suo testo è sempre caratterizzato da moniti moralistici, quello del ‘piccione' non è l'unico a dispensare pillole di saggezza. In ogni caso pare sia stato estremamente apprezzato proprio per il suo registro semplice, a portata di bambino.

5. Brutta di Alessandro Canino

Anche questo è un testo che si può definire un ‘cult', iconografico ed emblematico del ‘mood' anni '90. "Brutta" è una canzone scritta da Bruno Zucchetti e Giuseppe "Beppe" Dati e cantata da Alessandro Canino nel 1992 al 42º Festival di Sanremo: arriva sesta nella sezione Nuove proposte, proprio nell'edizione in cui vince la coppia Baldi-Alotta con "Non amarmi". Diventerà il tormentone primaverile del 1992. Il testo è originalmente ‘brutto', dissonante, da apparire anticonformista nel modo di descrivere un sentimento ma da risultare, al tempo stesso, simpatico, lasciandosi canticchiare con piacere oltre che ricordare.

Eri una bambina
la più stretta della scuola
eri un'acciughina
Oggi hai quindici anni
e piangi sola chiusa in bagno
per la festa del tuo compleanno

Tutti i tuoi amici
guardano in salotto
le altre fatte come attrici
tu come un fagotto nello specchio
non la smetti
piangi e vedi solo i tuoi difetti.

Brutta
ti guardi e ti vedi brutta
ti perdi nella maglietta
e non vuoi uscire più

L'adolescenza, la scuola, i complessi della giovanissima età  caratterizzano il brano ma anche rime agghiaccianti, come ‘bagno, compleanno', come ‘bambina, acciughina'. Una canzone che nel suo complesso fa tenerezza e in questo caso si può parlare di vera e propria musica ‘leggera' che tratta temi ‘leggeri'. Questo testo accompagnato da una melodia semplice, alternata da picchi di struggente romanticismo, sarà sempre associato a quegli anni ed assume un valore documentaristico anche per il suo videoclip rappresentativo ed emblematico degli anni '90.

9 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views